Il mondo nuovodi Francesco Gattei
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TRANSIZIONE

Il mondo nuovo

di Francesco Gattei

Il futuro post-Covid non potrà essere esclusivamente elettrico e digitale. Solo con questa consapevolezza sarà possibile identificare la rotta più efficace per ridurre le emissioni verso il target di neutralità carbonica.

11 min

I

l 2020 Lo abbiamo cominciato come tutti gli altri: il cenone, le vacanze all’estero cercando il caldo e le visite ai musei o le partite allo stadio.  

È durato tutto meno di 70 giorni. E dopo il “secolo breve” abbiamo testato anche “l’anno più corto”. Già a partire dal 9 marzo 2020 molte certezze della nostra vita sono saltate: come mai avvenuto in tempi di pace si sono chiuse le scuole, imposti coprifuoco e limitati i movimenti fuori di casa. La sospensione del campionato di calcio in Italia è stata la prova più tangibile che la faccenda era terribilmente seria. 

E dopo 14 mesi continuiamo a vivere questa sceneggiatura distopica fatta di compleanni via web, acquisti online, e première cinematografiche dal divano di casa. Neanche una puntata di Black Mirror era arrivata a tanto. Abbiamo vissuto questa vita sospesa, pur con diverse sfumature, in quasi tutti i continenti. Il mondo globalizzato ha scoperto rapidamente la dimensione delle ferie a chilometro zero, della mobilità ristretta, del cibo da asporto. Delle barriere ai confini cittadini come nel Medioevo; dei teatri chiusi e della scuola online.  

 

Digitalizzazione ed elettrificazione dei consumi 

A livello economico due grandi traiettorie sono emerse nel corso del 2020: è stato il trionfo della digitalizzazione degli scambi (il commercio digitale è cresciuto del 60 percento nell’ultimo anno) e delle comunicazioni e della elettrificazione dei consumi. Infatti in un contesto di caduta dei consumi energetici del 5 percento (con riduzioni dell’8,5 percento e del 6,7 percento per petrolio e carbone), la domanda elettrica è scesa solo marginalmente (-2 percento).  

Il mondo dell’immobilismo e dell’immaterialità ha anche favorito una dinamica che non ha precedenti per dimensione: la caduta delle emissioni di CO2 in atmosfera, calate del 6 percento secondo la IEA. Negli ultimi 30 anni, solo nel 2009 si era verificata una riduzione delle emissioni, ma in quel caso di circa l’1,5 percento. In realtà il marzo 2020 non è stato un mese come un altro; è stato un portale verso una nuova realtà, come nei più tradizionali film di fantascienza.  

Vi siamo entrati ed abbiamo fatto un salto in una dimensione parallela, dove abbiamo testato con successo l’enorme potenziale delle tecnologie che avevamo cominciato a creare e diffondere da poco più di un decennio. Se il Covid fosse avvenuto a inizio anni 2000 senza 5G, commercio online e mobile phone, il suo disastroso impatto economico e sociale sarebbe stato ancora più drammatico. Avremmo speso un sacco di tempo in file davanti ai supermercati, le lezioni si sarebbero svolte via telefono e lo smart working sarebbe stato impossibile.  .

 

Nel 2020, al contrario, ci siamo proiettati in quello che appare come un possibile futuro. Ed infatti attorno a questa dimensione quasi onirica della nostra esistenza si sono addensate le prospettive di un “new normal” o meglio del “mondo nuovo” del post-Covid.   

Una buona chiave di lettura ci viene data dalle dinamiche di borsa che hanno visto premiare o penalizzare in maniera straordinaria alcuni settori: da una parte i capitali si sono focalizzati sulla Information Technology, sulle auto elettriche, le fonti rinnovabili e naturalmente sul web entertainment. Il mondo nuovo aldilà del portale. Tutto elettricità e big data. In perdita invece: le case automobilistiche, le compagnie aeree, le major petrolifere, la ristorazione e gli alberghi. Il vecchio mondo fatto di molecole, di scambio fisico e di movimento appariva alle nostre spalle. Ma le cose cambiano in fretta ai tempi della pandemia. Il 9 novembre abbiamo attraversato di nuovo il portale. È stato l’annuncio del successo dei vaccini Pfizer a guidarci in quello che potrebbe essere un ulteriore scenario futuro. In cui il vecchio e il nuovo mondo tornano a convivere. Anzi abbiamo scoperto che parte di quel vecchio mondo (troppo rapidamente accantonato) ci è terribilmente caro. E sarà essenziale per la rinascita.  

 

I quattro pilastri e il super-ciclo  delle commodity 

In una umanità che sarà impegnata in un gigantesco piano Marshall per recuperare gli effetti di una perdita del Pil globale del 4 percento nel 2020 e riassorbire il debito che ammonta al 355 percento del Pil (era del 320 percento nel 2019) occorrerà ritornare a costruire, a viaggiare e muoversi in città e a consumare. E per questo alcune banche di affari come Goldman Sachs o JPMorgan prevedono l’avvio di un nuovo super-ciclo delle commodity.  

Rame, petrolio, acciaio (e di conseguenza anche carbone), mais e soia sono al centro di potenziali pressioni di domanda e, conseguentemente di prezzo.  

