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Urbanizzazione. La sfidadi Alessandro Lanza
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PIANIFICAZIONE URBANA

Urbanizzazione. La sfida

di Alessandro Lanza

L’Africa potrebbe diventare un laboratorio di leapfrogging “inverso”, con un passaggio più veloce e intuitivo delle economie a basso e medio reddito a pratiche “circolari” e resilienti. Puntando a una pianificazione urbana sostenibile

5 min

I

l continente africano si sta urbanizzando a un ritmo incredibilmente veloce: basti pensare che, se la crescita di popolazione mondiale è stimata con un aumento di 2 miliardi di persone nei prossimi 30 anni, si prevede che la regione dell’Africa subsahariana raddoppierà la popolazione entro il 2050, con un aumento di abitanti nelle città africane di oltre 950 milioni di persone. L’urbanizzazione – in generale – è un incredibile processo di trasformazione strutturale in termini sociali, economici e ambientali e il disegno di città sostenibili in Africa è una delle sfide più importanti che le istituzioni del continente, soprattutto in area subsahariana, devono affrontare in questo secolo. In Africa gran parte della crescita si sta verificando in città di piccole e di medie dimensioni e gli agglomerati urbani si stanno sviluppando il più delle volte senza il beneficio di politiche o investimenti adeguati ad affrontare questa sfida.

 

Come la tecnologia cambia il mondo del lavoro

Vorrei portare l’attenzione del lettore su uno specifico aspetto rilevante: la trasformazione del tessuto produttivo derivante dalla progressiva urbanizzazione. Detto in altri termini, la concentrazione urbana ha effetti trasformativi sul lavoro e richiede l’acquisizione di nuove competenze per inserirsi con successo nei nuovi mercati.

Il progresso tecnologico ha influenzato il mercato del lavoro con un’accelerazione inimmaginabile in questi ultimi 20 anni. La cosiddetta gig economy ha visto una massiccia espansione delle catene del valore globali, dove il processo produttivo diventa globale e la geografia dei posti di lavoro supera i tradizionali confini delle imprese. Pur rendendo il lavoro più accessibile su una base più flessibile, la progressiva digitalizzazione e tecnologizzazione del lavoro pone una contropartita ineludibile: i paesi che non tengono il passo con questo cambiamento pagano le drastiche conseguenze di questa esclusione.

Su questo tema specifico, l’Africa oggi è a un bivio. Riportiamo due dati significativi.

L’agricoltura - settore caratterizzato da bassa produttività e povertà dei lavoratori - è ancora la più importante fonte di impiego nel continente e rappresenta il 57 percento dell’occupazione totale (2017 World Development Indicators, Banca Mondiale).

In secondo luogo, nell’Africa subsahariana il mercato del lavoro è ancora prevalentemente informale, rappresentando l’80 percento dell’occupazione totale (Banca mondiale 2020).

I paesi emergenti sono facilitati ad aderire al nuovo mercato digitale grazie alla convergenza tra il settore informale e la gig economy, facilitata da un’area grigia all’interno dei rispettivi quadri normativi che diviene un terreno fertile per la creazione di servizi che si diffondono rapidamente dove vi è accesso alle infrastrutture digitali (World Development Report 2019).

 

Già oggi innumerevoli bisogni di base come alloggio, mobilità, distribuzione di cibo, accesso all’acqua e all’energia di milioni di abitanti in aree urbane in Africa vengono garantiti da servizi messi a disposizione da piccole imprese nel settore informale che vanno a compensare il ritardo o l’assenza di interventi formali.

Risulta evidente come un investimento sul capitale umano e il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi nelle città possano essere un impulso di crescita economico sociale formidabile per le sue metropoli, sostenendo tali mercati informali e frammentati con soluzioni - tecnologiche, finanziarie, politiche – capaci di favorire l’inclusione di milioni di abitanti nel mercato del lavoro del settore formale. Soprattutto per giovani e donne che, ad esempio, in Africa occidentale rappresentano tra il 68 e il 90 percento dei lavoratori informali (Commissione dell'Unione africana/OCSE 2019).

 

Una pianificazione urbana sostenibile è possibile

Immaginare una metropoli africana del (prossimo) futuro significa inevitabilmente indagarne le possibili direttrici in termini di resilienza e circolarità. Già oggi, diverse città africane testimoniano casi rilevanti di circolarità e sostenibilità, sostenuti da pratiche adottate per promuovere il consumo e la produzione sostenibili e per rispondere agli shock ambientali. 

L’urbanizzazione in Africa potrebbe quindi rappresentare un laboratorio di leapfrogging “inverso”: il passaggio delle economie a basso e medio reddito a pratiche “circolari” e resilienti potrebbe essere più intuitivo e immediato rispetto alle loro controparti ad alto reddito, richiedendo minor cambiamenti comportamentali e grazie alla convergenza tra settore informale e le nuove leve della digitalizzazione. La transizione urbana dell’Africa offre quindi grandi opportunità ma pone sfide significative.

Una pianificazione urbana sostenibile in Africa che metta al centro il rafforzamento del capitale umano può contribuire in modo rilevante allo sviluppo economico del continente, al miglioramento delle condizioni sociali nelle aree emarginate e all’aumento della resilienza sia ai cambiamenti climatici che agli eventi climatici estremi.