Tutto parte dall’ECONOMIA 

La transizione dell’Africa all’energia verde deve passare attraverso la ristrutturazione delle economie africane. Il leapfrogging è possibile solo con un investimento iniziale su larga scala, investimento attualmente al di sotto del livello necessario 

La transizione dell’Africa all’energia verde deve passare attraverso la ristrutturazione delle economie africane. Il leapfrogging è possibile solo con un investimento iniziale su larga scala, investimento attualmente al di sotto del livello necessario 

di Linus Mofor, Jean-Paul Adam , Mactar Seck

G

li impatti della guerra in Ucraina sulla sicurezza energetica globale rendono ancor più urgente affrontare la transizione energetica, questione cruciale per la realizzazione di uno sviluppo sostenibile. La decarbonizzazione del pianeta e il raggiungimento della prosperità sono obiettivi non separabili l’uno dall’altro. L’Africa ha molto da guadagnare dall’investire in questa sinergia. La possibilità di una rivoluzione energetica verde in Africa è così evidente che molti la ritengono quasi un fatto acquisito. Ma l’attuazione della transizione energetica impone di comprendere le sfide strutturali che i paesi africani devono affrontare per poter debitamente ottimizzare le opportunità. 

 

Il problema principale è l’accessibilità 

La sfida fondamentale rimane l’accesso all’energia, e qualsiasi discorso sulla transizione energetica va innanzitutto inquadrato in questo contesto.  In Africa sono quasi 600 milioni le persone ancora prive di un accesso affidabile all’elettricità, e altri 800 milioni non hanno accesso al clean cooking. Tale inaccessibilità è un problema per la traiettoria futura delle emissioni. La media mondiale delle emissioni è di 4,4 tonnellate pro capite, ma quella africana è di una sola tonnellata pro capite. E pensare che negli Stati Uniti le emissioni pro capite si attestano a 13 tonnellate!  

Sono molteplici i fattori che determinano il problema dell’accessibilità, ma tra essi il più urgente è la relativa carenza di investimenti in infrastrutture che rispondano alle necessità della popolazione in crescita. Si tratta di un divario importante, in termini sia di capacità di generazione sia di reti di trasmissione e distribuzione. All’indomani della pandemia di Covid-19, la capacità dei governi africani di procedere agli investimenti necessari risulta gravemente compromessa: nel continente le entrate pubbliche non si sono ancora riprese, e il disavanzo medio atteso per il 2022 è del -6,6 percento del PIL, considerando anche gli effetti protratti della crisi ucraina.  

Servono inoltre azioni importanti per dare allo spazio normativo e politico una configurazione che faciliti gli investimenti del settore privato, e questo è uno dei pilastri dell’iniziativa SDG7 dell’UNECA, volta a potenziare in tutto il continente gli investimenti in progetti energetici critici.  

In Africa, il percorso verso una transizione energetica sostenibile e giusta dipende dalla capacità di mobilitare gli investimenti necessari per l’accesso universale all’energia. Gli investimenti esteri diretti in Africa sono complessivamente scesi ai minimi storici durante la pandemia, e tra il 2000 e il 2020 il continente ha attratto solo il 2 percento degli investimenti globali in energie rinnovabili, secondo IRENA . 

La generazione elettrica totale dei paesi africani è di soli 147 gigawatt, con 24 paesi in cui ad avere accesso all’elettricità è meno del 50 percento della loro popolazione . 

L’elettricità basata sulla rete resta in generale il mezzo più economico per l’accesso e, sebbene in Africa si facciano progressi significativi nella generazione da rinnovabili, l’entità dei requisiti in molti casi implica, in parallelo all’incremento delle rinnovabili, un aumento importante della generazione da combustibili fossili. 

Le energie rinnovabili andrebbero sempre viste come la soluzione a lungo termine per ridurre al minimo l’impatto sulle emissioni dei nuovi investimenti in combustibili fossili eventualmente necessari per la generazione di base, ma molti paesi africani guardano al gas per alimentare la transizione. 

Certo, se l’Africa riuscisse a raddoppiare la generazione entro il 2040 utilizzando il gas naturale, potrebbe moltiplicare di 38 volte la propria capacità di generazione da energie rinnovabili quali l’eolica e la solare, con un aumento delle emissioni globali limitato all’1 percento. In sintesi, il motore principale della transizione energetica dell’Africa è legato alla possibilità di una migliore integrazione della catena del valore della produzione di energia nelle economie africane.  

