Per rispondere alla domanda sempre più in crescita di energia è necessario puntare sul GNL, una fonte energetica utilissima che aiuterà a soddisfare l’aumento della produzione elettrica, frenando il ricorso al carbone
Per rispondere alla domanda sempre più in crescita di energia è necessario puntare sul GNL, una fonte energetica utilissima che aiuterà a soddisfare l’aumento della produzione elettrica, frenando il ricorso al carbone
Per rispondere alla domanda sempre più in crescita di energia è necessario puntare sul GNL, una fonte energetica utilissima che aiuterà a soddisfare l’aumento della produzione elettrica, frenando il ricorso al carbone
E
ra l’11 dicembre 2001, tre mesi dopo l’attentato alle due Torri gemelle, tre giorni dopo il più grande fallimento della storia, quello della Enron: la notizia che la Cina entrava nel WTO, World Trade Organization, passò un po’ inosservata. Da allora, tutto è cambiato, con l’economia globale che si è spostata verso l’Asia, con un’esplosione della domanda di energia che ha modificato profondamente sia i mercati che gli assetti geopolitici. Dal 2000 al 2024 l’economia della Cina è cresciuta di quasi cinque volte, con il suo peso sul PIL mondiale quasi raddoppiato dal 10 al 20 percento nel 2024. I suoi consumi di energia, passati dal 10 al 25 percento del totale mondiale, sono quadruplicati, da 1 miliardo di tonnellate di petrolio equivalenti (tep) a 4 miliardi, e la gran parte dell’incremento riguarda il carbone, la fonte più inquinante, quella che più contribuisce alla crescita globale di CO2 di origine antropica. L’ambizione di molti, in particolare dell’Unione europea, di abbattere la concentrazione di CO2 in atmosfera si scontra con questa cruda realtà, quella di una Cina, e di tutta l’Asia, che si affida al carbone, il fossile arcaico ma anche quello più democratico, perché disponibile a tutti, anche ai poveri dell’Asia che ne hanno facile accesso grazie a riserve abbondanti nei loro paesi. Con una visione da storia dell’economia queste dinamiche confermano che il modello di sviluppo basato sull’uso del carbone rimane ancora quello prevalente ancora a tre secoli dalla rivoluzione industriale europea.
È straordinaria la velocità della crescita della Cina, che ha permesso l’uscita dalla povertà di oltre un miliardo di persone. Nel 2000, oltre il 40 percento della popolazione cinese era ancora in povertà assoluta, mentre nel 2016 il tasso era azzerato, un miglioramento ottenuto anche grazie a un raddoppio dei consumi di carbone pari a oltre 2 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio. Tutto ciò deve preoccupare, perché lo sviluppo di miliardi di persone che vivono in condizioni di povertà, molte di queste in Asia, si affiderà ancora al carbone. Su questo legame occorre intervenire per rallentare i consumi, con la diffusione di rinnovabili, eolico, solare, bioenergie, ma anche con maggiore consumo di gas. A livello globale, l’incremento del 60 percento dei consumi mondiali di energia dal 2000 a oggi è stato coperto con il carbone, dentro un trend che non si inverte con gli altisonanti obiettivi, sempre facili da condividere, soprattutto se lontani nel tempo. Tutti i paesi, anche la Cina, vogliono ridurre sia le emissioni di CO2 che il ricorso al carbone, ma le alternative sono difficili da sviluppare. L’entrata nel 2001 della Cina nel WTO le ha permesso di diventare una sorta di fabbrica del mondo, perché lì si sono trasferite le attività manifatturiere di gran parte dell’Occidente, in ragione del basso costo del lavoro e dei bassi prezzi dell’energia, soprattutto dell’energia elettrica. Questo valore è molto più conveniente rispetto all’Europa, punto evidenziato nel settembre 2024 dal rapporto Draghi, semplicemente perché la Cina usa tanto carbone di produzione interna. Ancora nel 2024 il 60 percento della produzione elettrica della Cina viene effettuato con il carbone. Nel solo 2024 Pechino ha aperto nuove centrali elettriche per circa 90 mila MW, circa 70 centrali di grandi dimensioni. Nel 2025 il prezzo dell’elettricità in Cina per le industrie è stimato fra i 60 e gli 80 euro per megawattora (MWh), contro un valore in Italia e in Germania, i due paesi manifatturieri più importanti in Europa, superiori a 210 euro/MWh.
