
L'egemonia del Dragone
Le ambizioni cinesi
Pechino rafforza la sua presenza nell’Artico con missioni scientifiche, investimenti infrastrutturali e cooperazione con Mosca. Tra nuove rotte commerciali e strategie geopolitiche, la Cina punta a un ruolo chiave nella regione polare
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ualche settimana prima dell’insediamento di Donald Trump come nuovo presidente a Washington, lo scorso gennaio, una notizia ha riportato l’attenzione sul mondo artico. Il nuovo inquilino della Casa Bianca non aveva ancora espresso nessuna intenzione sulla Groenlandia, ma l’annuncio era atteso e rifletteva il crescente interesse di un altro attore politico nella regione polare. A fine 2024 è stata varata la Tan Suo San Hao, una nuova nave cinese per l’esplorazione globale delle profondità marine, segnando una pietra miliare nelle ambizioni marittime di Pechino. Con una lunghezza di 104 metri e un dislocamento di 10.000 tonnellate, questa unità della flotta di ricerca cinese vanta anche avanzate capacità rompighiaccio. Secondo diversi media cinesi, Pechino si appresta a diventare la seconda nazione, dopo la Russia, a raggiungere il fondale marino artico, con l’obiettivo di lanciare la prima missione con equipaggio per esplorarne il suolo.
Era il 2007 quando Mosca impresse un’accelerazione alla questione artica, piantando una bandiera di titanio sul fondale del Polo Nord, a rivendicazione della “terra nullius” del territorio subacqueo. Ma quel gesto non era solo simbolico: la Russia stava inviando un messaggio tanto semplice quanto denso di implicazioni geopolitiche. Così come sulla Luna, anche questo mondo sconosciuto era stato “conquistato” e ora veniva reclamato.
L’alleanza con Mosca
Molto è cambiato da allora, soprattutto sul piano politico, economico e ambientale. Dopo l’attacco russo all’Ucraina, i lavori dell’Arctic Council – l’unico foro internazionale deputato a gestire le tematiche polari regionali, con la partecipazione di tutti e otto gli Stati artici e numerosi membri osservatori, tra cui l’Italia – sono stati bloccati. Oggi la presidenza di turno è della Norvegia, che ha cercato di riavviare le attività, seppur con un’intensità ben inferiore a quella precedente. A maggio, la chairmanship passerà alla Danimarca, che dovrà affrontare una delle fasi storiche più delicate degli ultimi anni, in particolare per la complessa questione groenlandese.
Ogni elemento è connesso all’altro e, se questa è una verità universale, lo è ancor di più in un intricato intreccio di scienza, politica ed economia che definisce l’Artico contemporaneo.
Se la Cina è tutto fuorché un paese costiero del Mar Glaciale Artico, è anche vero che le sue ambizioni economiche e politiche puntano fortemente anche su queste latitudini. La prossima missione artica della Tan Suo San Hao, costruita dalla China State Shipbuilding Corporation, riflette solo alcuni di questi aspetti, perché si prevede che la spedizione verrà condotta entro la fine di quest’anno e si inserisce nel quadro delle recenti attività marittime cinesi nella regione. All’inizio di ottobre 2024, nel giorno del settantacinquesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare, alcune navi della guardia costiera di Pechino sono entrate per la prima volta nel Mar Glaciale Artico per effettuare un’esercitazione congiunta con unità omologhe russe. Poco prima dell’esercitazione, il diplomatico cinese Ma Xinmin aveva incontrato il collega russo Nikolay Korchunov, già ambasciatore della Federazione per l’Artico e ambasciatore russo in Norvegia, analizzando ulteriormente il futuro delle rotte marittime artiche, lo sviluppo energetico e infrastrutturale, e la cooperazione scientifica nella regione. Un incontro che si è posto come naturale prosecuzione dell’accordo firmato tre mesi prima tra il premier cinese Li Qiang e il primo ministro russo Michail Mišustin, finalizzato proprio allo sviluppo delle rotte artiche.

Nell’incontro erano state rilasciate dichiarazioni rilevanti riguardo alla volontà di intensificare la “cooperazione reciprocamente vantaggiosa nell’Artico”, e di creare un “dialogo pratico” all’interno di una sottocommissione istituita appositamente per la gestione della rotta marittima. Nonostante le dichiarazioni, le visioni di Russia e Cina sui principi della governance artica presentano alcune divergenze. Fino a febbraio 2022, gli esperti ritenevano che eventuali disaccordi sul regime giuridico dell’Artico, e in particolare sulla NSR, potessero essere risolti attraverso un “dialogo razionale”. Tuttavia, da allora la Russia ha adottato diverse leggi in materia, mentre la Cina, nella sua politica artica, ha mantenuto un’interpretazione piuttosto ambigua del diritto internazionale. Il documento ufficiale cinese afferma infatti che “la Cina protegge gli interessi di tutti i Paesi e della comunità internazionale”, il che sembra riflettere una mancata accettazione esplicita dei confini marittimi russi nell’Artico.