Non bastano bit ed elettroni per far crescere il Pil. Ci vogliono merci, trasformazioni, e molecole per assicurare all’umanità un livello adeguato di sviluppo e di sostenibilità economica.  

La nostra civilizzazione, secondo il più grande esperto di energia dei tempi attuali, Vaclav Smil, è basata su 4 pilastri: acciaio e cemento per le costruzioni, ammoniaca per la nostra catena alimentare e la plastica o i suoi derivati per i prodotti, i vestiti ed i materiali. E tutte hanno alla base due caratteristiche: richiedono combustibili fossili e le loro molecole di composizione, carbonio ed idrogeno, come feedstock e ancora combustibili fossili nei processi di trasformazione. È infatti impossibile raggiungere le temperature richieste in queste trasformazioni (1500 °C per il cemento o 800 °C per la tempra dell’acciaio) con motori elettrici.  

E questi quattro elementi sono anche alla base di tutte le nuove fonti rinnovabili (come cemento e acciaio per le pale eoliche), dei processi di mining per estrarre i minerali superconduttori che sono essenziali per i motori elettrici e, ovviamente per la costruzione delle nuove automobili a zero emissioni. Per un anno abbiamo minimizzato l’uso di questi pilastri. Ma siamo stati segregati in casa pagando un costo altissimo. Abbiamo assorbito ricchezza e siamo stati costretti a ricorrere al debito per minimizzare gli effetti dei lockdown sulla generazione di reddito.  

Il super-ciclo delle commodity è il vaccino economico che abbiamo individuato per uscire dalla pandemia. Ma questa dinamica si intreccia con una delle poche conseguenze positive della stagione Covid, il calo delle emissioni di carbonio.   

È difficile credere che la performance 2020 (il calo del 6 percento delle emissioni) possa replicarsi. Anzi è prevedibile che nel 2022 torneremo a battere nuovi record storici di gas serra in atmosfera.  

Nel corso della pandemia abbiamo avuto una ulteriore evidenza della fortissima correlazione tra crescita economica (-4 percento), commercio mondiale (-5 percento), consumi energetici (-5 percento) ed emissioni di CO2 (-6 percento).  

E ciò non sorprende se teniamo conto che la struttura energetica mondiale mostra una sostanziale stabilità in termine di intensità carbonica per unità di energia primaria consumata: per ogni tonnellata di energia prodotta (in petrolio equivalente) emettiamo 2,3 tonnellate di carbonio.  

Era sostanzialmente così nel 1990 (2,4) e non è cambiato quasi nulla neanche nel 2020 (nonostante il minor contributo degli idrocarburi nel mix annuale).  

 

La sfida climatica si vince con il realismo 

Ora la sfida del Climate Change richiede l’annullamento progressivo delle emissioni nei prossimi trent’anni con un trend annuale in linea con quella che abbiamo realizzato nel 2020. Ma lo scorso anno la riduzione delle emissioni è avvenuta attraverso un processo costoso e insostenibile per la società: massimizzando il ruolo delle attività intangibili, che si alimentano attraverso il flusso elettrico e gli scambi digitali ma che non sono sufficienti per assicurare una sufficiente portanza alla crescita del reddito mondiale.  

Il 2021 registrerà un nuovo avvio non solo per l’economia ma anche per il piano di transizione energetica e di lotta al Climate Change.  

È l’anno della COP 26, la prima conferenza sul clima che dovrà valutare i progressi rispetto agli impegni dichiarati nella COP21 di Parigi del 2015 e che dovrà registrare un ulteriore accelerazione degli obiettivi nazionali. E il primo anno dal rientro degli Stati Uniti nell’ambito dell’accordo dopo l’autoesclusione della gestione Trump. Ed infine sarà il momento di registrare il ruolo ed il peso che i vari Recovery Plan destineranno al processo di transizione.  

In realtà sarà l’occasione per attraversare un altro portale: quello di un mondo che riconosca pienamente l’essenzialità dei quattro pilastri della nostra economia e della inevitabilità delle loro trasformazioni, che richiedono feedstock e flussi energetici che hanno alla base la struttura molecolare degli idrocarburi. E della impossibilità di prefigurare un futuro esclusivamente elettrico e digitale.  

Solo con questa presa d’atto sarà possibile identificare la rotta più efficace per ridurre le emissioni verso il target di neutralità carbonica.  

E riconoscere come essenziale il contributo di tutte quelle tecnologie che assicurano rapidamente una riduzione dell’intensità carbonica: da quelle che aggiungono una componente biologica ai nostri carburanti (biofuel o biogas), ai sistemi di cattura ed/o utilizzo del carbonio a beneficio dei grandi impianti industriali. Ed infine sarà l’occasione per riconoscere il ruolo della opzione più immediata e virtuosa almeno per il breve – medio termine. La riforestazione o la difesa delle foreste, che catturano naturalmente carbonio assicurando in aggiunta una crescente capacità di assorbimento futura. 

Chissà che la sceneggiatura 2021 del nostro film di fantascienza non preveda finalmente una maggiore dose di realismo. Sarebbe veramente un grande balzo di fantasia!