La ricerca donchisciottesca di un’unica fonte 

La domanda di energia, trainata dalla crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale, sta registrando un’impennata senza precedenti che costringerà i governi a ricorrere a tutte le fonti energetiche disponibili, a prescindere dalle preferenze politiche 

 

La domanda di energia, trainata dalla crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale, sta registrando un’impennata senza precedenti che costringerà i governi a ricorrere a tutte le fonti energetiche disponibili, a prescindere dalle preferenze politiche 

 

di Moises Naim

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ottare contro i mulini a vento significa combattere contro nemici immaginari o attaccare bersagli che in realtà non costituiscono una minaccia. Don Chisciotte, il delirante protagonista del romanzo di Miguel de Cervantes, scambiava i mulini a vento per giganti e, brandendo la sua lancia, partiva all’attacco. Oggi, lottare contro i mulini a vento significa sprecare le proprie energie combattendo battaglie che non esistono, che non possono essere vinte o che non vale la pena ingaggiare. Le battaglie che oggi si combattono per garantire il predominio di una fonte di energia e limitare o eliminare le altre sono ormai donchisciottesche. L’aumento esponenziale della domanda mondiale rende infatti necessario l’impiego di tutte le fonti energetiche. Emblematica è la posizione del presidente degli Stati Uniti, Trump, sulle turbine eoliche. “Odio il vento”: durante la campagna elettorale del 2024, questo è stato il suo commento all’uso delle turbine per la produzione di energia eolica, un commento che esprime un’ostilità tenace e di lunga data. “Non faremo questa cosa dell’eolico”, ha poi ribadito, da presidente, in un comizio. “Le pale eoliche sono grosse e brutte, rovinano il paesaggio”. Nel suo primo giorno nello Studio Ovale, Trump ha firmato un ordine esecutivo per ridurre la crescita della capacità di produzione di energia eolica degli Stati Uniti. 

All’atteggiamento negativo del presidente statunitense verso l’eolico si contrappone nettamente la sua predilezione per il carbone: nell’aprile del 2025 Trump ha infatti firmato diversi ordini esecutivi volti a rafforzare l’industria del carbone. Si tratta di ordini che dispongono azioni per la tutela delle centrali elettriche a carbone e per l’accelerazione del rilascio delle concessioni per l’estrazione carbonifera. “Io lo chiamo carbone bello e pulito. Ho detto ai miei di non usare mai la parola carbone senza gli aggettivi bello e pulito”, ha chiarito.Queste posizioni contrastanti esemplificano un modello ormai consolidato: i governi danno per scontato di poter promuovere selettivamente determinate fonti energetiche e di poterne attivamente sopprimere altre, secondo le proprie preferenze politiche senza alcun riguardo per le necessità pratiche. Ma questo modello ha i giorni contati. 

 

I consumi enormi dell’intelligenza artificiale 

La domanda di energia cresce rapidamente, trainata dalla crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale, con un’impennata senza precedenti che costringerà i governi a ricorrere a tutte le fonti energetiche disponibili, a prescindere dalle preferenze politiche. Di recente, Eric Schmidt, ex CEO di Google, ha dichiarato: “L’intelligenza artificiale divora elettricità: una sola domanda a ChatGPT consuma dieci volte tanto l’energia necessaria per una normale ricerca in internet”. La vertiginosa crescita della domanda di elettricità è dovuta principalmente ai data center, le infrastrutture fisiche che alloggiano computer, server e apparecchiature di rete. Secondo l’Organization of Petroleum Exporting Countries (OPEC), nel 2023 i data center di tutto il mondo hanno consumato circa 500 terawattora di elettricità, quantità equivalente al consumo annuo di paesi di medie dimensioni quali Spagna o Australia. E questa cifra, già più che raddoppiata rispetto al 2015-2019, potrebbe triplicare fino a raggiungere i 1.500 terawattora entro il 2030. Ancor più eclatante il paragone proposto dai ricercatori del Fondo Monetario Internazionale (FMI): il consumo di elettricità dei data center, già pari a quello di paesi come Germania o Francia, entro il 2030 eguaglierà il consumo elettrico dell’India. La massima crescita della domanda si registra negli Stati Uniti, paese che registra la più alta concentrazione di data center. Secondo le stime di McKinsey & Co., è probabile che alla fine di questo decennio il fabbisogno energetico delle server farm statunitensi raggiunga più del triplo di quello attuale. 

