La via cinesedi Rebecca Arcesati
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Le tre sfide del Dragone

La via cinese

di Rebecca Arcesati

L’ambizione di Pechino di una supremazia nell’intelligenza artificiale rappresenta una corsa al potere sul fronte economico, geopolitico, energetico e computazionale. Ma per sfruttare le potenzialità dell’IA la Cina dovrà affrontare sfide importanti, interne ed esterne

17 min

La Cina ha individuato nell’intelligenza artificiale (IA) una tecnologia strategica per rafforzare la sua competitività, potenziare le sue capacità militari e migliorare la governance e le capacità di sorveglianza di massa del Partito Comunista Cinese (PCC). Il leader del partito e della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping considera l’intelligenza artificiale nell’ottica della sicurezza nazionale e della geopolitica: “Chiunque saprà cogliere le opportunità del nuovo sviluppo economico, come i big data e l’intelligenza artificiale, avrà il polso della situazione”, ha affermato il presidente cinese davanti ai membri dei BRICS a giugno 2022. Xi descrive spesso l’attuale rivoluzione tecnica e industriale trainata dall’intelligenza artificiale come un’opportunità senza precedenti per la Cina di “superare in curva” (cioè superare le economie avanzate) e tornare a occupare il posto che le spetta come potenza mondiale.  

 

 

 

Grazie al sostegno del governo e ai forti legami fra l’industria e i laboratori accademici statali, l’ecosistema dell’intelligenza artificiale cinese ha raggiunto risultati impressionanti, come si evince dal crescente volume e dalla qualità sempre maggiore dei risultati ottenuti nella ricerca, dal vasto bacino di talenti in rapida crescita, dalla portata degli investimenti pubblici e privati e dalla rapida adozione dell’intelligenza artificiale in diversi settori. Il lancio di ChatGPT a novembre 2022 ha mandato in estasi il settore dell’IA generativa cinese, inducendo almeno 50 aziende a sviluppare modelli linguistici di grandi dimensioni, da grandi aziende tecnologiche come Baidu e Huawei a startup come Zhipu AI e 01.AI. Si ritiene che le società cinesi abbiano uno o due anni di ritardo rispetto alle omologhe statunitensi, sebbene alcune ottengano risultati piuttosto buoni secondo vari parametri di riferimento.  

 

 

la fotoLa Cina ha acquisito una sempre maggiore centralità nella formazione dei talenti nel campo dell’intelligenza artificiale

 

 

Questo articolo si concentra su tre sfide chiave che la Cina deve affrontare per sfruttare l’intelligenza artificiale generativa e altre innovazioni dell’IA per trasformare la sua economia: adottare l’IA per aumentare la produttività, gestire l’enorme consumo energetico dei sistemi di intelligenza artificiale e ovviare all’accesso limitato alle tecnologie straniere nel comparto dei semiconduttori. In conclusione, si illustrano alcune implicazioni per l’Europa. 

 

 

Migliorare la produttività attraverso l’IA:  più facile a dirsi che a farsi  

Da quando è salito al potere nel 2012, Xi Jinping ha dato priorità alla sicurezza nazionale, alla resilienza e agli obiettivi geopolitici del paese rispetto alla crescita economica, all’efficienza e alle riforme orientate al mercato. Il presidente cinese crede in un’economia guidata dallo stato in cui il partito al potere indirizza le risorse verso le tecnologie e le industrie che ritiene strategiche. Xi considera l’intelligenza artificiale una forza trainante essenziale per la “nuova produttività di qualità” e per l’ammodernamento della base manifatturiera del paese, che egli considera come la principale fonte del vantaggio competitivo cinese. Queste le sue parole: “l’effetto ‘oca di testa’ dell’intelligenza artificiale avrà delle ripercussioni su altri settori e darà nuovo impulso all’innovazione”.  

