
Un mercato in trasformazione
USA & Giappone interessi convergenti
Stati Uniti e Giappone puntano a sviluppare i mercati esteri di GNL. Washington cerca nel Sud-est asiatico nuovi sbocchi per il suo gas, mentre Tokyo investe lungo la filiera per sviluppare infrastrutture e stimolare la domanda regionale
13 minI
l più grande esportatore di gas naturale liquefatto (GNL) al mondo e il suo secondo importatore condividono un obiettivo comune: lo sviluppo dei mercati esteri. Gli Stati Uniti cercano uno sbocco per le proprie esportazioni di GNL, mentre il Giappone punta a impiegare capitali e know-how per investire lungo l’intera catena del valore e commercializzare i carichi in eccesso. Gli interessi statunitensi e giapponesi si intersecano nel Sud-est asiatico, dove investimenti congiunti nelle infrastrutture del gas potrebbero contribuire a sbloccare la domanda di GNL.
È in corso un aumento senza precedenti dell’offerta globale di GNL. I progetti che hanno raggiunto la decisione finale di investimento (FID) potrebbero incrementare l’offerta globale di quasi 230 milioni di tonnellate all’anno (mmtpa) tra il 2025 e il 2030 e l’aggiunta di capacità proseguirà fino ai primi anni del 2030. I progetti di GNL statunitensi costituiscono oltre la metà di questa attesa ondata di fornitura: due progetti sono attualmente in fase di inizio produzione (Plaquemines LNG e Corpus Christi Stage 3) e numerosi altri sono in fase di costruzione (Golden Pass LNG, Port Arthur LNG Fase 1, Rio Grande LNG Treni 1-3, Corpus Christi Midscale Treni 8 e 9, Plaquemines LNG Fase 2, Louisiana LNG, CP2 LNG, Rio Grande LNG Treno 4 e Port Arthur LNG Fase 2).
Un mercato in trasformazione
Tale espansione è destinata a rimodellare il mercato del GNL. In passato, la domanda ha sempre assorbito l’offerta incrementale; tuttavia, questa, è di gran lunga la maggiore delle tre ondate di fornitura di GNL registrate a partire dagli anni 2000. A meno di un enorme incremento della domanda di GNL, l’aggiunta di offerta prevista entro i primi anni del 2030 suggerisce che i prezzi spot in Europa e nel Nord-est asiatico diminuiranno, mentre gli operatori di portafoglio disporranno di ampi volumi da commercializzare tramite operazioni spot e a breve termine.

Crescono le preoccupazioni che l’industria statunitense del GNL possa essere una vittima del suo stesso successo nel generare un eccesso di offerta. Prezzi spot più bassi nel medio termine non danneggeranno necessariamente i proprietari degli impianti GNL statunitensi che si basano su contratti di tolling, ma un’eccedenza potrebbe ritardare le FID dei progetti futuri; l'eccesso di offerta danneggerebbe soprattutto gli aggregatori che si sono assicurati forniture di GNL tramite accordi di acquisto, ma che ancora devono trovare utenti finali come le utility e gli acquirenti industriali di gas.
Una domanda cruciale è se i prezzi più bassi stimoleranno la domanda di GNL. I pronosticatori rialzisti che ritengono che i volumi di GNL scambiati possano passare dai 411 milioni di tonnellate dell’anno scorso a 700 milioni di tonnellate o più entro il 2040 prevedono una forte crescita nei paesi non-OCSE. La Cina, l’Asia meridionale e il Sud-est asiatico rivestono un ruolo fondamentale in questa prospettiva, ma la conclusione non è certo scontata.
Nel Sud-est asiatico e nell’Asia meridionale, il gas naturale importato si trova a competere con l’economico e abbondante carbone, oltre che con le energie rinnovabili. In alcuni mercati come il Bangladesh e il Pakistan, il calo dell’offerta di gas nazionale, le infrastrutture di gas esistenti e la forte domanda industriale hanno sostenuto il consumo di gas naturale. Ciononostante, il Pakistan sta ora valutando di rinviare circa 177 carichi previsti da Qatar Energy tra il 2026 e il 2030, a causa delle preoccupazioni relative ai costi e alla concorrenza di altre fonti energetiche.

