Commercio di gas una scorciatoia

La Cina, leader mondiale nelle importazioni di GNL, sta ampliando rapidamente la sua capacità, aumentando la pressione sul mercato globale. Le nuove rotte artiche, come la Northern Sea Route, potrebbero alleggerire questa pressione e favorire il flusso di gas verso l’Asia
La Cina, leader mondiale nelle importazioni di GNL, sta ampliando rapidamente la sua capacità, aumentando la pressione sul mercato globale. Le nuove rotte artiche, come la Northern Sea Route, potrebbero alleggerire questa pressione e favorire il flusso di gas verso l’Asia
di Davide Tabarelli

In economia ci sono trend di fondo, che non sono modificabili, destinati a durare nel tempo e che pertanto aiutano a definire gli scenari. Fra questi vi è la crescita del commercio mondiale che si affida in misura crescente al trasporto via mare. Il commercio mondiale nel 2024 è salito del 3,3 percento, trainato soprattutto dai servizi, con gli scambi di beni fisici che tornano a crescere stabilmente dopo le frenate della pandemia. Chi ne sta beneficiando di più è il trasporto via mare, di cui aumenta il tonnellaggio e, contemporaneamente, le distanze coperte. Nel 2024 il loro aumento si colloca intorno al 7 percento, con una forte espansione che dura da oltre 20 anni in maniera ininterrotta con l’unica eccezione del 2020 della pandemia.

 

Sono pertanto ottime notizie quelle che, in verità da anni, arrivano dal mar Artico dove, a causa del cambiamento climatico, lo scioglimento dei ghiacci rende possibile la navigazione per gran parte dell’anno. Crescita del commercio significa maggior interscambio di energia, in un intreccio indissolubile, prima di tutto per ragioni fisiche legate alla geologia delle risorse fossili, che ancora oggi coprono l’80 percento della domanda mondiale di energia. Le riserve di petrolio e gas sono concentrate in alcune aree geografiche, con significativi squilibri tra chi detiene le riserve e chi consuma queste fonti energetiche. Questo fenomeno è particolarmente evidente per il petrolio, ancora la fonte più importante nel bilancio energetico globale, con le riserve prevalentemente concentrate nel Medio Oriente e i consumi tradizionalmente sbilanciati nei paesi industrializzati di Nord America ed Europa. In misura minore, uno squilibrio simile si riscontra anche per il gas naturale, la fonte che sta crescendo di più e che, a beneficio della lotta al cambiamento climatico, si auspica possa sostituire il carbone nella produzione di energia elettrica, soprattutto in Asia. Ed è proprio verso la Cina che potrebbero arrivare i maggiori benefici derivanti da un aumento delle esportazioni di gas sotto forma di gas naturale liquefatto (GNL).

 

 

Il commercio mondiale di GNL 

La crescita media del commercio mondiale di GNL negli ultimi 20 anni è stata del 6 percento all’anno, misurato come volumi di esportazione, contro un incremento della domanda totale di gas del 2 percento all’anno. Chi più sta aumentando le importazioni di GNL sono proprio la Cina e l’India, i due paesi dove è più sostenuta la domanda di elettricità che viene generata per oltre il 60 percento con centrali elettriche a carbone.

È auspicabile che crescano i commerci di GNL verso l’Asia grazie alle nuove rotte dell’Artico

Nel 2024 le importazioni di GNL della Cina sono state di 100 miliardi metri cubi, il primo paese in assoluto, quattro volte i volumi di 10 anni prima, balzo che ne ha fatto il primo importatore al mondo, per la prima volta davanti al Giappone, che tradizionalmente importa circa 90 miliardi all’anno. La Cina ha 29 terminali attivi e ogni anno ne aggiunge più o meno 5, mentre in costruzione ne ha oltre una trentina, il che vuol dire che la sua capacità di importazione è destinata a salire dagli attuali 180 miliardi di metri cubi a 300 miliardi nell’arco di 5 anni. Non è detto che tutta questa capacità addizionale si traduca in un uguale aumento di consumi di gas e di importazioni di GNL, ma è evidente la pressione sul mercato internazionale del GNL da cui dipendono parecchio i prezzi del gas dell’Europa. È auspicabile, pertanto, che crescano i commerci di GNL verso l’Asia grazie alle nuove rotte dell’Artico. Sono tre quelle individuate:


