
Rivoluzione e sostenibilità
Infrastrutture intelligenti
La trasformazione delle infrastrutture energetiche globali riflette un nuovo equilibrio tra sicurezza, sostenibilità e competitività. La transizione richiede visione geopolitica, cooperazione e realismo tecnologico
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’energia è un motore fondamentale per la crescita economica e la resilienza, e la sicurezza energetica è il fondamento della sovranità nazionale. L’uso dell’energia e delle infrastrutture è un tema troppo importante perché lo si possa esaurire con mere dichiarazioni virtuose: richiede infatti realismo. Al crescere del PIL cresce anche il consumo energetico: i due valori sono strettamente correlati. Secondo le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale, le economie emergenti e in via di sviluppo cresceranno del 3,7 percento annuo e, in particolare, i principali paesi emergenti di Africa, Americhe e Asia cresceranno del 5 percento e più: il loro utilizzo di energia aumenterà di pari passo, e si andrà così verso un’attenuazione della grande disparità tra il consumo energetico pro-capite dei paesi sviluppati e quello delle economie emergenti.
Si stima che per sostituire 1 megawatt (MW) di combustibile fossile servano da 4 a 6 MW di generazione rinnovabile; questo perché l’energia solare e l’eolica sono per propria natura intermittenti e dunque, per sostituire l’energia dei combustibili fossili (più stabile), necessitano di maggiore capacità installata. Inoltre, la transizione mondiale verso i veicoli elettrici necessita di investimenti consistenti in strutture di ricarica delle batterie: una stazione di ricarica rapida da circa 350 chilowatt (KW) in corrente continua equivale al consumo energetico di circa 300 abitazioni. Analogamente, il crescere, a livello mondiale, dell’economia digitale trainata dai data center rende necessarie maggiori quantità di energia, perché il consumo energetico dei data center varia all’incirca dagli 1-5 MW delle installazioni di piccole dimensioni ai 20-100 MW dei data center hyperscale. I processori di intelligenza artificiale (AI, Artificial Intelligence) consumano all’incirca da 4 a 6 volte l’energia necessaria ai loro predecessori. Negli Stati Uniti, nel 2023, la quota di utilizzo di elettricità dei data center era del 4,4 percento e si stima che entro il 2028 si attesterà tra il 6,7 e il 12 percento. Inoltre, si prevede che entro la fine del 2025 i data center operativi saranno circa 6.111, dei quali 567 hyperscale, e si concentreranno soprattutto nella regione indo-pacifica; infine, si ritiene che entro il 2030 i data center raggiungeranno quota 8.378.
La prevalenza dei combustibili fossili
Ci si attende, dunque, un aumento importante della domanda di energia nel prossimo futuro, a livello mondiale. I combustibili fossili, con l’aggiunta della capacità nucleare, rimarranno predominanti nella generazione del carico energetico di base, anche quando aumenterà la produzione di rinnovabili. Le infrastrutture per i combustibili fossili sono estese e ben radicate, mentre quelle per le rinnovabili sono solo all’inizio. Per garantire la sicurezza e la transizione energetica sarà fondamentale disporre di infrastrutture energetiche intelligenti (in particolare per la trasmissione elettrica, oleodotti e terminal).
Si prevede che la geopolitica eserciterà un’influenza sempre maggiore non solo sulla domanda di energia ma anche sulle infrastrutture energetiche, in tutto il mondo. L’energia russa è colpita dalle pesanti sanzioni di Stati Uniti ed Europa, che probabilmente si inaspriranno. La Cina è carente di riserve di petrolio e gas naturale e tutte le misure dell’economia statale mirano a conquistare il dominio della produzione mondiale di componenti per le energie rinnovabili e di veicoli elettrici. In Nord America, negli ultimi dieci anni la produzione di combustibili fossili è aumentata e negli Stati Uniti l’amministrazione Trump promuove con aggressività le esportazioni di energia. Con accordi e pianificazione credibili e accurati, gli Stati Uniti possono emergere come fornitore di energia affidabile per i loro alleati europei e indopacifici.