Altri mercati presentano ostacoli maggiori alla penetrazione del gas. La domanda di gas è determinata da fattori quali l’accesso di terzi ai gasdotti, la presenza e il ruolo degli acquirenti all'ingrosso e la capacità di negoziare direttamente con i consumatori finali. Per il GNL, la disponibilità di infrastrutture critiche come terminali di rigassificazione, gasdotti e centrali elettriche a gas è fondamentale. Paesi come la Thailandia e la Malesia hanno progressivamente liberalizzato i loro mercati nel corso degli anni, e le importazioni di GNL nel Sud-est asiatico sono destinate a crescere nel decennio 2030-2039, quando l’intera regione diventerà un importatore netto. Ciò nonostante, il prezzo rimane una sfida centrale.
La prossima ondata di forniture di GNL dovrebbe rendere il gas più competitivo: la recente esperienza suggerisce che i prezzi spot nell’intervallo di 11-12 dollari/MMBtu contraggono la domanda nel Sud-est asiatico e nell'Asia meridionale, ma un calo a 10 dollari/MMBtu tende già a stimolare maggiori acquisti spot. Un calo duraturo a 8 dollari/MMBtu o inferiore creerebbe le premesse per una notevole ripresa della domanda. Il Qatar influenzerà notevolmente l’entità e la durata dell’eccesso di offerta sul mercato, in base alla decisione di completare tutte le fasi del proprio ampliamento della capacità produttiva, soprattutto se perseguirà una strategia aggressiva di conquista di quote di mercato.
Data l’ondata di offerta in arrivo e le incertezze sulla domanda a lungo termine, numerosi attori dell’industria del GNL hanno un interesse diretto a sostenere lo sviluppo del mercato estero – incluso il Giappone.
L’impegno del Giappone nello sviluppo dei mercati
Nel febbraio 2025, il Giappone ha approvato il suo settimo Piano strategico per l’energia (7SEP), confermando che il GNL svolgerà un ruolo fondamentale nella sicurezza energetica per i prossimi decenni. Il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria (METI) ha sottolineato l’importanza dei contratti a lungo termine per garantire la sicurezza delle forniture ed evitare la volatilità dei prezzi. Negli ultimi anni, le importazioni di GNL del Giappone sono diminuite, passando da 77 milioni di tonnellate nel 2019 a 66 milioni di tonnellate lo scorso anno; tuttavia, il 7SEP ha chiarito che il governo preferirebbe rimanere in regime di eccesso di offerta anziché rischiare una carenza di approvvigionamento.
La pianificazione conservativa del Giappone si allinea con gli interessi delle maggiori compagnie del gas: al pari di molte altre compagnie del settore del gas e dell’energia a livello globale, le utility giapponesi vogliono trarre maggior valore dal crescente commercio di GNL. Jera (il maggiore acquirente di GNL del paese e la sua più grande società di produzione di energia elettrica) e società commerciali come Mitsui e Mitsubishi dispongono già di una notevole capacità commerciale. Anche diverse società di servizi per il gas e l’energia stanno espandendo le operazioni di trading: ne sono esempi Osaka Gas e Tokyo Gas. Alcune di queste compagnie detengono volumi a portafoglio, mentre altre si stanno trasformando in venditori e acquirenti, in parte per rivendere i carichi a termine in eccesso. Infatti, già nel 2017, la Commissione giapponese per il Commercio Equo e Solidale aveva raccomandato di eliminare le restrizioni di destinazione affinché le compagnie potessero commercializzare i carichi non richiesti.

La notevole incertezza sulla domanda di GNL a lungo termine del Giappone, influenzata dal ritmo di riavvio delle centrali nucleari, dalla diffusione delle energie rinnovabili e dalla competitività di idrogeno e ammoniaca, impone di pianificare in maniera prudente; tuttavia, qualora il Giappone si trovi in una situazione di eccesso di contratti, tali dinamiche creerebbero per le compagnie giapponesi l’opportunità di realizzare investimenti esteri nelle infrastrutture del gas.
Gli Stati Uniti e il sostegno a gas e GNL
L’amministrazione Trump sostiene fortemente l’industria del GNL. La Casa Bianca ha accelerato le autorizzazioni all’esportazione per gli impianti di GNL e dato priorità alle esportazioni di GNL nei negoziati commerciali con Giappone, Corea del Sud e Unione Europea. Diverse agenzie governative statunitensi potrebbero svolgere un ruolo di sostegno a questa agenda energetica.
