Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
Le opportunità di una crisidi Davide Tabarelli 
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Gas liquido

Le opportunità di una crisi

di Davide Tabarelli 

La riduzione dei flussi dalla Russia ha favorito l’accelerazione sull’innovazione tecnologica del trasporto del gas liquido. Strategico anche il GNL, in abbondanza dagli USA, che ha anche favorito la riduzione di emissioni di CO2

14 min

L

e crisi portano rotture, lacerazioni, che a volte spianano la strada per innovazioni, non vere e proprie scoperte, ma più miglioramenti accelerati di tecniche da tempo conosciute. Le crisi energetiche degli anni ’70 aprirono alla produzione di petrolio in mare aperto, l’offshore, e allo sfruttamento del Mare del Nord in Gran Bretagna e Norvegia. L’abbondanza di gas che ne seguì permise la penetrazione del gas nei settori finali di consumo e lanciò l’uso del ciclo combinato a gas nella generazione elettrica. La necessità di spremere più petrolio dai vecchi giacimenti negli USA, perché i prezzi erano alti, spinse al recupero assistito nei giacimenti, quello con iniezione di fluidi per aumentare la pressione nel sottosuolo. Contemporanea fu anche la perforazione orizzontale guidata che, assieme all’assistita di prima, negli anni 2000 ha portato alla rivoluzione della fatturazione idraulica, o fracking, la tecnica che ha permesso agli USA di raggiungere sostanzialmente la tanto agognata indipendenza energetica e che sta salvando il mercato europeo del gas dopo la crisi del 2022.

 

 

Inizia tutto con il fracking

 

 

Proprio dal fracking parte la nuova mappa del gas mondiale, dopo la guerra in Europa che ha ridotto i flussi dalla Russia e aumentato quelli dagli Stati Uniti verso l’Europa sotto forma di gas naturale liquefatto (GNL). Una ridefinizione che è stata possibile con la contestuale accelerazione sull’innovazione tecnologica del trasporto del gas liquido, non più attraverso grandi strutture, con grandi metaniere impegnate su progetti garantiti per trasportare gas ai grandi terminali di rigassificazione presso i centri di consumo. La grande innovazione di questi anni, accelerata con la crisi, riguarda proprio il passaggio verso strutture più piccole, con terminali fatti di navi galleggianti, sia con impianti di liquefazione vicino ai pozzi delle piattaforme in mare aperto, sia presso i porti dei paesi importatori e consumatori. 

 

 

Questo ha fatto la crisi, di necessità virtù, riconvertire velocemente navi per il trasporto in strutture galleggianti soprattutto per i paesi consumatori dell’Europa. Due realizzate in Olanda a metà 2023, altre tre in Germania, con due in programma, una in Italia, con un’altra che arriverà nel 2024. Sono Floating Storage Regasification Units, FSRU, che permettono un transito annuale inferiore sempre rispetto ai grandi terminali di rigassificazione. Sono da 3-5 miliardi metri cubi (bcm) anno, contro gli 8-10 dei grandi impianti di rigassificazione a terra, quelli che sono stati fatti per decenni nei porti dei paesi consumatori, a Barcellona in Spagna, a Teesside in Gran Bretagna, a Zeebrugge in Belgio.

 

 

In Italia ci abbiamo provato per decenni, ma per una ragione o per l’altra, non ci siamo mai riusciti, nonostante fossimo il paese più adatto a questo tipo di impianti, perché importiamo molto gas e perché abbiamo oltre 7 mila chilometri di coste. A terra ne abbiamo fatto uno, tanto tempo fa, all’inizio della stagione del gas, nel 1973: quello di Panigaglia, vicino al porto di La Spezia, da 3 bcm. Poi, nei decenni, abbiamo provato inutilmente a farne decine, da Montalto di Castro, passando per Monfalcone, poi Brindisi, Priolo, Ancona, Ravenna, Gioia Tauro, Porto Empedocle. Invece, ne abbiamo fatti due, entrambi in mare, ben distanti dalla costa, a testimonianza dell’impossibilità di fare cose normali in Italia. Uno è quello al largo di Livorno, entrato in funzione nel 2013 da 3,5 bcm anno, e quello di Adriatic LNG, di fronte alle coste della provincia di Rovigo, da 8 bcm, aumentato nel 2022 a 9, una struttura unica al mondo, un’isola gigantesca in cemento armato posata sul fondo del mare su cui sono stati costruiti gli impianti di rigassificazione. Costato quasi 3 miliardi di dollari, il doppio di quello che sarebbe costato farlo a terra, entrato in funzione nel 2009 dopo anni di difficoltà e di opposizione ambientale a livello locale. Sembrava addirittura anni fa che fossero inutili questi terminali, quasi in eccesso, visto il continuo calo della domanda italiana.