 

Il nuovo pragmatismo dei governi 

La domanda di energia ha raggiunto a livelli senza precedenti e sta già rimodellando la politica energetica. Stiamo assistendo ai primi segnali di un cambiamento radicale: governi che un tempo respingevano con determinazione certe fonti energetiche tornano ora ad abbracciarle, tacitamente, per necessità. Un esempio di questo nuovo pragmatismo viene dal primo ministro britannico, Keir Starmer, il quale, nonostante la solida piattaforma ambientalista del suo partito, nel febbraio 2025 ha dichiarato: “Sarò sincero: petrolio e gas faranno parte del mix energetico per decenni ancora”. Un’affermazione, questa, che segna un netto scostamento dalle precedenti, aggressive tempistiche previste dal Regno Unito per la graduale eliminazione dei combustibili fossili. Sul tema, l’ex primo ministro Tony Blair si è espresso ancor più duramente, dichiarando che serve un drastico azzeramento di quelle che ha definito “politiche dello zero netto irrazionali e destinate al fallimento”. Blair ha anche scritto che “i leader politici sanno bene che il dibattito è diventato irrazionale. Ma hanno paura di dirlo, temono li si accusi di negazionismo climatico”. 

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a crescente concorrenza tra le diverse fonti energetiche crea situazioni paradossali: nel breve termine, l’urgente necessità di una capacità energetica nuova e massiva costringe i governi a riconsiderare opzioni che prima avevano scartato, comprese quelle che si erano adoperati per eliminare gradualmente; si proroga il ciclo di vita degli impianti a carbone già destinati alla dismissione; in molti paesi si assiste al rilancio della tanto controversa energia nucleare, perché i governi ne riconoscono la capacità unica di combinare affidabilità e basse emissioni. 

Tutto ciò non significa comunque che nel lungo termine tutte le fonti energetiche saranno trattate allo stesso modo. I fattori economici e la preoccupazione per l’ambiente continuano a favorire alcune tecnologie rispetto ad altre. Le energie rinnovabili e il nucleare di nuova generazione probabilmente manterranno il vantaggio nelle regioni dotate di risorse e infrastrutture adeguate. Quello che cambia è il modo assolutistico con cui i governi affrontano la questione della politica energetica. La concorrenza spietata tra le diverse fonti di energia è già realtà, e sta cambiando radicalmente il panorama delle politiche energetiche. I governi scoprono che le preferenze energetiche basate sull’ideologia sono un lusso sempre più insostenibile, perché la domanda, trainata dall’intelligenza artificiale, lievita fino a superare anche i piani di aumento della capacità più aggressivi. Stiamo assistendo all’emergere di un nuovo pragmatismo energetico. I dibattiti politici binari su quali siano le fonti energetiche “buone” e quali quelle “cattive” cedono il passo a discussioni più articolate su come impiegare tutte le tecnologie disponibili nelle combinazioni più efficaci in base alle esigenze e alle risorse delle diverse regioni. 

 

Una transizione non fluida 

Questa transizione non sarà fluida. I leader politici che hanno costruito la propria reputazione lottando contro determinate fonti energetiche si opporranno a questo cambiamento. I gruppi industriali con interessi costituiti combatteranno per mantenere lo status quo del favoritismo governativo. Ma la matematica della domanda energetica lascia poco spazio alla purezza ideologica. I prossimi dieci anni ci mostreranno quali paesi sapranno adattarsi più efficacemente a questa nuova realtà. Quelli che abbracciano un approccio pragmatico e tecnologicamente neutrale per soddisfare il proprio fabbisogno energetico probabilmente otterranno risultati migliori dei paesi che restano ancorati a quadri ideologici rigidi, a prescindere da che favoriscano i combustibili fossili o le energie rinnovabili. Come in tutti gli ambiti, anche nella politica energetica la necessità aguzza l’ingegno.