È assai probabile che la Casa Bianca riorganizzi la US Development Finance Corporation (DFC), l’ente che collabora con il settore privato per sostenere investimenti volti a promuovere gli interessi statunitensi e favorire lo sviluppo economico. La DFC offre prestiti diretti e garanzie sui prestiti, assicurazioni contro il rischio politico e investimenti azionari. Sotto l’amministrazione Biden, l'agenzia ha dato priorità ai progetti di energia rinnovabile e agli investimenti nelle catene di approvvigionamento dei minerali. L’attuale Amministrazione, invece, ha altre preferenze politiche. Il Segretario all’Energia Chris Wright sottolinea regolarmente il potenziale delle esportazioni di gas statunitensi nel contribuire a sostituire il carbone e a ridurre le emissioni di gas serra ed è probabile che la Casa Bianca solleciti l’intervento della DFC per il conseguimento di tali obiettivi.
La DFC ha già compiuto un’inversione di rotta in seguito all’invasione russa dell'Ucraina, offrendo una garanzia di prestito da 500 milioni alla polacca PKN Orlen per sostenere le importazioni da Port Arthur LNG. Una volta che la DFC riprenderà le sue normali attività (l’autorità ad operare dell’agenzia è scaduta con la chiusura del governo nell’ottobre 2025, nonostante quest’anno abbia ricevuto un importante aumento di bilancio), l’amministrazione Trump la solleciterà a fornire finanziamenti e garanzie di prestito per i progetti di infrastrutture del gas. Tali iniziative potrebbero includere terminali di rigassificazione e progetti di conversione del gas in energia elettrica nel Sud-est asiatico.
Anche la Export-Import Bank of the United States (EXIM) potrebbe essere coinvolta in questo sforzo: analogamente alla DFC, ha fornito un certo sostegno ai progetti di esportazione di GNL statunitensi, benché l’istituzione sia stata oggetto di polemiche per l’appoggio concesso ai progetti basati sui combustibili fossili. L’agenzia statunitense per il credito all’esportazione è stata anche criticata per aver riapprovato un prestito da 4,7 miliardi a favore di Mozambico LNG, un progetto ora gestito da TotalEnergies anziché da una società statunitense, e che compete direttamente con i progetti di esportazione di GNL degli Stati Uniti. Sembra probabile che l'amministrazione Trump solleciterà la EXIM a sostenere i progetti di gas naturale e persino quelli a carbone.
Prospettive di cooperazione tra Stati Uniti e Giappone
Il Giappone sostiene i progetti esteri per rafforzare la propria sicurezza energetica attraverso istituzioni come la Japan Bank for International Cooperation (JBIC), la Nippon Export and Investment Insurance (NEXI) e la Japan Organization for Metals and Energy Security (JOGMEC). Il supporto di queste istituzioni statali è fondamentale per sbloccare capitali destinati ai progetti relativi al GNL ed è plausibile che la Casa Bianca voglia adottare un approccio simile.
Gli Stati Uniti potrebbero individuare modalità più efficaci di collaborazione con queste istituzioni giapponesi per sostenere le infrastrutture del gas nel Sud-est asiatico: ciò potrebbe concretizzarsi in attività di prestito congiunte, garanzie sui prestiti o assicurazioni commerciali. Il governo giapponese ritiene che tali sforzi possano contribuire a migliorare le relazioni commerciali ed economiche con l’amministrazione Trump. Un valido punto di partenza potrebbe essere l’analisi delle opportunità di investimento in paesi come l’Indonesia, le Filippine e il Vietnam. Inoltre, questi sforzi potrebbero integrarsi con l’iniziativa Asia Zero Emission Community (AZEC) promossa dal Giappone.
Gli Stati Uniti e il Giappone condividono interessi comuni nell’espansione della domanda di mercato di GNL. L’amministrazione Trump ritiene che l’aumento delle esportazioni di GNL statunitensi possa contribuire a competere con il carbone nel Sud-est asiatico, se non sostituirlo direttamente. La produzione di gas rappresenta però solo metà dell’equazione: il resto è sostenere la domanda.