Le proiezioni della domanda e del portafoglio energetici, combinate con il prevedibile persistere delle tensioni tra l’Occidente da una parte e Russia e Cina dall’altra, evidenziano quattro grandi fattori che è probabile influenzeranno le infrastrutture energetiche. In primo luogo, le esportazioni americane di gas naturale e petrolio verso l’Europa e l’Indo-Pacifico condizioneranno verisimilmente le infrastrutture energetiche sia nelle regioni fornitrici sia in quelle di destinazione. Prima del conflitto ucraino, in Europa le reti di oleodotti e gasdotti seguivano la direttrice est-ovest costeggiando la Russia, dalla quale ricevevano l’energia. Ora l’Europa dovrà ora riorientare le proprie reti di oleodotti, facendole partire da terminal portuali in grado di ricevere il petrolio e il gas naturale americani. Per ricevere l’energia americana, Germania e Polonia puntano in modo aggressivo a terminal portuali e reti di gasdotti originanti dalle loro coste baltiche. Nel Mediterraneo, si prevede che l’Italia andrà a costituire il maggior terminal europeo per l’importazione di energia dall’America e per altre importazioni affidabili. Entro il 2027 la Romania dovrebbe rendere operative le proprie riserve di gas del Mar Nero e diventare il maggior produttore di gas naturale in Europa, con una rete di gasdotti adeguata a servire i paesi vicini.
La capacità di esportazione energetica americana si concentra sulla costa atlantica ed è in buona posizione per servire i mercati europei. Gli Stati Uniti devono costruire una capacità equivalente sulla costa del Pacifico per ottimizzare le esportazioni di energia verso l’Indo-Pacifico. Data la proiezione della domanda di energia delle economie asiatiche in rapida crescita e l’ampiezza dell’Oceano Pacifico, una strategia commerciale prudente punta a potenziare il coordinamento tra Stati Uniti, Australia, Canada e Messico, affinché questi paesi possano congiuntamente offrire collettivamente una sicurezza energetica affidabile ai propri alleati e partner dell’Indo-Pacifico, tra cui India, Giappone, Corea del Sud, paesi dell’ASEAN, isole del Pacifico, ecc.
La rinascita del nucleare
In secondo luogo, è probabile che la necessità di soddisfare la crescente domanda di energia porti a una rinascita dell’energia nucleare vista come combustibile affidabile e pulito. La Germania ha recentemente rivalutato la propria posizione sul nucleare. La Polonia progetta la costruzione di tre nuove centrali nucleari in collaborazione con partner americani, europei e asiatici. La Romania cerca di integrare nella propria infrastruttura energetica nazionale dei reattori modulari di piccole dimensioni (SMR, Small Modular Reactors). Il recente accordo tra Stati Uniti e Ucraina per lo sviluppo congiunto dei giacimenti minerari ucraini prevede la modernizzazione delle centrali nucleari ucraine. Anche l’India intende sviluppare nuovi impianti nucleari per soddisfare il forte aumento della domanda energetica interna. Il Giappone è sempre aperto a joint venture per lo sviluppo nucleare nei paesi partner. La Francia continua come sempre a sostenere la propria industria nucleare. Il Medio Oriente si propone di sviluppare una propria industria nucleare a uso civile.

A livello strategico, per gli Stati Uniti e gli alleati sarebbe una follia relegare i nuovi sviluppi dell’energia nucleare all’esclusiva competenza agli avversari strategici Russia e Cina: più di 80 dei 439 reattori operativi nel mondo sono ubicati in Russia o sono stati costruiti con tecnologia russa, e ve ne sono altri 15 in costruzione. Fino a poco fa, la Russia deteneva il 40 percento della capacità mondiale di conversione dell’uranio e il 46 percento della capacità mondiale di arricchimento dell’uranio.
Un forte ostacolo alla realizzazione di nuovi impianti nucleari sono gli alti costi di capitale e i considerevoli tempi di costruzione, situazione che impone al settore pubblico un forte impegno nell’istituzione di catalizzatori normativi e finanziari adeguati che agevolino il rinnovamento del nucleare.
Il potenziale energetico dell’Africa
In terzo luogo, lo sblocco del potenziale energetico dell’Africa non solo trasformerà le infrastrutture energetiche di tutto il continente ma ne migliorerà anche l’integrazione con quelle europee. Il principale ostacolo alla crescita economica dell’Africa, e soprattutto alla sua industrializzazione, resta la mancanza di energia accessibile a prezzi ragionevoli. Il continente è ricco di riserve di combustibili fossili e di uranio e ha un alto potenziale di rinnovabili, le aspirazioni dei giovani e della classe media africani si fanno sempre più alte e i mercati mondiali hanno fame dei minerali rari e critici dell’Africa. La vision dell’Africa sulla propria industrializzazione e sul proprio sviluppo produttivo preferisce che questi minerali siano lavorati nel continente e non inviati in Cina allo stato di materia prima. È probabile che il rapido sviluppo della produzione energetica africana su scala industriale, volto ad agevolare la lavorazione dei minerali e la produzione associata, vada nei prossimi decenni a trasformare il panorama economico ed energetico del continente.