1. quella a nord est, Northern Sea Route, che costeggia la Russia e quella a oggi più sperimentata, 
2. la rotta artica, Transpolar Sea Route, che passa in mezzo al Polo nord, poco battuta perché ancora piena di ghiaccio,
3. quella a Nord Ovest (North-West Passage) che corre presso le coste nord del Canada e degli Stati Uniti, paesi che, già prima dell’arrivo di Trump2, non si erano messi d’accordo sulle regole di transito. 

 

Sono decine i progetti in Canada e in Alaska che prevedono la realizzazione di terminali per l’esportazione di GNL, perché le potenzialità di riserve inesplorate sono enormi nell’area. Sono simili a quelle che da sempre si conoscono in Russia, da cui l’Europa dagli anni ’70 attinge in misura massiccia e che ha sospeso dopo la guerra del 2022. Dalla penisola di Yamal, che si affaccia sull’Artico, partono i grandi gasdotti che portavano gas alle due linee del Nord Stream e a quelle che attraversavano Polonia e Ucraina, tutti gasdotti oggi chiusi. 

 

 

Nel 2024 la Cina è diventata il primo importatore mondiale di GNL, superando i 100 miliardi di metri cubi di gas

 

 

 

La parabola russa

È dai primi anni 2000, quando le cose andavano molto bene con l’Occidente, che la Russia ha cominciato davvero a sfruttare la rotta artica. Nel 2005 partì il progetto di realizzare un impianto di liquefazione del gas sulla penisola di Yamal, a Sabetta, area che contiene le più grandi riserve di gas del mondo. Il primo carico partì nel dicembre 2017, mentre la capacità da 35 miliardi metri cubi l’anno fu completata nel 2018. Oltre alla russa Novatek, che ha la maggioranza, sono presenti nel progetto la Cina con un 30 percento e la francese Total con il 20 percento. Nella stessa area era da tempo partito il secondo grande progetto, l’Artic LNG 2, con l’ambiziosa idea di raddoppiare le esportazioni da Yamal, ma che le sanzioni dopo la guerra del 2022 hanno rallentato. Al di là della politica, l’esperienza russa, la prima e la sola di massiccio accesso alle risorse dell’Artico, ha evidenziato anche enormi difficoltà che ridimensionano i facili entusiasmi che circolano in questi anni. È vero che il trasporto alla Cina del GNL via Artico necessita di 18 giorni, contro i 40 che sarebbero necessari via Europa e Canale di Suez, tuttavia i viaggi sono sempre incerti, per problemi di navigazione legati al ghiaccio e alla nebbia. Il transito è concentrato per lo più in periodi estivi e spesso sono necessarie le rompighiaccio, la cui flotta più numerosa, con alcune unità con reattori nucleari, ce l’ha proprio la Russia.

 

E le navi rompighiaccio hanno costi di noleggio altissimi. Poi c’è la questione ambientale, su cui vigila anche l’International Maritime Organization, che ha già imposto che dal 2029 i trasporti non potranno più avvenire con navi alimentate a bunker, il pesante olio combustibile residuo della raffinazione del petrolio. Certo, per le navi metaniere non è un problema, visto che viaggiano con il gas che trasportano. Ma per il resto dei cargo sarà un costo addizionale dovuto a una restrizione ambientale, che non sarà l’unica per un’area il cui carattere incontaminato rimane un bene da preservare. Non sarà facile né immediato, ma sul fatto che crescerà il transito nell’Artico a beneficio del commercio mondiale e della maggiore offerta di gas non ci sono dubbi.