
Itinerari energetici
Lo spostamento dei flussi
La geografia del commercio globale di GNL sta cambiando: all’Australia, tradizionale fornitore del Sud-est asiatico, si affiancano ora Qatar e Stati Uniti. La domanda nella regione cresce in modo diseguale, ridisegnando le ROTTE DELL’ENERGIA
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a mappa del commercio globale di gas naturale liquefatto (GNL) è in fase di ridefinizione. L’Australia (e prima ancora i produttori del Sud-est asiatico come Indonesia e Malesia) ha dominato per decenni i flussi marittimi che alimentavano la domanda asiatica di gas; oggi, stanno giungendo nuovi volumi dall’espansione del North Field in Qatar e dai terminali statunitensi, mentre la domanda nel Sud-est asiatico sta accelerando in modo disomogeneo, generando un’alterazione dell’equilibrio. Nel panorama del GNL, il Sud-est asiatico si sta trasformando da attore periferico a fulcro strategico.
Domanda, infrastrutture e strategia nel Sud-est asiatico
Il Sud-est asiatico si conferma come una delle regioni più dinamiche a livello globale per la crescita della domanda di energia. Gli analisti prevedono che sarà l’Asia a dominare la maggior parte della crescita della domanda globale di GNL fino a metà secolo, con il Sud-est asiatico a fungere da principale motore. Secondo le stime di Wood Mackenzie, la domanda asiatica di GNL è destinata a passare da circa 270 miliardi di metri cubi nel 2024 a circa 510 miliardi di metri cubi entro il 2050 e la previsione è che il Sud-est asiatico ne assorbirà una quota significativa.
In termini di crescita della domanda regionale, tuttavia, la situazione si presenta disomogenea e volatile: nei primi mesi del 2025, le importazioni di GNL della Thailandia sono diminuite di circa il 15 percento su base annua a causa dell’aumento dei prezzi e delle misure di gestione della domanda, mentre le Filippine stanno entrando in una fase di forte accelerazione in seguito al progressivo esaurimento del giacimento di gas di Malampaya; dal canto suo il Vietnam, pur in ritardo, mantiene ambizioni di sviluppo a dir poco significative. In tutta la regione, i governi sono proiettati verso un delicato equilibrio volto ad assicurare l’approvvigionamento del carico di base, a contenere la volatilità dei prezzi e a garantire che le infrastrutture non siano in eccesso rispetto alla domanda – il tutto in un quadro di incertezza geopolitica globale.
L’insieme di questi fattori sta alimentando un rinnovato interesse per i contratti a lungo termine, sebbene i carichi spot rimangano essenziali per la flessibilità operativa. La Thailandia vanta una capacità di rigassificazione di circa 26 miliardi di metri cubi all’anno (una delle maggiori in Asia) e sta procedendo con espansioni per mitigare il rischio derivante dal declino dei gasdotti. Il terminale SLNG di Singapore, che vanta una capacità di 12-15 miliardi di metri cubi all’anno e quattro serbatoi di stoccaggio, si sta posizionando come potenziale hub regionale. Il Vietnam sta pianificando fino a 14 terminali di rigassificazione con una potenziale capacità di 26 miliardi di metri cubi all’anno, sebbene finanziamenti e politiche restino dei punti critici. In tutto ciò, grazie ai due terminali operativi dal 2023, le Filippine hanno importato circa 1,8 miliardi di metri cubi nel 2024 (equivalenti a circa 19 carichi spot) e sono pronte per una crescita superiore al 50 percento nel 2025, complice l’entrata in funzione di nuove unità di produzione di energia elettrica tramite gas. Il nuovo asset strategico ha un nome: flessibilità. Le utility chiedono terminali in grado di gestire sia gli impegni a lungo termine sia i carichi spot di natura opportunistica, alimentando al contempo reti sempre più sotto pressione.
I fornitori: Qatar, Australia e Stati Uniti
Il Qatar sta realizzando la più grande espansione di capacità di GNL della storia. La prima fase dell'espansione del North Field, la cui entrata in funzione è prevista per la metà del 2026, incrementerà la produzione dagli attuali circa 105 miliardi di metri cubi all’anno (2024) a circa 150 miliardi di metri cubi all’anno. Una seconda fase, denominata North Field West, porterà la capacità complessiva a circa 193 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2030. Il Qatar ha già circa 105 miliardi di metri cubi all’anno vincolati da contratti a lungo termine, molti dei quali con scadenza oltre il 2030, il che implica che Doha deve bilanciare attentamente gli impegni esistenti con la ricerca di nuovi acquirenti.