 

 

La priorità della Cina è dunque quella di applicare l’IA all’“economia reale”, incrementando così la produttività nei settori economici tradizionali come la produzione manifatturiera. L’economia attraversa una lunga fase di recessione, a cui si aggiungono il rapido invecchiamento della popolazione e la decelerazione della produttività. La risposta del governo è favorire l’ammodernamento industriale nel solco della tecnologia e dell’innovazione, un obiettivo che è stato al centro dell’attenzione della terza sessione plenaria del PCC tenutasi, in ritardo, a luglio. Per attuare questa visione, i decisori politici stanno promuovendo un’iniziativa denominata ‘AI Plus’ (AI+), che rispecchia gli sforzi compiuti a partire dal 2015 per rivoluzionare l’economia e la società cinesi attraverso internet e le tecnologie per l'informazione e le telecomunicazioni. Il piano prevede, tra l’altro, di stimolare la domanda per l’adozione di modelli linguistici di grandi dimensioni (large language model, LLM) e di altri sistemi di intelligenza artificiale nei settori tradizionali al fine di aumentare l’efficienza. 

 

Nonostante l’entusiasta adesione di Pechino al tecno soluzionismo, la storia insegna che trasformare un’economia in una potenza high-tech non è un’impresa da poco. L’intelligenza artificiale non fa miracoli e da sola difficilmente potrà risolvere i problemi strutturali dell’economia cinese.

 

In effetti, si potrebbe obiettare che il Giappone, a cui Xi ha fatto implicitamente riferimento con l’analogia dell’“oca di testa”, non è riuscito a raggiungere il suo potenziale malgrado il modello di sviluppo adottato. D’altro canto, il successo della strategia basata sulla tecnologia del PCC nel guidare la crescita è tutt’altro che garantito; gli investimenti nell’intelligenza artificiale e in altre tecnologie emergenti dovranno stimolare la produttività in altri settori dell’economia. I precedenti interventi finalizzati a promuovere una “manifattura intelligente” servano da monito. Jeffrey Ding, uno dei principali studiosi della strategia cinese in materia di tecnologia e intelligenza artificiale, parla di “deficit di diffusione” del potere scientifico e tecnologico della Cina rispetto alla sua capacità di innovazione.  

 

 

la fotoIl governo cinese sta promuovendo un’iniziativa chiamata ‘AI Plus’ che punta a rivoluzionare l’economia e la società cinesi attraverso l’intelligenza artificiale e le tecnologie dell’informazione. In foto, un razzo disegnato nel cielo di Nanchino da 2.022 droni durante le celebrazioni del 70° anniversario della fondazione dell’Università di aeronautica di Nanchino

 

 

La tentazione di esaltare le crescenti capacità di innovazione della Cina in ambito IA, citando il numero di articoli accademici di grande impatto presi come riferimento o i laureati in informatica, è forte, ma la realtà è più sfumata. Ad esempio, non sorprende che la politica del governo cinese dia priorità al talento e all’istruzione, dal momento che il paese risente tuttora della carenza di lavoratori qualificati nell’IA nonostante un bacino di talenti in rapida crescita. Inoltre, la Cina presenta uno squilibrio tra domanda e offerta di lavoro qualificato e la disoccupazione giovanile resta elevata. Per quanto possa sembrare paradossale per un’economia la cui popolazione in età pensionabile rappresenterà il 39 percento del totale entro il 2050, un’automazione troppo rapida potrebbe provocare uno tsunami nel fragile mercato del lavoro cinese.  

 

 

Un compromesso tra ambizioni in materia  di IA e obiettivi climatici   

L’IA potrebbe destabilizzare non solo il mercato del lavoro cinese, ma anche i sistemi energetici e le infrastrutture del paese. Nonostante la riluttanza delle grandi aziende tecnologiche a riconoscere il problema – o a svelare il reale consumo energetico dei data center – l’IA e in particolare gli LLM che richiedono un’enorme intensità di elaborazione creano un’enorme pressione sulle nostre risorse naturali e sui nostri sistemi energetici. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) stima che entro il 2026 i data center cinesi rappresenteranno circa il 6 percento della domanda totale di elettricità del paese. Nel frattempo, per generare elettricità e raffreddare i data center sono necessarie enormi quantità di acqua. La China Water Risk con sede a Hong Kong stima che entro il 2030 il consumo totale di acqua da parte dei centri dati cinesi potrebbe superare i 3 miliardi di metri cubi, un volume che equivale all’incirca al consumo annuo di acqua per uso residenziale di tutta Singapore.  La “guerra dei cento modelli di IA” a cui stiamo assistendo potrebbe portare a una concorrenza sconsiderata tra le varie aziende del comparto, facendo deragliare la transizione verde della nazione.

