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a Cina occupa il primo posto al mondo in molti mercati energetici: è il maggiore importatore globale di greggio, il principale produttore e acquirente di carbone, ma anche il più grande utilizzatore di energie rinnovabili. Meno noto, però, è il fatto che Pechino è anche leader mondiale nelle reti elettriche ad altissima tensione e nelle apparecchiature correlate. Man mano che la Cina consolida la propria posizione di vera e propria “potenza elettrica”, è destinata a esercitare un’influenza sempre più forte sulle reti elettriche moderne. Come primo importatore mondiale di greggio e acquirente in crescita di gas naturale liquefatto (GNL), la Cina è fortemente esposta agli shock geopolitici, ai timori sulla sicurezza degli approvvigionamenti e all’associata volatilità dei prezzi. I decisori cinesi temono per la stabilità dei paesi produttori e sono preoccupati per le minacce lungo le rotte marittime e i colli di bottiglia, oltre che per le sanzioni, che limitano le forniture, distorcono i flussi commerciali e gravano sui prezzi. Il governo cinese ha adottato una serie di misure per mitigare queste vulnerabilità e rafforzare il ruolo dei campioni nazionali del commercio di oil & gas; tali misure prevedono, inter alia, la diversificazione degli approvvigionamenti, l’aumento della presenza commerciale dall’upstream fino a trasporto e vendita, e lo stoccaggio. Il paese è inoltre impegnato nell’elettrificazione dei trasporti, anche per limitare la propria esposizione alle importazioni di petrolio. I dieci anni dedicati al loro sviluppo e alla promozione della loro diffusione hanno fatto della Cina il leader mondiale nella vendita dei veicoli elettrici (EV, Electric Vehicle). E nonostante il paese resti il maggior importatore mondiale di petrolio, nel 2024 i suoi acquisti di greggio sono scesi al di sotto dei livelli del 2023. Si stima che, per effetto del l’elettrificazione dei trasporti e del passaggio ad altri carburanti, la domanda cinese di benzina e diesel abbia già raggiunto il picco massimo, il che indica come improbabile la prospettiva di un aumento importante delle importazioni di greggio. I timori circa la sicurezza delle importazioni permangono, ma stanno evolvendo: ridurre le importazioni di combustibili fossili e potenziare le energie rinnovabili sono obblighi sempre più imperativi, sia per il clima sia per la sicurezza.
La nascente strategia per la sicurezza energetica è sempre più imperniata sul ruolo chiave della Cina come leader nell’implementazione delle rinnovabili. Nel 2024 il paese ha aggiunto 80 gigawatt (GW) di nuova capacità eolica, quantità pari all’incirca alla capacità esistente della Germania, e ha aggiunto addirittura 275 GW di energia solare, cioè più della capacità installata del Nord America, e per il 2025 si prevedono aggiunte di livello analogo. Per di più, in Cina, all’inizio del 2025, la capacità eolica e solare installata superava la capacità di generazione termica. Per quanto la generazione elettrica cinese provenga ancora, per circa due terzi, da fonte termica (leggasi: carbone), la domanda incrementale di energia viene ora soddisfatta dalle rinnovabili. Uno dei motivi della rapida diffusione dell’energia eolica e solare in Cina è la leadership del paese nella loro produzione. Quanto al fotovoltaico, si stima che la Cina rappresenti il 75-80 percento della produzione di wafer, celle e moduli solari, e che detenga quote di mercato analoghe anche per le batterie agli ioni di litio. È significativo il fatto che la produzione cinese di tecnologie pulite potrebbe già essere sufficiente a soddisfare il fabbisogno stimato dallo scenario delle zero emissioni nette (NZE, Net-Zero Emissions) dell’International Energy Agency (IEA) entro il 2030. E ancora, il rapido aumento delle forniture ha ridotto i costi, anche dell’80-90 percento rispetto ai livelli del 2010.