L’Australia resta un fornitore chiave, in particolare per i mercati dell’Asia orientale: nel 2024 ha esportato circa 110 miliardi di metri cubi di GNL, rappresentando quasi il 20 percento delle esportazioni globali. Tuttavia, i produttori australiani si trovano di fronte a pressioni crescenti: esposizione al mercato spot, vertenze sindacali, invecchiamento dei giacimenti e interventi normativi come il Domestic Gas Security Mechanism. Gli analisti avvertono che, a partire dal 2030, l’Australia potrebbe dover gestire la sovraccapacità e la diminuzione dei margini, nonostante il vantaggio della prossimità agli acquirenti asiatici. I rischi per l’affidabilità derivanti da scioperi, interruzioni e limitazioni governative ne erodono ulteriormente il vantaggio competitivo.

Gli Stati Uniti si posizionano come un attore imprevedibile – soprattutto in un contesto di volatilità politica. Nel solo 2025 si prevede l’entrata in funzione di circa 67 miliardi di metri cubi di nuova capacità di liquefazione a livello globale e agli Stati Uniti verrà attribuito circa il 62 percento di tale incremento. Tra il 2025 e il 2030 si prevede l’avvio operativo di quasi 300 miliardi di metri cubi di nuova capacità a livello globale, in gran parte riconducibile a progetti statunitensi che hanno già raggiunto la decisione finale di investimento. Sebbene la lunghezza dei tragitti e la congestione del Canale di Panama rendano gli Stati Uniti meno competitivi per il Sud-est asiatico, gli operatori di portafoglio integrano sempre più spesso i carichi statunitensi nei mercati ASEAN, muovendosi tra le forniture del Golfo e quelle del Pacifico. Insieme, Qatar, Australia e Stati Uniti rappresentano oggi quasi il 60 percento delle forniture globali di GNL e il Sud-est asiatico rappresenta il fulcro della loro competizione diretta.
Dinamiche contrattuali in evoluzione
La volatilità tra il 2022 e il 2025, periodo in cui i prezzi spot del GNL hanno subito un’impennata e gli importatori, da Manila a Bangkok, sono stati costretti a ricorrere a misure di emergenza, ha spinto gli acquirenti a ricercare nuovamente la sicurezza offerta dai contratti a lungo termine. Nel solo 2024, a livello globale sono stati firmati contratti GNL a lungo termine per oltre 85 miliardi di metri cubi all’anno, la maggior parte dei quali con gli esportatori del Golfo. Tali contratti includono sempre più spesso clausole flessibili quali i diritti di destinazione, i volumi di aggiustamento, l’indicizzazione ibrida (JKM e Henry Hub) e persino il monitoraggio dell’intensità di carbonio.
Per gli acquirenti del Sud-est asiatico, che comprendono utility, produttori di energia ed enti statali, l’attrattiva principale risiede nella stabilità unita alla possibilità di scelta. Particolarmente apprezzati sono i contratti che offrono da un lato la certezza del prezzo e dall’altro la possibilità di aggiustare i volumi e avere diritti di rivendita. Questa tendenza avvantaggia fornitori come il Qatar e ADNOC, che possono fare leva su bilanci sovrani e offrire premi di affidabilità.
Le strategie di riequilibrio del Sud-est asiatico
La Thailandia è un chiaro esempio dell’equilibrio che questi acquirenti sono chiamati a gestire. Con una capacità di rigassificazione di circa 26 miliardi di metri cubi l’anno, il paese si sta diversificando per compensare il declino dei gasdotti provenienti dal Myanmar e la riduzione della produzione di gas nazionale. I nuovi accordi di fornitura con Oman LNG e altri fornitori del Golfo sottolineano l’obiettivo di raggiungere la sicurezza energetica attraverso la diversificazione del portafoglio. Le Filippine, che nel 2024 hanno importato 1,8 miliardi di metri cubi, sono destinate a una rapida crescita nel 2025, grazie all’integrazione del GNL con la produzione di energia elettrica, che ne rimodellerà il carico di base. Ciò rende Manila un caso esemplare dell’utilizzo del GNL come combustibile di transizione nei mercati emergenti. Il Vietnam mira a raggiungere una capacità di rigassificazione superiore a 26 miliardi di metri cubi l’anno, qualora tutti i progetti venissero realizzati, con l’obiettivo di sostituire il carbone. Tuttavia, i progressi sono vincolati alla chiarezza normativa e alla disponibilità di finanziamenti. Sebbene si profili come un piccolo consumatore, Singapore sta sviluppando una capacità di circa 12-15 miliardi di metri cubi l’anno e si sta posizionando come hub commerciale e di trasbordo: il suo indice dei prezzi SLiNG è ancora in fase embrionale, ma con l’aumento della liquidità potrebbe affermarsi come punto di riferimento regionale, aiutandolo a divenire l’hub internazionale del gas cui aspira a divenire da decenni.