Il processo di elettrificazione che sta interessando tutti i paesi, ma in particolare quelli dell’Asia, che sono la fabbrica del mondo, si basa ancora soprattutto sul carbone. Dei 31 mila miliardi di chilowattora prodotti nel 2024, il 34 percento è stato prodotto con il carbone, la seconda fonte, in crescita, è il gas, mentre l’idroelettrico è al 14 percento e le fonti rinnovabili nuove, eolico, fotovoltaico, biomasse moderne e geotermia, sono al 17 percento. Il nucleare, nonostante tutto l’interessante dibattito che lo circonda, è al 9 percento, ed evidenzia grandi difficoltà a crescere. La centralità del carbone nella produzione dell’elettricità è il primo problema ambientale a livello globale, perché un kWh prodotto con carbone, in centrali relativamente vecchie in Cina, emette quasi un chilo di CO2.
La soluzione più semplice è quella del gas, perché può essere utilizzato facilmente nel produrre grandi quantità di elettricità in centrali che usano la tecnologia del ciclo combinato, emettendo solo 0,35 chili di CO2 per kWh. Il carbone causa criticità ben più gravi del cambiamento climatico legate al particolato, al fumo, e ad altri inquinanti locali che escono dai camini delle centrali. L’esigenza di ridurre il consumo di carbone è anche motivata dalla necessità di migliorare la qualità dell’aria delle aree urbane dell’Asia. In città come Pechino o Shanghai è sparito quello smog che per decenni ha reso difficile viverci e questo è stato ottenuto grazie a maggiori consumi di gas naturale, prima di tutto nel riscaldamento e nelle industrie, ma molto anche nella generazione elettrica.
Un rallentamento della crescita dei consumi di carbone in Cina è evidente, un po’ perché cambia la struttura della sua economia, più servizi e meno industria, un po’ perché moltiplica gli sforzi per utilizzare altre fonti di energia. Crescono gli investimenti su fonti rinnovabili, di cui è diventata detentrice delle tecnologie, ma soprattutto salgono velocemente i consumi di gas naturale, sia prodotto internamente sia, in larga parte, importato attraverso le navi di gas naturale, diventando gas naturale liquefatto (GNL). Le importazioni di GNL della Cina erano zero nel 2000, sono state 10 miliardi metri cubi (mc) nel 2010, nel 2024 hanno superato i 100 miliardi e per la fine del decennio dovrebbero raddoppiare. Il suo peso sul commercio mondiale GNL è arrivato al 20 percento, più del Giappone, storicamente il primo importatore mondiale. Se la Cina rallenta nella sua corsa sul carbone, lo stesso non sta accadendo negli altri paesi asiatici che, anzi, si sostituiscono quali centri manifatturieri, sempre per le stesse ragioni: costo del lavoro più conveniente e costi dell’elettricità molto bassi, qui sempre grazie al carbone. L’attenzione è sull’India che, se non altro, fatica ad imitare il boom della Cina, ma i cui consumi di carbone aumentano al ritmo del 10 percento all’anno. Lo stesso sta accadendo in Vietnam, paese che assomiglia di più alla Cina per voglia e capacità di affrancarsi di corsa dalla povertà del passato. La realizzazione di nuove centrali a carbone è ancora più forsennata e i consumi crescono a ritmi annuali intorno al 15 percento, con le annesse emissioni di CO2. Per questo è importante fare sì che questi paesi di nuova e spedita industrializzazione dell’Asia possano entrare velocemente nel mercato del gas per approvvigionarsi di una fonte a minori emissioni. Visto la difficoltà di accedere via tubo a paesi esportatori di gas, troppo distanti, l’unico percorso è quello del GNL. I giganteschi investimenti in corso nel GNL hanno il beneficio di rendere possibile il consumo di una fonte energetica utilissima, il gas metano, che aiuterà a soddisfare la crescita della produzione elettrica, frenando il ricorso al carbone. L’indiscutibile diritto dei paesi poveri dell’Asia ad accelerare verso maggiori consumi di energia per uscire dalla povertà merita un combustibile più pulito, prima di tutto a beneficio dell’aria che respirano nella loro città, poi anche a vantaggio della salute dell’intero pianeta.