 

 

Poi, nel 2022, arriva la crisi del gas e, miracolo, l’Italia riesce a realizzare in poco più di un anno un terminale di rigassificazione, con una FSRU, da 5 bcm anno, ormeggiata nel porto di Piombino. Solo l’emergenza ha forzato alla realizzazione di un terminale nel paese al mondo dove ce n’era più bisogno e dove nei precedenti 50 anni non se n’era realizzato nemmeno uno a terra. Solo con la tecnologia delle navi riconvertite è stato possibile e la Golan Tundra, la nave rigassificatrice, è diventata l’emblema di come l’innovazione tecnologica, e la rottura della crisi, stia cambiando il trasporto del gas naturale anche per un paese ostico come l’Italia.

 

la foto Austin, Texas

 

In maniera simile, ma più distante, sulle coste del Congo sono state installate delle unità simili, galleggianti, fatte con navi sulle quali si trovano gli impianti di liquefazione. Sono Floating Liquified Gas Units, FLGU, che nell’arco di un anno riesco a spedire su navi metaniere il gas estratto dai giacimenti sul fondo del mare. Anche queste soluzioni si sono rese necessarie per rispondere all’urgenza di portare in Europa il gas che mancava dopo la crisi, con prezzi decuplicati che hanno reso conveniente la realizzazione di questi impianti in tempi rapidissimi. Ma è sempre la piccola unità galleggiante, veloce, di dimensioni più piccole, flessibile, capace, se necessario, ad essere spostata in altri luoghi dove potrebbero essere necessarie. Nel caso di Piombino, lo spostamento avverrà per l’impegno a tenerla nel porto solo per 3 anni e probabilmente la nuova destinazione sarà sulle coste della Liguria nel Nord Tirreno. Se non fosse stato un terminale galleggiante, lo spostamento non sarebbe stato possibile. 

 

 

GNL, fondamentale per compensare il calo di importazioni

 

 

Come per l’Italia, così per tutta Europa, è stato il maggiore ricorso a importazioni di GNL che ha permesso di compensare gran parte della riduzione delle importazioni dalla Russia. Sono aumentati i volumi dal Qatar, dall’Egitto, in particolare verso l’Italia, dalla Norvegia, dal Sud America, ma soprattutto dagli Stati Uniti. E il discorso ritorna al fracking, la fratturazione idraulica, quella che ha consentito agli USA di raddoppiare la sua produzione in 20 anni, da quando partirono le prime sperimentazioni del fracking sullo shale gas. Dal 2000 al 2023 è salita da 510 bcm a quasi 1000 bcm e da questa abbondanza attinge gran parte del flusso di gas verso l’Europa. L’abbondanza di gas degli USA ha permesso uno dei più importanti miglioramenti ambientali a livello globale, la riduzione di emissioni di CO2 da parte degli Stati Uniti, grazie alla sostituzione del carbone con il gas, perché più conveniente, nella generazione elettrica. Questo taglio, oltre ad essere positivo per le dimensioni degli Stati Uniti, che contano per il 14 percento delle emissioni globali, è significativo del futuro del gas nel mondo, anche perché è l’America che anticipa i trend dell’industria energetica del mondo. Per affrontare il problema delle crescenti emissioni di carbonio da consumi di fossili servirà tutto, anche un maggiore impiego di gas nella generazione elettrica, soprattutto in Asia, dove la principale risorsa locale è il carbone e dove si concentrerà la crescita della domanda di elettricità dei prossimi decenni. Per questo, nella futura geografia del gas, le esportazioni verso l’Asia saranno sempre in crescita e ciò sarà motivato anche dalla questione ambientale.