Dinamiche competitive fino al 2030
Le relazioni tra il Sud-est asiatico e i tre principali fornitori (Qatar, Australia e Stati Uniti) costituiranno un fattore determinante per l’evoluzione del mercato del GNL nei prossimi anni. L’Australia beneficia ancora dei vantaggi della vicinanza e dei rapporti consolidati con gli operatori storici, ma la portata dell’espansione del Qatar è schiacciante: entro il 2030, la capacità del Qatar di 193 miliardi di metri cubi l’anno sovrasterà i circa 110 miliardi di metri cubi l’anno, tendenzialmente stabili, dell’Australia. Nel mentre, gli Stati Uniti inonderanno il mercato con volumi flessibili e plasmeranno la concorrenza sui prezzi, anche se non tutte le forniture raggiungeranno direttamente l’area ASEAN.

ADNOC introduce un’ulteriore variabile strategica dal Golfo con il suo terminale GNL di Ruwais, la cui capacità, prevista in 13 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2028, viene promossa come “GNL a basse emissioni di carbonio” grazie all’impiego di compressori a trazione elettrica e sistemi CCS. Resta incerta la disponibilità degli acquirenti del Sud-est asiatico a pagare un premio per il GNL a basse emissioni di carbonio, ma i fornitori del Golfo si stanno chiaramente posizionando per soddisfare i requisiti ESG richiesti dai finanziatori e dalle autorità di regolamentazione a livello globale.
Volatilità dei prezzi e premio per la resilienza
Il rapporto della IEA sul mercato del gas per il 2025 prevede una crescita della domanda globale di gas di solo l’1,3 percento; è pur vero che, all’inizio del decennio, si è assistito a una forte oscillazione dei prezzi causata da shock anche modesti sulla domanda. I paesi del Sud-est asiatico hanno tratto un’amara lezione dalla crisi energetica europea, in primis il fatto che l’esposizione ai mercati spot rappresenta un rischio politico significativo. Il risultato di questa consapevolezza è un ritorno ai contratti a lungo termine e alla disponibilità a pagare un “premio di resilienza” per quei fornitori percepiti come stabili.
Tale premio favorisce nettamente il Qatar, forte del sostegno statale, delle ingenti riserve e dell’affidabilità delle consegne, mentre le controversie industriali e l’imprevedibilità normativa dell’Australia ne minano la credibilità. Gli Stati Uniti offrono molecole a basso costo, ma la distanza e i vincoli logistici ne riducono l’attrattiva per le utility dell’ASEAN.
Geopolitica e allineamenti
L'energia presenta inevitabilmente un risvolto geopolitico. Il consolidamento dei legami del Sud-est asiatico con il Qatar e con ADNOC rafforza le relazioni tra il Golfo e l’ASEAN, storicamente incentrate sul petrolio greggio. I fondi sovrani del Golfo sono sempre più attivi nelle infrastrutture del Sud-est asiatico, intensificando ulteriormente tali rapporti. Pur rimanendo un partner politicamente allineato e favorevole agli scambi commerciali, l’Australia vede la propria influenza attenuarsi a causa dell’aumento dei costi e dell’imprevedibilità normativa.
Avanzano lentamente le ambizioni dell’ASEAN in materia di integrazione regionale, incluse la rete elettrica dell’ASEAN e il gasdotto trans-ASEAN. I flussi di GNL rappresentano pertanto la forma più tangibile di interconnessione energetica attualmente disponibile per il blocco. Singapore, nel suo ruolo di hub, continuerà a svolgere una funzione centrale nel bilanciamento di tali flussi.
Un mercato in movimento
In tema di GNL, il Sud-est asiatico non è più relegato al ruolo di acquirente marginale, ma si sta trasformando nel principale teatro di scambio del commercio globale di questo combustibile, dove convergono l'espansione del Qatar, la posizione consolidata dell’Australia e l’impennata dei volumi americani. Per gli acquirenti dell’ASEAN, questo scenario significa una maggiore possibilità di scelta, ma anche una complessità crescente nel bilanciare sicurezza, costi, flessibilità ed emissioni; per i fornitori, invece, implica una competizione serrata per conquistare quote in una regione caratterizzata da domanda volatile, infrastrutture ancora fragili e una crescente posta in gioco sul fronte geopolitico. Se l’Europa è stata il crogiolo della perturbazione del mercato GNL negli anni 2020, il Sud-est asiatico potrebbe essere ricordato come la regione che ha definito il nuovo equilibrio del GNL nel decennio successivo.