Vi sono progetti di nuovi oleodotti e gasdotti per portare l’energia all’Europa partendo dalla Nigeria e attraversando il Marocco, e in tutta l’Africa settentrionale si sviluppano progetti analoghi. Lo sviluppo energetico africano per il mutuo vantaggio di Africa ed Europa rimane una priorità assoluta della strategia per l’Africa non solo dell’Unione europea ma anche di quella di Italia, Francia e Spagna. Il panorama energetico africano offre agli interessi prioritari degli Stati Uniti nei minerali critici e rari l’allettante opportunità di coordinarsi con il Global Gateway dell’Unione Europea, con il Piano Mattei dell’Italia e con Giappone e India, per indirizzare gli investimenti energetici collettivi in modo da ricavarne un impatto finale maggiore della somma delle parti.
Gli investimenti nelle reti elettriche
In quarto luogo, gli investimenti pubblici nella resilienza delle reti elettriche nazionali e regionali contribuiranno alla costruzione di un portafoglio ottimale per la sicurezza e la transizione energetica. Una rete elettrica solida e robusta è infatti lo strumento migliore per ottimizzare il giusto mix di rinnovabili e di altre risorse energetiche e calibrare carichi di base e carichi di punta, ed è inoltre essenziale per facilitare la transizione verso un uso diffuso dei veicoli elettrici. Nella maggior parte degli stati africani, è proprio la mancanza di una rete elettrica nazionale solida e robusta il principale ostacolo allo sviluppo ottimale della sconfinata capacità di generazione solare e da altre rinnovabili.
La resilienza energetica di un paese è direttamente correlata alla robustezza della sua rete elettrica
La maggioranza delle reti di trasmissione elettrica nazionali è orientata alla generazione di energia da carbone e gas e al nucleare, e la generazione si concentra in prossimità dei centri di domanda, cioè soprattutto in zone industriali e aree urbane ad alta densità. Le reti di trasmissione in essere in genere non collegano la generazione da rinnovabili, più abbondante ma più distante: per sfruttare appieno la generazione da rinnovabili serve una rete elettrica più robusta. Serve una rete integrata e resiliente, non solo per ottimizzare il portafoglio energetico ma anche per aiutare gli alleati e i partner vicini quando ne abbiano bisogno. Alcune aree dell’Ucraina sono attualmente servite dalla rete elettrica delle vicine Polonia e Romania, e in una futura ricostruzione dell’Ucraina l’azione predominante sarà probabilmente volta ad aumentare l’integrazione reciproca delle reti elettriche dei tre paesi.
La politica energetica e la domanda e l’uso dell’energia stanno rapidamente portando un nuovo ordine nelle infrastrutture energetiche, in tutto il mondo. Si prevede che l’aumento dei collegamenti delle reti alle energie rinnovabili porterà all’aumento di gas naturale e nucleare nei portafogli energetici nazionali, fino a quote importanti. La sicurezza energetica sarà sempre prioritaria rispetto alla transizione energetica: non si può parlare di alimentazione sana quando si ha lo stomaco vuoto. La transizione guidata dalla sicurezza energetica dà la priorità a strategie pragmatiche, non ideologiche, capaci di ottimizzare il matching tra fonti energetiche e domanda in modo responsabile e sostenibile.
I paesi più pragmatici preferiranno una strategia di ampia portata, che comprenda combustibili fossili, nucleare, gas naturale e rinnovabili, privilegiando l’accessibilità, l’economicità e la sicurezza dell’energia rispetto ai dogmi ideologici e al fariseismo del virtue signaling. L’infrastruttura energetica mondiale sarà influenzata da questi sviluppi. L’Europa riorienterà le proprie infrastrutture energetiche per agevolare il ricevimento delle importazioni di energia dal Nord America e da altri paesi diversi dalla Russia. Le infrastrutture energetiche africane riceveranno probabilmente attenzione e investimenti senza precedenti, con maggior integrazione tra i sistemi energetici africani e quelli europei attraverso il Mediterraneo. La resilienza delle reti elettriche nazionali e regionali sarà sempre più prioritaria per la sicurezza e la transizione energetica. La quota di nucleare nel portafoglio energetico aumenterà nonostante gli alti capitali e gli importanti tempi di costruzione. In tutto il mondo, a determinare il futuro della sicurezza e della transizione energetica saranno le infrastrutture energetiche intelligenti.