 

 

Grazie all’esplosione della produzione dal fracking, gli Stati Uniti hanno raggiunto da un paio d’anni l’indipendenza energetica, quella che dagli anni ’70 era diventato uno dei loro principali problemi di politica estera. Obiettivo raggiunto prima di tutto con le maggiori esportazioni di petrolio, quello che interessa di più la Casa Bianca, ma anche grazie ai crescenti volumi di GNL venduti all’estero, in particolare all’Europa.

 

 

Il dominio del gas americano, attraverso il GNL, sul mercato internazionale è destinato a rafforzarsi nei prossimi anni con la realizzazione di nuovi impianti di liquefazione sulle coste del Golfo del Messico, dove sono già presenti una decina di terminali, alcuni in fase di espansione, altri affiancati da nuovi. È qui che arriva il grande flusso di produzione da gas da fracking dell’interno degli Stati Uniti, non distante da quel mercato, quella interconnessione, Henry Hub, dove si formano i prezzi più importanti al mondo, che attualmente sono straordinariamente più bassi di quelli europei. A metà 2023 il prezzo del gas in Europa è sceso sotto i 30 euro per Megawattora, mentre Henry Hub è a quota 6 euro per Megawattora. La media del 2022 in Europa è stata di 132 euro per il TTF, mentre negli USA è stata di 22 euro.  Queste differenze sono quelle che stanno ridefinendo la geografia del gas a livello globale, il tutto a favore degli Stati Uniti, perché ha i prezzi più bassi, non distanti dai costi di produzione, grazie alla forte competizione che si è venuta a creare per effetto dell’innovazione tecnologica fracking.

 

La fine della guerra, per una modernizzazione della Russia

 

 

La crisi del gas del 2022 dell’Europa obbliga ad una ridefinizione delle forniture con un tentativo, solo in parte riuscito a metà 2023, di affrancamento dalle importazioni dalla Russia.  Il continuo calo della produzione interna nell’Unione Europea, soprattutto dell’Olanda, ma anche dell’Italia, aveva spinto ad un incremento delle importazioni e quelle che erano più facili, più vicine, più economiche, più sensate, erano quelle dalla vicina Russia. Nessuno avrebbe mai immaginato che si potesse arrivare ad una guerra e alla necessità di affrancarsi da queste forniture. Nel 2021, prima della guerra, le importazioni di gas dalla Russia dell’Unione europea sono state di 170 bcm, il 41 percento della domanda totale di gas dell’Europa. Nel 2022 sono si scese, ma non si sono azzerate, e si sono collocate a 100 bcm, non proprio un volume da embargo. Peraltro, le importazioni di gas via tubo, sono scese da 155 a 75 bcm, compensate, però, da un raddoppio di quelle di GNL a 22 bcm. Di nuovo i vantaggi della flessibilità del trasporto via nave sono andati oltre i proclami che la politica voleva imporre. Nel 2023 il calo dalla Russia sarà ancora più pronunciato e si scenderà verso i 50 bcm, per poi arrivare ad un progressivo azzeramento verso il 2027. Nel frattempo, continueranno ad aumentare le importazioni di GNL dagli Stati Uniti, già raddoppiate nel 2022 da 22 a 43 bcm e anche nel 2023 verrà raggiunto un nuovo record verso i 60 bcm.

 

Nel più lungo termine, occorre sperare e puntare alla fine della guerra per far sì che la Russia riprenda un percorso di modernizzazione che vedrà nel gas uno degli elementi di crescita economica, condizione indispensabile per garantire stabilità nel lungo termine verso la creazione di una democrazia di stampo occidentale. La Russia rimane il paese che ha le riserve di gas più grandi al mondo, peraltro convenzionali, senza la necessità di ricorrere a produzioni difficili e invasive come il fracking. È il paese che più di altri ha bisogno di esportare gas, in particolare ai suoi vicini europei, che di gas continueranno ad averne bisogno a lungo.

Scenari

Mare nostrum

di Pier Paolo Raimondi