Per la Cina, conciliare le ambizioni in materia di intelligenza artificiale con gli obiettivi climatici sarà una sfida epocale

Pechino prevede di raggiungere il picco delle emissioni di CO2 entro il 2030 e sta passando a un sistema di riduzione delle emissioni a due vie. Anziché limitare il consumo di energia, la Cina cercherà di controllare sia l’intensità di carbonio per unità di PIL sia il volume totale delle emissioni di gas serra. Anche se la Cina è leader mondiale nella produzione di energia da fonti rinnovabili, fattori socioeconomici strutturali e colli di bottiglia nella rete elettrica costringono tuttora il paese a fare affidamento sul carbone per due terzi del suo mix energetico. Considerando il ritmo a cui l’infrastruttura di elaborazione si espande per soddisfare la sete di potenza di calcolo degli LLM, c’è il rischio che il sistema energetico cinese non riesca a tenere il passo con il boom dell’IA. Il governo sta cercando di affrontare il problema spostando i data center e gli hub informatici nelle vicinanze di fonti di energia più pulite e più economiche, fissando al contempo obiettivi sempre più ambiziosi in termini di intensità energetica di tali centri e incoraggiando un maggiore coordinamento delle risorse informatiche.  

Di sicuro, l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare anche un’opportunità per il settore energetico cinese

I decisori politici e ricercatori affiliati allo stato stanno cercando di promuovere l’idea di uno sviluppo sinergico della potenza di calcolo, dell’IA e dell’economia energetica attraverso il concetto di “smart energy brain” (cervello energetico intelligente). Un progetto guidato dallo stato, il Sistema Tianshu-1, avrebbe ridotto il consumo energetico di oltre il 15 percento integrando l’intelligenza artificiale e i big data con funzioni quali previsione, gestione e manutenzione delle reti elettriche. Gli sviluppatori di LLM cinesi attingono all’IA nel tentativo di attrarre nuovi clienti e creare modelli su misura per determinati scenari applicativi. Ad esempio, China Southern Power Grid sta lavorando con Baidu per creare una serie di modelli per il settore energetico. Tuttavia, la buona riuscita di tutti questi sforzi è tutt’altro che garantita. 

 

 

I controlli statunitensi sulle esportazioni  dei semiconduttori  

Queste sfide interne sono inoltre amplificate da fattori esterni, in particolare dalla dipendenza della Cina dalla tecnologia statunitense dei semiconduttori per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Una “corsa agli armamenti dell’intelligenza artificiale” sempre più a somma zero è diventata un tema centrale nella competizione strategica tra due grandi potenze, Cina e Stati Uniti. Nell’ottobre 2022, l’amministrazione Biden ha iniziato a limitare l’esportazione di tecnologie avanzate per semiconduttori verso la Cina, con particolare riferimento alle unità di elaborazione grafica (GPU) all’avanguardia, un tipo di circuito integrato in grado di eseguire calcoli matematici ad alta velocità, che per questo motivo è adatto per attività di apprendimento automatico. I controlli riguardano anche gli strumenti, i software e il capitale umano necessari per produrre chip avanzati. Le restrizioni, innescate dall’aggressiva strategia di fusione militare-civile e dagli autoritari programmi di sorveglianza pubblica di Pechino, sono state inasprite a ottobre 2023 e se ne prevedono altre. 

 

 

I controlli sulle esportazioni introdotti dagli Stati Uniti, i quali si applicano anche al di là dei confini statunitensi, esercitano un’ulteriore pressione sulla produzione di energia della Cina, poiché costringono le aziende cinesi a svolgere attività di intelligenza artificiale usando grandi quantità di chip vecchi e poco efficienti. Il ceo di DeepSeek, uno sviluppatore cinese di LLM, ha candidamente dichiarato che gli LLM indigeni necessitano di risorse informatiche quattro volte superiori a quelle dei concorrenti statunitensi per ottenere risultati della generazione precedente. Uno studio recente pubblicato da esperti dell’Università di Yale ha stimato che l’energia che la Cina potrebbe risparmiare se avesse accesso a chip soggetti a restrizioni all’esportazione per alimentare i suoi progetti di data center sarebbe pari al consumo energetico annuo di circa 12.000-67.000 famiglie americane. Al di là dell’ottimizzazione hardware, lo studio ha scoperto che in uno scenario protezionistico diminuiscono le probabilità di miglioramenti degli algoritmi, e che potenzialmente le big tech americane e cinesi potrebbero arrivare a sprecare l’equivalente del consumo energetico annuale di 1,8 milioni di famiglie statunitensi. 

