
L'energia dell'intelligenza
Da Cenerentola a regina del ballo
In un mondo che corre verso l’intelligenza artificiale e cerca di scrollarsi di dosso il peso del carbone, il gas è diventato non più risorsa di serie B, ma la vitamina delle macchine che pensano
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er anni è stato il parente povero del petrolio, quello che nessuno invitava alla festa. Nell’industria energetica girava una battuta che oggi appare grottesca: “Ho due notizie: una cattiva e una buona. Quella cattiva è che non abbiamo trovato petrolio. Quella buona… è che non abbiamo trovato nemmeno gas”.
Talmente poco considerato, talmente complicato da gestire, che trovarlo era peggio che tornare a mani vuote. Ancora oggi in certe geografie è spesso valorizzato a prezzo di sconto, se non addirittura “bruciato” perché le vie di evacuazione sono troppo costose. Eppure, i tempi stanno cambiando: oggi il gas naturale sta passando da Cenerentola a regina del ballo energetico globale, diventando il perno della transizione, il carburante della digitalizzazione, la spina dorsale dell’intelligenza artificiale.
Se il petrolio ha alimentato la motorizzazione di massa, il gas alimenterà la crescita dell’intelligenza non biologica. In breve, è l’energia della nuova rivoluzione industriale, in attesa di un nuovo breakthrough alla Menlo Park per l’energia da fusione. Ha la più alta densità energetica tra i combustibili fossili, un impatto ambientale relativamente basso, e una versatilità che lo rende perfetto tanto per produrre energia quanto per alimentare industria e chimica. Le centrali a gas sono agili nei picchi e robuste nel fornire baseload, con la flessibilità di un fondista e la rapidità di uno scattista.

Ma ha un problema: è un gas, e come tutte le cose leggere è difficile da muovere. Serve scala, serve infrastruttura – compressione, liquefazione, stoccaggio. Per questo, per decenni, il gas è rimasto confinato a scala locale. Negli anni ’30 gli Stati Uniti costruirono la rete di gasdotti interni più capillare del mondo – 240.000 km già nel 1940 – trasformandolo nel carburante silenzioso del New Deal grazie al trasporto a pressione e gasdotti transnazionali; in Europa, la Siberia occidentale respirò per noi per decenni, affiancata successivamente dalle produzioni interne di Olanda, Regno Unito e Norvegia, fino alle nuove rotte dall’Africa e al gasdotto baltico, unico pipe colpito da un attentato subacqueo che lo ha messo definitivamente KO.
Il salto decisivo per il mercato mondiale del gas arrivò però negli anni ’70 con la rivoluzione della liquefazione: portando il gas a –160 °C nasce il gas naturale liquefatto (GNL), comprimibile e trasportabile via nave. La prima rotta commerciale fu Algeria-UK nel 1964, ma è stata l’Asia a renderlo un business globale: Giappone e Corea del Sud diventarono i primi grandi importatori, Indonesia e Malesia i grandi fornitori strategici. Due paesi che saranno ancora determinanti negli anni a venire.
I tre mercati, quello americano, l’europeo e quello asiatico si sono progressivamente uniti a partire dagli anni 2000 grazie al crescente flusso di metaniere sempre alla ricerca di arbitraggi. E qui la storia l’hanno fatta due paesi con un passato molto diverso: da una parte gli Stati Uniti, che avevano scoperto di avere più gas di quello che potevano consumare in casa grazie alla tecnologia del fracking. Convertendo i loro impianti di importazione in facility per l’export sono diventati i più grandi venditori di GNL. L’altro paese è il Qatar, lo Stato del Golfo che non ha il beneficio di essere seduto sui grandi giacimenti ad olio della regione ma ha saputo sfruttare la potenzialità del più grande campo a gas al mondo, North field, che condivide in parte con il dirimpettaio, Iran.
Qatar e Stati Uniti si contendono quasi ogni anno la leadership delle vendite di gas liquefatto in giro nel pianeta
È così che il gas liquefatto è diventato l’asse portante del commercio globale di metano: da meno di 150 Mt nel 2000 a 250 Mt nel 2010, oltre 540 Mt nel 2025, con proiezioni di oltre 700 Mt al 2030. A trainare la crescita futura sarà proprio l’Asia: 4,7 miliardi di persone, più della metà dell’umanità, con consumi pro capite ancora 8–10 volte inferiori a quelli europei. Con l’industrializzazione accelerata e l’esplosione della classe media urbana, il gas diventa la via più rapida e accessibile per sostituire il carbone mantenendo stabilità di fornitura elettrica. I grandi sistemi industriali asiatici e la dimensione complessiva della domanda farà sì che il futuro dell’Asia non sarà una semplice transizione verde basata sulle fonti rinnovabili ma sarà gas-powered per allontanare per sempre il carbone dal tavolo dell’energia.
Ed è in questo scenario che si inserisce la maxi-scoperta offshore di Eni nel 2023 nel bacino di Kutei, in Indonesia. Il giacimento Geng North, con 5 trilioni di piedi cubi (circa 150 miliardi di metri cubi), non è solo una scoperta geologica ma il centro di una alleanza strategica, grazie al coinvolgimento in una nuova combinazione di business tra Eni e la società malese Petronas nello sviluppo di queste risorse ed altre che verranno scoperte in Indonesia e Malesia.
Ormai abbandonato il detto dell’esploratore sconsolato: oggi, se tornasse con due notizie, la “buona” sarebbe aver trovato gas. E la “cattiva”? Che ce ne servirà molto di più.
Perché in un mondo che corre verso l’intelligenza artificiale e cerca di scrollarsi di dosso il peso del carbone, il gas è diventato l’energia dell’intelligenza: non più risorsa di serie B, ma la vitamina delle macchine che pensano.