Sempre la scorsa estate, la Cina aveva posizionato ben tre navi rompighiaccio nella regione, dimostrando una sempre maggiore capacità di esprimere nuove unità polifunzionali in una zona distante dalla sua naturale posizione geografica. Ma la cui importanza ha meritato anche un paragrafo dedicato all’interno dell’ultimo piano quinquennale. Va sottolineato che le attività di Pechino non hanno mai toccato alcuna corda legata al possesso o ai conflitti, ma vengono proposte come cooperative, inclusive e di supporto e ricerca scientifica, pur tradendo una grande volontà implicita di essere parte importante dello sviluppo di questo mondo.
La partita sulle rotte
Nel 2018 la Cina si autodefinì “A near-Arctic State”, con una dichiarazione bizzarra ma esplicita. Nonostante le sue coste siano ben lontane dall’area, le navi commerciali che salpano ogni giorno dai suoi porti potrebbero presto puntare sul Nord, anziché verso la più classica rotta marittima a Sud. La rotta marittima di Nord-Est, la cosiddetta Northern Sea Route, passa infatti nelle gelide acque oltre i 24mila chilometri di costa russa che si affacciano sull’Artico, e i piani di sviluppo di Mosca non lasciano spazio a grandi interpretazioni. Se già oggi Mosca conta sulle estrazioni di idrocarburi dell’area per il 14 percento del suo PIL, sa anche che il futuro della navigazione commerciale potrebbe vedere in queste aree il suo massimo sviluppo. Una qualunque portacontainer panamax sarebbe già in grado di raggiungere gli scali europei con un risparmio medio di 10-12 giorni di navigazione, ma ovviamente le condizioni ambientali e climatiche incidono ancora in maniera significativa sul possibile incremento dei volumi di traffico. La rotta marittima, già esistente e aperta, ha visto ridursi notevolmente le sue ambizioni dopo la raffica di sanzioni occidentali nei confronti della Russia, negli ultimi tre anni. Ma la Cina punta fortemente su questo scenario, potendo così sganciarsi (almeno in parte) da una rotta marittima controllata in tutti i suoi choke-points dagli Stati Uniti e dai loro alleati.
La Rotta Artica è sempre stata una delle priorità del Cremlino in quanto estensione naturale del Russisk mir, e la strategia artica di Mosca includeva l’ambizione di incrementare i volumi sulla rotta fino a 80 milioni di tonnellate entro il 2024, e oltre 130 milioni di tonnellate entro il 2030. Il progressivo e inesorabile mutamento dello scenario glaciale dell’Artico, soprattutto per quanto riguarda la stagione estiva, potrebbe portare entro pochi anni a estati completamente prive di ghiaccio marino, lasciando mari aperti dove prima restavano immense isole ghiacciate ad aspettare l’inverno e il nuovo congelamento. Uno spazio che il commercio internazionale è pronto a occupare con molti nuovi transiti, anche di scafi non adatti alla navigazione polare. Lo scorso settembre la NewNew Star, una nave portacontainer battente bandiera di Hong Kong, è diventata la più grande nave non ice-class a transitare nell’Artico. Il 4 settembre, l’imbarcazione ha attraversato lo Stretto di Bering e ha iniziato a navigare attraverso la Northern Sea Route. Con una stazza lorda di 35.975 tonnellate e una lunghezza di 231 metri, la NewNew Star supera per dimensioni tutte le precedenti navi portacontainer che hanno navigato nell’Artico. La Yangpu NewNew Shipping Company, società armatrice della nave, aveva già messo in connessione porti cinesi e russi, ma utilizzando diverse navi portacontainer più piccole e dotate di capacità rompighiaccio.
Ma le intenzioni di Pechino puntano anche ben oltre la singola, per quanto redditizia, rotta marittima commerciale. A dicembre 2024 è stato inaugurato il nuovo aeroporto di Nuuk, la capitale groenlandese, che finalmente potrà godere di un accesso più diretto dei voli commerciali di tutto il mondo. Un risultato che sembra poca cosa, ma che rappresenta un trampolino di lancio importante per l’economia, il turismo e anche la politica dell’isola. Questa infrastruttura, che verrà poi seguita da altri due nuovi scali entro breve, era stato il tentativo più manifesto della Cina di entrare nella partita artica, bloccata dall’alzata di scudi di Danimarca e Stati Uniti. Era il 2018, quando Pechino si propose come grande finanziatore del nuovo aeroporto di Nuuk. L’operazione, ben vista dagli abitanti ma bloccata all’istante dai “padroni di casa”, rappresentava la volontà precisa cinese di essere protagonista dello sviluppo regionale. In materia economica prima, e politica poi. All’Arctic Circle Assembly di Tórshavn, alle Isole Fær Øer, Gao Feng, Rappresentante Speciale per gli Affari Artici della Repubblica Popolare Cinese, ci disse: “Eppure per noi si tratta semplicemente di un investimento. La Cina non ha nessuna intenzione di creare problemi, però è chiaro che la nostra volontà sia quella di investire nella regione, soprattutto andando a sviluppare porti e infrastrutture per far crescere anche il turismo. La Cina punta a creare un grande piano di connettività, e le azioni che vogliamo intraprendere nell’Artico vanno lette nel contesto della strategia artica cinese pubblicata lo scorso gennaio e nella cornice della più ampia questione Belt and Road Initiative”. Sette anni dopo, la condizione è mutata profondamente negli scenari politici dell’area, ma Pechino non rinuncerà al suo posto al gelo.