 

Poiché per consolidare il panorama dell’intelligenza artificiale generativa la Cina deve fare ancora parecchia strada, vi sono molti operatori che si contendono le scarse risorse informatiche disponibili. Incoraggiante è il fatto che alcuni laboratori accademici e aziendali portano avanti ricerche avanzate nell’ambito della “brain-inspired intelligence” (intelligenza ispirata al cervello). Gli approcci neuromorfici privilegiano modelli meno dispendiosi in termini energetici, ispirati alla struttura del cervello, rispetto all’attuale paradigma di scalabilità delle reti neurali. Si tratta di un campo promettente a livello internazionale, in cui gli scienziati cinesi fanno grandi progressi. Tuttavia, alla luce della forte competizione geopolitica per realizzare modelli più grandi e più efficaci, sembra improbabile che la Cina possa riformulare in toto la sua inefficiente strategia di sviluppo dell’intelligenza artificiale. 

 

 

la fotoGià nel 2019, i ricercatori cinesi rappresentavano una parte significativa della comunità globale, costituendo un decimo dei più prestigiosi esperti di IA. Nel 2022, sono arrivati al 26%, sfiorando il primato degli Stati Uniti

 

Implicazioni della strategia IA cinese per l’Europa  

Nonostante le sfide esaminate in questo articolo, grazie ai suoi progressi la Cina è, insieme agli Stati Uniti, il contendente di maggiore rilievo nella competizione sull’IA. I decisori politici, i legislatori, le aziende e la società civile europei non possono più permettersi di ignorare l’ecosistema di intelligenza artificiale cinese, dal momento che si va verso la creazione di sistemi di intelligenza artificiale all’avanguardia. Ci sono almeno due priorità che l’Europa deve considerare nel tentativo di difendere il suo posto nella geopolitica della tecnologia.  

 

In primo luogo, come evidenziato da una ricerca MERICS, gli ecosistemi di intelligenza artificiale europei e cinesi sono più profondamente interconnessi di quanto comunemente si pensi, soprattutto attraverso la collaborazione nella ricerca. Ma l’approccio guidato dallo Stato, gli obiettivi geopolitici e le ambizioni di predominio della Cina in questo campo giustificano un approccio basato sul rischio alla collaborazione con partner con sede in Cina – aziende, università e altre organizzazioni che svolgono attività di ricerca. Politiche e regolamenti del governo degli Stati Uniti, alcuni dei quali hanno un ambito di applicazione extraterritoriale o potrebbero averlo in futuro, complicheranno ulteriormente questo delicato equilibrio tra sicurezza nazionale, sviluppo tecnologico etico e responsabile e competitività. I governi hanno un ruolo importante nel garantire che l’Europa mantenga la propria influenza nel mondo dell’intelligenza artificiale, anzitutto promuovendo l’innovazione in questo campo, ma anche proteggendo i talenti e le tecnologie locali, di modo che non vengano assorbiti dalle big tech americane e cinesi. 

 

In secondo luogo, l’Europa non ha ancora formulato una visione chiara rispetto a come intende coinvolgere la Cina nella governance globale dell’intelligenza artificiale. Il governo cinese ha elaborato e applica normative IA che sono a oggi tra le più ambiziose su scala mondiale. Persegue una diplomazia dell’intelligenza artificiale proattiva a due vie, focalizzata contemporaneamente sul posizionamento della Cina come leader dei paesi in via di sviluppo e sul dialogo con l’Occidente per affrontare preoccupazioni comuni sulla sicurezza e su possibili rischi catastrofici. Sono inoltre in corso colloqui bilaterali con gli Stati Uniti sui rischi dell’IA, nonostante le divergenze.

 

Inoltre, la Cina ha cofirmato la Dichiarazione di Bletchley, frutto dell’AI Safety Summit ospitato dal Regno Unito nell’autunno del 2023. Tuttavia, con poche eccezioni, l’UE ha mostrato ben poco interesse a guardare oltre le differenze politiche e ideologiche per comprendere meglio e ingaggiare selettivamente l’approccio cinese alla regolamentazione di questo insieme di tecnologie potente e trasformativo.