I ghiacciai, il termometro del pianeta di Roberto Di Giovan Paolo

Cambiamento climatico

I ghiacciai, il termometro del pianeta 

di Roberto Di Giovan Paolo

Dopo l’anno più caldo, nel 2024 la giornata mondiale Onu dedicata ai ghiacciai si è trasformata e il 2025 è divenuto l’anno volto alla conoscenza e, possibilmente, a trovare soluzioni e cooperazione tra gli Stati. Ad oggi la percentuale di neve perenne risulta diminuita notevolmente e non si tratta solo di un danno paesaggistico, considerando che parliamo di oltre il 60 per cento della riserva di acqua dolce delle catene montuose delle Alpi o dell’Himalaya.

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A marzo c'è stata la giornata mondiale dedicata ai ghiacciai. Ma la situazione climatico ambientale dei ghiacciai perenni è davvero molto al di là di ogni pessimistica previsione. Per questo le Nazioni Unite hanno pensato di dedicare non solo una giornata specifica di informazione e coinvolgimento globale, come gli altri anni, ma tutto il 2025 alla preservazione dei circa 275mila ghiacciai ufficialmente riconosciuti del pianeta. Non si tratta di un problema paesaggistico. Lo è anche, ovviamente, perché le montagne sono spesso ricordate per il ghiaccio perenne e la loro vista fa parte della memoria individuale e collettiva dei popoli delle montagne e degli abitanti di uno Stato o di una regione. Ma è anche e soprattutto un problema ambientale e in alcuni casi e regioni specifiche, anche energetico e sanitario.

 

Il ruolo nell’equilibrio del Pianeta

I ghiacciai infatti sono da un lato un termometro reale e vivo della condizione di salute dell’ambiente circostante, e dall’altro forniscono complessivamente il 60 per cento dell’acqua dolce che noi umani traiamo dalle montagne, per bere o per irrigare cibo commestibile, per l’allevamento. E fonte di energia idroelettrica ovviamente. Ma anche per lavarci, anche se in questo campo depuratori moderni ed efficienti hanno fatto e stanno facendo molto per un riuso di acque non solo di sorgente, ma parliamo di casi come la Svizzera o Scandinavia e non certo delle Ande o dell’India.
Sui ghiacciai c’è anche poca polemica tra chi crede all’influsso delle nuove condizioni climatiche e chi fa resistenza a crederci. I dati si vedono a occhio nudo, confrontando fotografie dei pionieri della foto ai nitrati d’argento di fine Ottocento o dei primi del Novecento e le foto di oggi o le riprese ben più precise dei droni. Tuttavia, la misurabilità dei ghiacciai, oltre che agli istituti nazionali è affidata all’Organizzazione Meteorologica Mondiale, che ha trovato, basandosi sulle ultime statistiche del 2024, una perdita di chilometri quadrati di ghiaccio perenne nel 96 per cento dei 275mila ghiacciai registrati. Con un tasso di perdita di neve perenne che va dal 26 al 41 per cento, in alcuni ghiacciai più esposti alle condizioni climatiche degli ultimi anni, rispetto alle misurazioni del 2015.

 

Gli studi

Sappiamo per certo che il 2024 è stato l’anno più caldo da quando sono in corso queste misurazioni, con un aumento di calore per la prima volta oltre 1,5 gradi Celsius dai tempi della rivoluzione industriale. Copernicus Climate Change Service C3S fa queste rilevazioni per conto della Commissione Europea assieme al Centro Europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio (ECMWF) e ha considerato il 2024 l’anno più caldo in media dal 1850. Ciò ha avuto influenze diverse nel mondo: dipende dai venti, dalle latitudini, dalle correnti marine; tuttavia, non vi è dubbio che queste condizioni climatiche crescenti e convergenti dal 2015 a oggi sono dal punto di vista statistico, direttamente proporzionali alle diminuzioni di chilometraggio misurato dall organizzazione mondiale della meteorologia. Significa non solo rischio di perdita di acqua ma anche la sua incontrollabilità, con possibilità di inondazioni in quei Paesi dove il controllo è minore sia sulla misurabilità dei ghiacciai che sulle misure di sicurezza tra i Paesi di montagna e ancor più a valle.

 

Il caso della Svizzera

Per capirci meglio prendiamo ad esempio, grazie alle informazioni di stampa delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione mondiale meteorologica che abbiamo, uno dei Paesi più monitorati e attenti, e con qualche risorsa economica in più di altri, ovvero la Svizzera. Il sistema delle Alpi europeo è certamente uno dei più toccati da questo cambiamento perché si trova in uno spazio ristretto e che per molti anni (secoli) è stato circondato da cambiamenti di strutturazioni urbanistiche, economiche, ambientali. La Svizzera ha catalogato 1400 ghiacciai e nel 2024 si è registrata la sparizione di circa il 2,4 per cento della superficie esistente, mentre aveva già perso il 10 per cento della massa totale tra il 2022 e il 2023.

L

istituto nazionale svizzero che se ne occupa, ha varato un piano di “tenuta” che punta anche a una serie di misure attive, come la copertura dei confini dei ghiacciai con una tela ricavata da fibra vegetale - e che quindi non rilascia microparticelle di plastica - per proteggere la tenuta del ghiacciaio nel punto di “confine” che inevitabilmente favorisce la sua fusione. Stiamo parlando di un metodo che funziona ma gli esperti ci dicono anche che sinora in Svizzera copre solo meno dell’un per cento della superficie dei loro ghiacciai. E ha un costo, più o meno di cinque euro a metro quadrato. Secondo i promotori di questo metodo ci vorrebbe un miliardo di euro per pensare di provare a coprire tutti i 1400 ghiacciai dei Quattro Cantoni; e questo senza contare il costo di manodopera e di controllo successivo. Cooperazione e confronto sono alla base delle attività europee ma forse saranno necessarie anche in luoghi molto lontani e la cui mitologia rende il tema così importante. Pensiamo alla grande catena dell’Himalaya. La sua salute riguarda intere comunità in India, Afghanistan e Pakistan oltre che naturalmente il Nepal (e potremmo ovviamente aggiungere Tibet e anche Cina). Per queste comunità si tratta della sorgente reale della loro acqua e stiamo parlando di circa 240 milioni di persone che vivono nelle montagne e oltre un miliardo e 650milioni nelle Valli, direttamente legate alle condizioni di un “gigante bianco” che ha sofferto come e più di tutti nell’ultimo caldissimo anno. Nel 2024 la persistenza della neve è stata di oltre il 18 per cento inferiore rispetto all’anno precedente, in linea con una diminuzione da ormai quasi un ventennio. Il che vuol dire meno chilometri di ghiaccio, meno neve che si scioglie e meno acqua che arriva ai villaggi. Oltre che meno acqua nei dodici principali fiumi che derivano da quella catena montuosa, con effetti ambientali anche sulla pesca dei microvillaggi. Solo che qui, in queste regioni, è difficile anche una cooperazione tra gli Stati, come sappiamo, e la geopolitica non aiuta a immaginare iniziative comuni, se non tra le comunità scientifiche.
I ghiacciai, come detto, sono un termometro che misura la febbre. Sta al paziente, il mondo e ai medici, i cittadini del mondo, decidere di curarsi. Ma non possiamo dire di non conoscere cosa sta accadendo, questo il messaggio delle Nazioni Unite del 2025, anno dei ghiacciai del pianeta.