Importanti gli investimenti nei settori verdi 

Il rapporto dei paesi africani con le importazioni ed esportazioni di combustibili continua a contribuire all’inefficienza e alla volatilità dei prezzi. I maggiori costi economici e l’inflazione associati alle spirali dei prezzi dell’energia stanno riducendo al minimo gli aspetti positivi in termini di entrate anche per gli esportatori di petrolio: Nigeria e Angola in particolare hanno di recente visto il costo dei sussidi per il carburante salire al 2 percento del PIL.  

Diversamente, gli studi condotti dall’ECA dimostrano che, rispetto ai settori tradizionali ad alta intensità di combustibili fossili, gli investimenti nei settori verdi, in particolare in quelli legati alle rinnovabili, possono portare a un ritorno di oltre il 420 percento in termini di aggiunta di valore lordo, e di oltre il 250 percento in creazione di posti di lavoro . 

Sulla base dei casi di studio , investire nelle catene del valore nazionali per la produzione di energia genera ritorni importanti. In Kenya, per esempio, investire in impianti a biogas può potenzialmente portare a un ritorno del 281 percento, e in Egitto gli stessi impianti portano un ritorno del 400 percento in termini di valore aggiunto lordo.  

Investire in infrastrutture per veicoli elettrici può generare ritorni del 410 percento in Egitto e del 293 percento in Sudafrica.  

Investire in infrastrutture solari basate sulla rete a rinnovabili nella Repubblica Democratica del Congo può portare un ritorno del 183 percento. 

Queste opportunità possono anche collocarsi nel contesto della posizione centrale dell’Africa nel settore estrattivo minerario per la tecnologia delle batterie. 

Quasi il 70 percento del potenziale mondiale di fornitura del cobalto, minerale critico nella catena del valore delle batterie, si trova nella Repubblica Democratica del Congo. Secondo lo studio condotto dall’UNECA con Bloomberg, gli 11 miliardi di dollari di esportazioni di minerali grezzi previsti per il Congo nel 2025 potrebbero arrivare a valere 271 miliardi di dollari se il paese intercettasse anche solo il 20 percento della produzione mondiale di precursori per batterie . Lo stesso studio dimostra inoltre che la Repubblica Democratica del Congo e altri paesi africani potrebbero produrre precursori per batterie a un prezzo del 30 percento inferiore a quello di Stati Uniti e Cina. 

Insieme con le iniziative volte a creare ulteriori collegamenti tra i pool energetici africani e con le opportunità di armonizzazione dell’Africa Continental Free Trade Area (AfCFTA), investire nella catena del valore dell’energia verde africana può accelerare la trasformazione delle economie del continente, creando al contempo posti di lavoro e aggiunta di valore, per cambiare la natura stessa di produzione e consumo. 

Nel mix, bisogna anche considerare le opportunità associate alle tecnologie emergenti come l’idrogeno verde. Data la potenziale portata delle risorse rinnovabili dell’Africa, periodicamente si parla dell’opportunità per i paesi africani di diventare, in futuro, esportatori di idrogeno verde, mentre la crisi in Ucraina amplifica ulteriormente la necessità di riflettere su tale opportunità. Alcuni paesi nordafricani in particolare mirano a sfruttare questa possibilità e preparano progetti pilota su larga scala. Diversi operatori del settore privato si avvicinano ai paesi africani anche per sviluppare progetti pilota di questo tipo. Il fatto che l’Unione europea abbia stanziato 470 miliardi di euro per lo sviluppo di questo settore nell’ambito del Green Deal europeo è un indicatore importante di tale interesse. 

Per i paesi africani è essenziale che fin dall’inizio gli investimenti nel settore siano finalizzati non solo all’export ma anche all’integrazione con l’infrastruttura energetica nazionale, e che si colleghino anche ad altre esigenze infrastrutturali, come quelle per il trasporto. Si prevede un’impennata della domanda di trasporto marittimo con la piena attuazione dell’AfCFTA, con un raddoppio da 58 milioni a 131,5 milioni di tonnellate delle merci spedite via mare . 

L’African Green Hydrogen Alliance, il cui segretariato è attualmente supportato dall’UNECA, mira a facilitare la condivisione di esperienze tra i paesi africani, per integrare le buone prassi e concentrare le azioni di ricerca, sviluppo e investimento in questo settore critico; tali azioni comprendono il sostegno in materia normativa, di certificazione e di standardizzazione. 

Lavoratori spazzano via i trucioli lungo la superstrada di Nairobi.

