Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
Una rivoluzione in 4 puntidi Robin Mills
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Scenari

Una rivoluzione in 4 punti

di Robin Mills

L’intersecarsi di tendenze di mercato lente, ma di lunga durata con le rapide evoluzioni di tecnologia, politica internazionale e politica climatica ha ridisegnato la scena mondiale del gas, spazzando via quelle che sembravano esserne le caratteristiche permanenti

17 min

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l settore del gas si muove sempre con lentezza: normalmente ci vogliono molti anni, persino decenni, perché i nuovi gasdotti e i nuovi impianti di gas naturale liquefatto (GNL) passino dalla prima concezione all’avvio della produzione. I movimenti tettonici scatenati dall’invasione russa dell’Ucraina sono molto diversi: hanno provocato (o accelerato) quattro grandi cambiamenti, veri sconvolgimenti le cui implicazioni si faranno evidenti entro il 2030.
 

 

Stop alle vendite di gas russo all’Europa

Il primo cambiamento è che l’Europa non è più un mercato importante per il gas russo, almeno per le forniture via gasdotto. Tra il 2021 e il 2022, le forniture russe via gasdotto ai paesi Far Abroad (cioè oltre i paesi ex sovietici confinanti quali la Bielorussia) sono diminuite di circa 85 miliardi di metri cubi (bcm, billion cubic meter); le forniture alla Cina sono aumentate di 5,4 bcm, con conseguente riduzione dei volumi verso Europa e Turchia di circa 90 bcm; quest’anno sono stati inviati in Europa solo 11 bcm.

In pratica, la storia delle vendite di gas sovietiche e russe all’Europa occidentale, iniziata con l’Austria nel 1968 e sopravvissuta alle vicissitudini della Guerra Fredda, alla dissoluzione dell’URSS e alle successive manovre russe sull’Ucraina, si è praticamente conclusa nell’arco di un solo anno, dopo ben 54 anni. Anche se la guerra finisse rapidamente, l’Europa non tornerebbe mai a dipendere in modo tanto forte dalla Russia. L’Europa ora importa GNL, il che decreta la fine del periodo in cui il GNL era solo un fattore di bilanciamento dopo le forniture via gasdotto.

 

la fotoUn impianto per il GNL in Cina. Il nuovo commercio di gas avverrà prevalentemente sotto forma di GNL 

Il commercio russo via gasdotto verso l’Europa rappresentava circa un terzo di tutto il commercio interregionale via gasdotto, a livello mondiale. GNL compreso, le vendite russe di gas all’Europa rappresentavano circa il 18 percento dell’intero mercato mondiale del gas. Una ridistribuzione così massiccia e rapida non ha precedenti. Dove andrà ora questo gas? La risposta si articola in cinque punti: riduzione della produzione, sviluppo dei settori alimentati a gas a livello nazionale, sfruttamento di altre vie verso l’Europa, ampliamento della capacità di GNL e dirottamento sull’Asia.

Se non c’è sbocco di mercato, i campi esistenti verranno chiusi ed esportazioni e produzione diminuiranno, proprio come accaduto finora. Data la possibilità di ulteriori sanzioni europee e le circostanze di ordine pratico legate alle dimensioni del mercato, la Russia potrebbe utilizzare internamente parte del gas di riserva, per fabbricare prodotti destinati all’esportazione, per esempio i fertilizzanti, verisimilmente destinati per la maggior parte all’Asia.

 

La Russia può trovare altre vie di accesso al mercato europeo. Parte del suo gas viene già reindirizzato, attraverso la Turchia, verso mercati come Grecia, Bulgaria e Serbia, dove il mix di importazioni azere, iraniane e di GNL ne oscura l’origine. D’altra parte, la produzione nazionale turca è destinata ad aumentare grazie alle nuove scoperte nel Mar Nero.

La Russia può anche ampliare la propria capacità di GNL. Le sue forniture di GNL all’Europa sono aumentate dai 16 bcm del 2021 ai 22 bcm del 2022, a rappresentare circa la metà delle esportazioni russe totali e compensando in piccola parte la perdita delle vendite via gasdotto. L’Arctic LNG 2 avrebbe dovuto iniziare le consegne quest’anno e raggiungere la piena capacità di 19,8 milioni di tonnellate entro il 2026. Ulteriori progetti potrebbero ampliare l’accesso al mercato dalla penisola di Yamal, mentre i mercati dell’Asia orientale si possono raggiungere percorrendo la Northern Sea Route (NRS, rotta del Mare del Nord), attraverso l’Artico.

