Energia per la pace

di Rita Lofano

La nuova geografia della stabilità globale

Energia per la pace

di Rita Lofano

L’Asia orientale non è spettatrice della politica mediorientale, ma attrice silenziosa che contribuisce a regolare flussi, mercati e alleanze. L’energia si conferma, ancora una volta, la grammatica della politica internazionale e può rappresentare un vettore di cooperazione e di stabilità

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l summit di pace su Gaza a Sharm el-Sheikh, che ha richiamato leader e delegazioni dal Nord America all’Indo-Pacifico, passando per l’Europa e il Medio Oriente, non è stato solo un evento diplomatico. La ricostruzione della Striscia richiede energia stabile per cantieri, ospedali, reti idriche, infrastrutture civili. Lì dove si negozia la pace, dunque, si mettono le basi per un futuro che ha bisogno di disponibilità di energia.

 

Ecco allora che il Far East, con la presenza anche dell’Indonesia al vertice egiziano, è emerso come un nuovo snodo, potente, di questo tornante strategico. Secondo l’International Energy Agency (IEA, Gas Market Report 2025), l’area dell’Asia-Pacifico rappresenta ormai oltre il 70 percento della crescita prevista nella domanda globale di gas entro il 2030. Le economie APEC (Cina, Giappone, Corea del Sud, India, ma anche Vietnam, Filippine e Indonesia) considerano il GNL non solo una fonte energetica, ma un pilastro della sicurezza nazionale.

 

 

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Sharm el-Sheikh ha tracciato più di un piano di pace per Gaza, ha suggerito che la nuova geografia della stabilità globale passa anche dell’Asia-Pacifico, dalle rotte del GNL. I report regionali (APERC/APEC) indicano come flussi affidabili di gas e capacità di rigassificazione siano diventati elementi chiave per evitare shock di prezzo e per sostenere la transizione energetica, dove il gas funge da “ponte” verso fonti meno emissive. E se il GNL è contemporaneamente commodity, infrastruttura strategica e strumento di pressione politica, la stabilità del Medio Oriente non può essere separata dalle catene dell’energia nell’Asia-Pacifico.

 

L’Asia Orientale non è spettatrice della politica mediorientale, ma attrice silenziosa che contribuisce a regolare flussi, mercati e alleanze. Chi controlla i terminali, chi firma i contratti, chi governa la distribuzione non governa solo il gas, può costruire la pace.

 

 

L’energia si conferma la grammatica della politica internazionale e può rappresentare un vettore di cooperazione e di stabilità: è questa la sfida che Sharm el-Sheikh ci consegna.

 

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