Il ruolo della digitalizzazione  dei sistemi energetici 

Il perseguimento continuo della Strategia per la trasformazione digitale dell’Unione Africana (African Union Digital Transformation Strategy) è anch’esso parte integrante dell’accelerazione della transizione energetica nel continente. La digitalizzazione dei sistemi energetici in Africa è agli albori, ma un certo numero di paesi, tra cui Sudafrica, Tunisia e Marocco, fanno già parte dei progetti pilota Digital demand Driven Energy Networks (IEA e UNEP). La digitalizzazione dei sistemi energetici può contribuire a fornire dati adeguati per un processo decisionale più informato, a creare opportunità per una maggiore automazione e a migliorare l’efficienza. 

L’uso di tecnologie digitali come Intelligenza Artificiale, blockchain, piattaforme digitali e reti intelligenti nel settore energetico africano è in accelerazione. Se i paesi africani decideranno di procedere alla digitalizzazione del settore energetico, entro il 2026 all’economia del continente potrebbero aggiungersi 300 miliardi di dollari . La digitalizzazione può far avanzare il potenziale di diversificazione dell’approvvigionamento energetico, per esempio con i pannelli solari fotovoltaici domestici e lo stoccaggio, può contribuire a colmare il divario della povertà energetica e a superare le lacune dovute dalla bassa disponibilità di reti energetiche tradizionali, in tutto il continente.  

Tutto questo sarà di grande importanza: i paesi africani aumenteranno la propria produzione di rete centralizzata e sarà più facile l’integrazione con soluzioni di generazione off-grid o remote. 

Infine, l’aspetto che avrà maggior peso ai fini della buona riuscita della transizione energetica sarà la disponibilità di finanziamenti accessibili. 

Come già detto, le energie rinnovabili di solito sono le opzioni a minor costo per i paesi africani, ma i costi iniziali sono comunque elevati, in particolare nel contesto del continuo restringersi del margine di bilancio e dell’aumento dell’indebitamento. 

È innanzitutto essenziale mobilitare i finanziamenti promessi dall’Accordo di Parigi. 

Per i paesi vulnerabili con accesso limitato ai meccanismi di mercato, gli investimenti disponibili in termini di trasferimenti dai paesi sviluppati possono catalizzare ulteriori investimenti. 

Anche lo sblocco degli investimenti del settore privato sarà fondamentale perché l’Africa possa realizzare la transizione energetica di cui ha bisogno. 

Secondo l’AfDB, per colmare i divari dello sviluppo all’Africa servono investimenti importanti, circa 500 miliardi di dollari entro il 2030 e 2mila milioni di dollari entro il 2050. 

Uomo d’affari che va al lavoro sul suo monopattino elettrico in Sudafrica.

L’iniziativa SDG7 dell’UNECA è stata determinante per la ricerca di finanziamenti nella difficilissima situazione di mercato creata dalla pandemia. Nell’ottobre del 2021, per finanziare la ristrutturazione degli investimenti in energie rinnovabili, la Repubblica del Sudafrica ha emesso un’obbligazione da tre miliardi di rand, con il supporto della Development Bank of Southern Africa e il supporto tecnico dell’ECA. 

Si sta lavorando per agevolare i paesi africani in questo tipo di accesso al mercato, ma quanto a emissioni di obbligazioni verdi, a livello globale l’Africa è davvero molto indietro. Per correggere questo problema, l’ECA ha anche lanciato una Liquidity and Sustainability Facility (LSF), sviluppando per l’Africa un mercato di riacquisto o repo che potrebbe portare a risparmi fino a 11 miliardi di dollari in cinque anni con il pagamento degli interessi sulle emissioni obbligazionarie africane .   

In sintesi, la transizione dell’Africa all’energia verde deve collocarsi nel quadro della ristrutturazione delle economie africane. Lo sviluppo di catene del valore più sostenibili deve avvenire direttamente in Africa perché i paesi del continente possano trarne tutti i vantaggi.  

Il leapfrogging è possibile solo con un investimento iniziale su larga scala, ma attualmente quest’investimento rimane al di sotto del livello necessario a produrre l’accelerazione necessaria. 

Il protrarsi dello status quo significa ritardare il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goal, SDG) dell’ONU e rischiare il blocco della produzione di energia non sostenibile in diversi paesi africani, oltre a comportare il rischio di attivi non recuperabili. Non sorprende che lo status quo sia insostenibile. I cambiamenti necessari sono ambiziosi ma non impossibili. Forse la cosa più importante è che questi cambiamenti possono generare due dei beni più preziosi a livello globale: prosperità e stabilità.