 

la fotoIl Thaj Mahal, stato di Uttar Pradesh.Le importazioni di gas naturale liquefatto dell’India potrebbero crescere di 35 miliardi di metri cubi entro il 2030 

 

L’Unione europea (Ue) sta valutando la possibilità di vietare le importazioni di GNL russo; inoltre, gli impianti futuri dovranno affrontare problemi di finanziamento e di accesso alla tecnologia. Il progetto Arctic LNG 2 è già stato ostacolato dall’abbandono della francese Technip (progettazione) e dall’intenzione di ritirarsi manifestata da TotalEnergies; Novatek, sviluppatore degli impianti del progetto Yamal LNG, dispone di una propria tecnologia di liquefazione di cui, però, deve ancora dimostrare l’affidabilità.

Infine, la Russia può cercare nuovi mercati per il commercio via gasdotto, volgendosi all’Asia, soprattutto alla Cina. E questo ci porta al secondo grande cambiamento nel commercio mondiale di gas scatenato dalla guerra.
 

 

La domanda a lungo termine si sposta ad Est


È più di un decennio che Gazprom si propone di sviluppare il mercato cinese. Il gasdotto Power of Siberia (PoS) è operativo dalla fine del 2019. Con una capacità prevista di 38 bcm entro il 2027, l’anno scorso ha trasportato 15 bcm e si prevede che quest’anno ne trasporterà 22. Parte dal giacimento di Chayanda (Siberia orientale), con un nuovo collegamento da Kovykta, e attraversa il confine a Blagoveshchensk, per immettersi nella Cina nordorientale.

 

A gennaio Pechino e Mosca hanno firmato un accordo intergovernativo di scala minore sulla Far Eastern Route per la fornitura di 10 bcm dall’isola di Sakhalin

 

A maggio il primo ministro russo, Mikhail Mishustin, si è recato in visita a Pechino, ma è tornato senza alcun accordo sul punto principale, il previsto gasdotto Power of Siberia 2, da 50 bcm, che dalla Siberia occidentale attraverserebbe la Mongolia fino a Pechino, dando finalmente alla Russia la possibilità di trasferire il gas dai suoi ex mercati occidentali a quelli orientali. Mosca deve comunque far fronte a una concorrenza agguerrita. Il 19 maggio, a Xi’an, all’apertura del primo China-Central Asia Summit, il presidente Xi Jinping ha sollecitato l’accelerazione della Linea D dal Turkmenistan. I tre gasdotti esistenti vanno dalla repubblica centrasiatica alla Cina attraversando Uzbekistan e Kazakistan, per una capacità complessiva di 55 bcm l’anno, e nel 2022 hanno trasportato più di 40 bcm. La Linea D, con una capacità prevista di 30 bcm, attraverserebbe l’Uzbekistan e poi le repubbliche montuose di Tagikistan e Kirghizistan, per raggiungere l’ovest della Cina.

 

La Cina vuole diversificare le fonti di approvvigionamento, per strappare alla Russia e ai fornitori dell’Asia centrale condizioni migliori, incrementare la produzione interna e aumentare le importazioni di GNL, gestendo al contempo l’esposizione alla vulnerabilità delle rotte marittime. I prezzi elevati e i lockdown dovuti al Covid-19 hanno visto le importazioni cinesi di GNL scendere a 87 bcm dai 109 bcm del 2021, mentre nel 2021 il consumo interno è stato di 379 bcm, con 209 bcm provenienti dalla produzione nazionale.

 

 

Aumentare l’uso del gas è importante per ridurre l’inquinamento atmosferico urbano e contribuire alla decarbonizzazione

 

Con la domanda totale cinese stimata in circa 550 bcm al 2032, se la produzione rimane ai livelli attuali, i gasdotti esistenti e quelli pianificati (a piena capacità), più 150 bcm dovrebbero bastare. Più probabilmente, la Cina punterà a una produzione più elevata e a un eccesso di capacità via gasdotto, e si assumerà il compito, prima spettante all’Europa, di bilanciare il mercato mondiale del GNL.