La disponibilità e il basso costo di queste tecnologie, combinato con le politiche di sostegno, hanno consentito alla Cina un’elettrificazione molto rapida. Secondo l’IEA, nel 2024 in Cina la quota di elettricità nel consumo finale ha toccato il 28 percento, a fronte del 22 percento degli Stati Uniti (USA) e del 22 percento dell’Unione Europea (UE), e la National Energy Administration of China (NEA) prevede che quest’anno tale quota superi il 30 percento. La spinta all’elettrificazione della Cina viene da una serie di fattori, tra cui gli obiettivi del doppio carbonio (dual carbon), che mirano a raggiungere il picco delle emissioni prima del 2030 e la neutralità carbonica entro il 2060, oltre che ad aumentare la sicurezza energetica del paese. Certo, conseguire il primo obiettivo è complesso, dato il peso del carbone nel mix energetico, ma gli sforzi di elettrificazione stanno già riducendo il consumo di petrolio. L’implementazione delle rinnovabili e l’estendersi dell’elettrificazione generano nuove sfide. Gran parte della domanda di energia elettrica viene dalle province orientali del paese, mentre la produzione di energia rinnovabile si concentra nelle province occidentali interne. La Cina ha investito molto nella costruzione e nel potenziamento delle infrastrutture di rete, aggiungendo una rete ad altissima tensione (UHV, ultra-high-voltage) in grado di trasportare l’elettricità su lunghe distanze con perdite minime. Ha avviato la pianificazione dell’infrastruttura UHV già nel 2006 e da allora ha completato quasi 40 progetti UHV, numero record a livello mondiale. Si stima che la rete cinese consista di oltre 1,6 milioni di chilometri (km) di linee di trasmissione (ai diversi livelli di tensione), con rapido aumento della quota di linee UHV. Intanto, l’UE non ha reti UHV, e i circa 965.000 km di linee di trasmissione ad alta tensione degli USA hanno un voltaggio inferiore a quello delle linee UHV cinesi. Inoltre, le reti di UE e USA sono meno integrate per la trasmissione a lunga distanza e di alti volumi.
In parallelo allo svilupparsi della rete nelle province costiere e orientali della Cina il solare fotovoltaico distribuito è diventato una componente importante del panorama delle energie rinnovabili del paese.
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n teoria, la rete UHV cinese consente l’integrazione delle rinnovabili in modo più agevole e celere, sostituisce il carbone e assicura maggior affidabilità e resilienza a fronte delle interruzioni a livello locale. Finora, tuttavia, la costruzione di linee UHV non è stata di per sé sufficiente a promuovere una rapida sostituzione del carbone: lo sforzo di eliminazione graduale del carbone si scontra infatti con una serie di ostacoli istituzionali e politici che ne rallentano il ritmo. Tra questi ostacoli vi è in primis l’ormai radicato ruolo del carbone nelle economie locali e nell’operatività della rete. Nonostante il carattere problematico dell’integrazione delle rinnovabili, la Cina sta sperimentando misure di mercato e soluzioni tecniche volte a limitarne il curtailment.
In parallelo allo svilupparsi della rete, nelle province costiere e orientali della Cina il solare fotovoltaico distribuito è diventato una componente importante del panorama delle energie rinnovabili del paese. Il governo lancia programmi per la promozione dei tetti solari nelle contee rurali, mentre le città principali li promuovono per gli edifici residenziali, commerciali e pubblici, sfruttando gli incentivi politici e i partenariati con le utility. Ciò ha portato la Cina ad avere, a fine 2022, una capacità fotovoltaica distribuita di 157 GW, più del doppio di quella totale degli USA e derivante per più della metà dai nuovi impianti solari. Inoltre, i principali produttori cinesi di energia solare stanno sviluppando microreti per la distribuzione nazionale e per l’esportazione. Attualmente, i loro prodotti sono ampiamente utilizzati nell’elettrificazione rurale, nelle microreti a isola, nei progetti ibridi su scala industriale e nei corridoi transfrontalieri di energia rinnovabile, con forte crescita in Africa, Sud-Est asiatico e Medio Oriente.
