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ira ancora un video dei parlamentari danesi che se la ridono delle offerte economiche di Trump per acquistare la Groenlandia. Come tutti hanno visto (e noi ne abbiamo scritto) in realtà il presidente USA ripete una linea che aveva già anticipato nel primo mandato e che segue desideri non inventati ma legati alla sua visione delle necessità del controllo di materiali strategici per l’economia, l’energia e la difesa. Una linea che lo aveva portato anche a creare una sezione delle Forze Armate dedicata alla difesa nello spazio, la US Space Force, nel 2019. Nessuna sorpresa se replicherà il gesto, dotandola di contributi economici pari all’ambizione di creare non solo uno “scudo spaziale”, in fondo era stata la primordiale idea di Reagan, ma anche di difendere la porzione di spazio che gli USA ritengono strategica per la ricerca di minerali rari e preziosi oppure di angoli dello spazio da cui difendere i propri satelliti e controllare quelli degli altri. Non è fantascienza visto che anche Cina e Russia, la prima con fondi e strategia, stanno comunque investendo in questo campo.
La Cina ha raggiunto la Luna nel lato oscuro, ovvero la parte meno visibile, e posizionato satelliti che lo controllano nel punto che gli astronomi chiamano L2, un punto di osservazione strategico per il lato opposto a quello in cui dal 1969 abbiamo visto sbarcare il primo LEM.
La Luna è considerata il primo scalino dei viaggi futuri che potrebbero portare almeno a Marte e per questo sta assumendo un ruolo fondamentale. Ma non è l’unico spazio di possibile frizione di “geopolitica stellare”. La prima fascia attorno alla terra, l’orbita terrestre bassa, fino a 2000 chilometri e poi quella media che arriva fino a 35786 chilometri, da qualche tempo registrano un traffico che nemmeno le autostrade d’estate. I satelliti in orbita sono circa 14000; 3000 sono definibili “morti” che vagano insieme a pezzi vari. Circa 11500 sono considerabili come satelliti commerciali o ufficialmente recensiti come tali: se ne deduce che oltre 2000 sono genericamente a carattere militare, tra cui quelli aeronautici per il tempo atmosferico, ma anche quelli preposti al controllo della terra o i satelliti di altre nazioni. E tra questi ci sono anche i satelliti nati per la sperimentazione, utili al comparto civile, come per esempio lo studio sull’utilizzo dell’energia solare con pannelli situati a quella altezza ma anche per la trasformazione di energia con laser direzionali che permetterebbero di prolungare viaggi e coprire distanze maggiori.
È evidente che pochi avrebbero immaginato il punto di sviluppo a cui ci troviamo oggi, quando fu creato.
La grande differenza col passato, con gli anni eroici delle sfide spaziali USA-URSS è la presenza di alcuni privati. Due li conosciamo bene ormai, sono Elon Musk e Jeff Bezos, che mentre promettono viaggi nello spazio o una futura presenza su Marte, intanto brevettano motori riutilizzabili e li forniscono alla NASA, come Musk, oppure immaginano addirittura hotel sulla Luna per chi potrà permettersi vacanze esotiche a molti zeri.
La verità è che per la complessità delle condizioni ogni tipo di sperimentazione, anche privata, può sfuggire all’osservazione degli stati nazionali e dei loro apparati di difesa; e che allo stesso tempo le necessità economiche non sono più tali da essere solo nelle mani dei singoli stati. La vicenda della depauperazione della NASA, troppo costosa anche per un bilancio come quello USA già dai tempi di Nixon, e della crescita nel settore dei privati Bezos, e soprattutto Musk, ne è un esempio diretto. Senza contare che oggi anche l’Europa con l’ESA, la sua agenzia spaziale, insieme a Cina, Russia, India e Israele fanno parte della partita.
A tutto questo proliferare di progetti, e soprattutto di satelliti, la risposta del diritto internazionale rimane ferma al 1967 ovvero al trattato che in ambito ONU dichiarò lo spazio un luogo di uso pacifico e concorrente in tempi di distensione della Guerra Fredda, lontani anni luce dai cambiamenti scientifici e tecnologici di oggi. La struttura del trattato, ancora in vigore, assomiglia a quello del trattato sull’Antartico e il fattore pacifico e di comune cittadinanza scientifica dovrebbe presiedere a tutto. Sotto l’egida delle Nazioni Unite, che con il COPUOS, ovvero il comitato che ha sede a Vienna, riferisce alle Nazioni Unite centrali a New York, ed è incaricato di gestire tutto ciò che accade in questo campo tumultuoso. È evidente che pochi avrebbero immaginato il punto di sviluppo a cui ci troviamo oggi, quando fu creato.
Satelliti che controllano il GPS delle nostre auto; satelliti che connettono a internet regioni remote del pianeta; satelliti che garantiscono comunicazione, automazione, uso delle intelligenze artificiali in ospedali o scuole. Senza parlare della difesa e senza contare che molti dei materiali critici e preziosi che fanno la ricchezza dei paesi sulla terra, dall’oro al platino, l’iridio, il nichel e probabilmente anche le cosiddette terre rare, si trovano su pianeti e asteroidi forse oggi esplorabili; di sicuro pienamente esplorabili in futuro.
A chi apparterranno i materiali che una sonda raggiungerà o forse ha raggiunto già oggi? Il trattato del 1967 non poteva dirlo e se la cavava con l’uso pacifico e scientifico dello sfruttamento dello spazio, ma forse oggi è una domanda da porsi. Qualche leadership nazionale si è già posta la questione e varrebbe la pena di capire se questo non sia il prossimo capitolo del confronto geopolitico mondiale. Ormai non stiamo parlando più di fantascienza.