Nel frattempo, i principali importatori asiatici tradizionali di GNL vedranno un calo complessivo del fabbisogno fino all’inizio del decennio del 2030, grazie alla maturazione delle economie, a un maggiore utilizzo delle energie rinnovabili e dell’idrogeno e, in Corea del Sud e in Giappone, a un ritorno all’energia nucleare. Anche la nuova domanda di GNL in Europa inizierà a diminuire entro il decennio del 2030. Le importazioni dall’America Latina non sono di volume importante, sono volatili, secondo le condizioni climatiche, e probabilmente rimarranno anch’esse stabili, oppure si contrarranno.

 

Nel 2022 gli importatori del sud del mondo e del sud-est asiatico che avevano scommesso sul GNL sono stati penalizzati dai prezzi elevati e dall’indisponibilità dell’offerta, ma insieme alla Cina saranno comunque una componente chiave per la crescita della domanda a lungo termine. Il crescere del loro fabbisogno nei primi anni Trenta di questo secolo vedrà il commercio del GNL spostarsi nuovamente verso est, dopo la svolta verso ovest. Le importazioni di GNL della sola India potrebbero crescere di circa 35 bcm; Pakistan, Bangladesh e Singapore sono mercati più piccoli; Filippine e Vietnam sono i nuovi arrivati, e la loro domanda può crescere rapidamente, ma è essenziale che vi sia accessibilità economica rispetto al carbone.

 

 

Il nuovo commercio avverrà sotto forma di GNL

 

Il terzo cambiamento riguarda la provenienza del gas. A parte la Cina, il nuovo commercio di gas avverrà prevalentemente sotto forma di GNL. L’ampliamento dei gasdotti verso l’Europa, dal Mar Caspio, dal Medio Oriente e dal Mediterraneo orientale, è fattibile in termini tecnici e commerciali, ma deve scontrarsi con gli ostacoli politici e con la riluttanza del continente a promuovere nuove infrastrutture per i combustibili fossili.

Dopo un periodo con pochissime decisioni d’investimento, l’aumento dei prezzi e la spinta alla sicurezza dell’approvvigionamento hanno finalmente ravvivato l’interesse per i nuovi impianti di liquefazione.

La maggior parte della nuova fornitura proverrà dagli Stati Uniti e dal Qatar. Entro il 2027 l’ampliamento del North Field East e del North Field South porteranno la capacità del Qatar da 105 a 171 bcm l’anno. Grazie alla scala dimensionale, alle strutture esistenti, agli idrocarburi liquidi associati e a un progetto di cattura delle emissioni di anidride carbonica, questo GNL avrà i costi e le emissioni carbonio più bassi al mondo.

 

Doha sta conducendo trattative complicate con gli acquirenti, con la richiesta di contratti a lungo termine difficili per gli attori europei

 

Nel novembre 2022, la cinese Sinopec ha concluso un contratto per l’acquisto di 4 milioni di tonnellate l’anno per 27 anni, e nell’aprile del 2023 ha assunto una partecipazione dell’1,25 percento nel progetto North Field East, novità assoluta per una società cinese.

Quando questi ampliamenti diverranno operativi, gli Stati Uniti saranno il principale fornitore mondiale, con circa 230 bcm di capacità distribuiti su numerosi progetti. Fornitori emergenti sono anche il Messico, che utilizza il gas statunitense riesportato, e il Canada. L’offerta nordamericana sarà flessibile sulla destinazione, ma dovrà gestire le sfide dei costi del feedstock a monte, della capacità dei gasdotti, dei cambiamenti delle politiche governative e dell’impronta di gas serra. Inoltre, essa lega più strettamente l’Henry Hub al mercato mondiale: quando lo spread scende troppo, come è successo nei primi giorni della pandemia di Covid-19, la produzione statunitense di GNL può essere flessibile, dando una sorta di price floor.