L’ascesa di attori privati in grado di esportare progetti di energia solare più accumulo a basso costo potrebbe andare a complicare altri piani finalizzati allo sviluppo di grandi connessioni di rete transfrontaliere. A livello internazionale, la rete UHV e le competenze della Cina sono fondamentali per la vision della Global Energy Interconnection (GEI), l’iniziativa cinese avallata dal presidente Xi Jinping nel 2015 che potrebbe portare anche all’estero l’energia pulita del paese e ampliare oltreconfine la portata della sua influenza tecnologica. La vision sottesa alla GEI mira a connettere le fonti di energia rinnovabili remote ai centri di consumo di tutto il mondo mediante linee UHV che attraversano i continenti e con l’impiego di tecnologie intelligenti. Per esempio, si potrebbe soddisfare il picco serale della domanda di elettricità della Cina orientale utilizzando l’energia solare prodotta a mezzogiorno nell’Asia centrale, per un incontro più efficiente tra la domanda e l’offerta dei vari paesi e continenti. Alla testa della GEI c’è GEIDCO, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro sponsorizzata da State Grid, la maggiore delle due società elettriche statali cinesi. Gli obiettivi principali di GEIDCO sono la costruzione di una supergrid (una rete di grandi dimensioni), e l’istituzione di meccanismi di supporto alla governance, al fine di realizzare l’interconnessione energetica mondiale entro il 2070.
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ulla carta, la proposta presenta molti vantaggi, ma in realtà la costruzione di reti e interconnessioni ha costi alti, e l’operatività transfrontaliera è complessa. Tuttavia, poiché la Cina è leader nelle linee di trasmissione UHV e in gran parte dell’innovazione e della normazione a esse associate, se Pechino riuscisse a collegare la GEI con la Belt and Road Initiative (BRI, Nuova via della seta), le aziende cinesi potrebbero aumentare la propria quota sul mercato mondiale ed esportare all’estero le attrezzature UHV nazionali. A sua volta, ciò determinerebbe dipendenze di percorso a lungo termine, rendendo la Cina il fornitore d’elezione per la GEI e le altre supergrid. Anche se la GEI dovesse fallire o non avere tutto il successo atteso, le aziende cinesi sono comunque sempre più in grado di fornire tecnologie per la generazione elettrica (carbone, idroelettrico e rinnovabili) a corredo delle proprie attrezzature per le linee UHV, oltre a una quota sempre maggiore di apparecchiature chiave per l’integrazione e la stabilizzazione delle reti, come trasformatori e inverter. Oggi la Cina rappresenta circa la metà delle spedizioni di inverter ed è leader nella produzione di trasformatori, a livello mondiale. Pertanto, i paesi destinatari si trovano di fronte a un’offerta irresistibile che aumenterebbe la loro dipendenza dalla Cina, rendendoli sensibili alle preferenze politiche di Pechino. Vi sono anche altri timori, che si aggiungono a far da eco a quelli di più ampia portata sulla BRI: si teme, infatti, che la GEI possa aumentare il debito dei paesi destinatari, alimentare pratiche di corruzione, distruggere gli ecosistemi ambientali e invigorire l’esportazione delle pratiche di polizia e delle capacità di proiezione di potenza della Cina, al fine di proteggere i corridoi di trasmissione della GEI. Vi è inoltre il timore che la Cina possa utilizzare la GEI a fini di spionaggio, sabotaggio e coercizione. Quanto il governo cinese possa e voglia utilizzare un progetto come la GEI a fini di spionaggio, sabotaggio e coercizione economica resta una questione aperta. L’attuazione della vision della GEI presenta sfide enormi, ma anche se l’iniziativa non dovesse essere realizzata, le aziende cinesi si trovano comunque già in una posizione competitiva di forza che consente loro di determinare l’infrastruttura fisica dei nuovi sistemi energetici e di influenzare la normativa sui cui oggi si fondano le reti, centralizzate e distribuite. Il lato positivo è che la Cina, con le sue attrezzature e il suo know-how, può contribuire ad accelerare la transizione energetica in un gran numero di paesi. Il lato negativo è che a dar forma alle nuove connessioni saranno le aziende cinesi.