 

la fotoAutobus a idrogeno, Londra. Secondo lo scenario Net Zero dell’IEA, nel 2030 la domanda mondiale di idrogeno raggiungerà i 180 milioni di tonnellate 

 

L’Africa, nel suo insieme, costituisce la terza grande area di crescita, guidata dal Mozambico (a patto che il paese riesca a superare i problemi di sicurezza nella sua parte settentrionale), cui si aggiungono Mauritania, Senegal, Repubblica del Congo, il tanto atteso Train 7 della Nigeria e i recenti progressi, dopo il lungo stallo, dei piani per la Tanzania. La produzione africana potrebbe raddoppiare entro il 2030. A completare il quadro globale a medio termine sono l’ampliamento negli Emirati Arabi Uniti, il debottlenecking in Oman e alcuni nuovi progetti in Australia, come Scarborough, Barossa e forse Browse, oltre che nel sud-est asiatico.

 

 

La concorrenza dei nuovi vettori energetici

Infine, c’è la concorrenza al gas da parte dei nuovi vettori energetici. I cavi elettrici ad alta tensione a corrente continua a lunga percorrenza, come quelli in costruzione o proposti dall’interno alle coste della Cina, dal Marocco al Regno Unito e dall’Australia a Singapore, possono contribuire a sostituire parte del gas e del carbone con energie rinnovabili.

Ma soprattutto, il nuovo sistema energetico introduce per la prima volta l’idrogeno come importante merce di scambio. Questo elemento, il più leggero in assoluto, può essere trasportato allo stato gassoso, verisimilmente con gasdotti a corta o media distanza, oppure sotto forma di derivati quali ammoniaca, metanolo e liquidi sintetici.

 

L’idrogeno blu si ricava dal gas naturale mediante cattura e stoccaggio del carbonio, e pertanto, pur eliminando in gran parte l’impronta di carbonio, aumenterebbe la domanda di gas. L’idrogeno verde si ricava per elettrolisi dall’acqua, con energia rinnovabile, ed è quindi un rivale più forte, in Europa.

 

L’Inflation Reduction Act statunitense prevede incentivi molto generosi per la produzione di idrogeno

 

Diversi importanti produttori di gas quali Australia, Norvegia, Egitto, Arabia Saudita, Oman ed Emirati Arabi Uniti puntano a diventare leader dell’esportazione di idrogeno, affrontando la concorrenza di altri paesi, africani e dell’America Latina, con condizioni favorevoli per le rinnovabili.
 

 

L’idrogeno dovrebbe competere con il gas naturale nell’industria pesante, in particolare nei fertilizzanti, nella siderurgia e nella raffinazione del petrolio, e potrebbe sostituire il petrolio nel trasporto marittimo e nell’aviazione a lungo raggio. Il suo futuro nella generazione di energia sembra essere principalmente lo stoccaggio a lungo termine per i fabbisogni stagionali, a supporto delle rinnovabili, mentre molto meno promettente appare il suo impiego per il riscaldamento domestico e il trasporto terrestre.

 

Europa, Giappone e Corea del Sud produrranno internamente piccole quantità di idrogeno e saranno i principali pionieri della sua importazione. Una fonte diversificata e a basse emissioni di carbonio è un contributo gradito al miglioramento della sicurezza energetica. Gli attuali costi di produzione sono elevati ma dovrebbero scendere, e sono comunque ben al di sotto degli spaventosi picchi toccati dal gas nel 2022.
 

L’aumento dell’idrogeno verde equivale a circa 300 bcm di gas naturale: una concorrenza importante

Secondo lo scenario Net Zero dell’International Energy Agency (IEA), nel 2030 la domanda mondiale di idrogeno raggiungerà i 180 milioni di tonnellate contro i circa 100 milioni di tonnellate attuali, praticamente tutti provenienti da combustibili fossili.

L'intersecarsi di tendenze di mercato lente ma di lunga durata con le rapide evoluzioni di tecnologia, politica internazionale e politica climatica ha ridisegnato la scena mondiale del gas, spazzando via quelle che sembravano esserne caratteristiche permanenti. Mentre tracciamo una nuova rotta, possiamo pensare di sapere dove stiamo andando, ma solo nel 2030 sapremo davvero se siamo sulla strada giusta per la destinazione che ci proponiamo.