Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
Le ambizioni dell'India di Kartikeya Singh 
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L'analisi

Le ambizioni dell'India 

di Kartikeya Singh 

A Glasgow il colosso asiatico ha sorpreso il mondo con annunci più audaci del previsto. Il primo ministro Modi ha promesso azioni straordinarie che richiedono sforzi titanici, quantificati dal punto di vista finanziario in 1.000 miliardi di dollari 

13 min

A

lla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow, a catturare l’attenzione della stampa è stata in primis l’India, dal primo giorno fino alle ore conclusive del vertice. È un fatto emblematico dell’importanza del paese nel panorama energetico mondiale, attestata dall’India Energy Outlook 2021 dell’International Energy Agency (IEA), e rispecchia il peso che tutto il mondo attribuisce alle scelte energetiche di questa nazione, la cui popolazione ha da sempre un ruolo davvero minimo nella generazione delle emissioni di carbonio, ma le cui attuali decisioni avranno indubbiamente un forte impatto sull’ormai limitato pozzo di assorbimento del carbonio di cui disponiamo. Al vertice, il primo ministro indiano Narendra Modi ha annunciato per il contributo determinato a livello nazionale (Nationally Determined Contribution, NDC) un obbiettivo incredibilmente ambizioso per il 2030, e ha dichiarato che il paese raggiungerà le zero emissioni nette di carbonio entro il 2070. Questo inciderà in modo indubbiamente significativo sul panorama energetico dell’India, già nell’occhio del ciclone della transizione, e le nazioni partner, le organizzazioni della società civile e le entità del settore privato, aziende e finanziatori compresi, dovranno rimboccarsi le maniche e trovare un modo efficace di aiutare il paese a realizzare la visione che Modi ha così chiaramente esposto a Glasgow. 

 

I tempi della transizione

L’annuncio dell’India ha portato la stampa a concentrarsi sull’obiettivo delle emissioni di carbonio allo zero netto al 2070, tuttavia gli obiettivi più impressionanti sono quelli che il paese si propone sul breve termine: non solo la riduzione dell’intensità delle emissioni di carbonio della sua economia a meno del 45 percento rispetto ai livelli del 2005, ma anche la generazione del 50 percento del fabbisogno elettrico nazionale da fonti rinnovabili (attualmente al 10 percento), e il tutto entro il 2030. Si tratta di un’impresa titanica che, come correttamente stimato dalla IEA in uno dei suoi scenari, necessiterà di ingenti spese in conto capitale perché uno dei sette dollari della spesa mondiale per lo stoccaggio energetico e le tecnologie di energia rinnovabile vada attribuito all’India. Il governo indiano è pienamente intenzionato a garantire che si spenda quanto più capitale possibile per i produttori con sede in India, il che è giusto se il paese vuole gestire da padrone la propria titanica transizione energetica e creare posti di lavoro. È un’opportunità incredibile per le aziende straniere, per aprire in India e instaurare partnership con le entità locali in modo da entrare a far parte della catena del valore delle energie rinnovabili localizzate.  

Tuttavia, poiché le energie rinnovabili richiedono una capacità elettrica maggiore di quella nazionale dell’India, aumenterà la pressione sul settore nazionale del carbone, già sottoposto a uno stress tremendo, soprattutto per l’alimentazione delle centrali elettriche, i cui livelli di efficienza operativa sono sempre più bassi, in un contesto in cui i distributori di elettricità soffrono per la scarsità delle entrate e non riescono a pagare per tempo le scorte di combustibile, e le utility statali non riescono a valutare con accuratezza la domanda, situazione che porta l’approvvigionamento di carbone del paese ad altalenare continuamente tra eccessi e carenze. Questi problemi sono ovviamente esacerbati dall’aumento delle quote di energia da fonti rinnovabili variabili nel mix di generazione indiano. Dando la sua approvazione alla dichiarazione finale della COP26, che contempla anche la riduzione graduale dell’uso del carbone, l’India si è dimostrata pronta all’inevitabile e fatidico cambiamento. Il paese dovrà attivarsi per pianificare un futuro energetico libero dal carbone. 

 

Per gestire quest’inevitabile transizione, l’India si è già unita ad altri tre paesi per ottenere fondi pilota dal Climate Investment Fund della World Bank nell’ambito del programma Accelerating Coal Transitions, per il potenziamento della capacità interna di gestire, nello specifico, le transizioni per l’affrancamento dal carbone. Per i quattro paesi in questione sono state sbloccate risorse per 2,5 miliardi di dollari: si tratta di fondi d’importanza cruciale per l’India, la cui transizione dal carbonio sarà tanto lunga da sembrare interminabile. Secondo una nuova ricerca della National Foundation for India, nei diversi settori legati alla catena del valore del carbone saranno dai 13 ai 20 milioni le persone che probabilmente verranno toccate dagli effetti dell’affrancamento dal carbone. Oltre ad assicurare una transizione energetica giusta per queste persone, la gestione della transizione dal carbonio necessiterà di un’attenta calibrazione dei bilanci statali, e in particolare di quelli dipendenti dalla catena del valore del carbone, e di nuovi piani di gestione per le grandi imprese pubbliche quali la Coal India Limited, la Indian Railways e la NTPC, società leader della produzione elettrica indiana. 

 

Mille miliardi di finanziamenti

L’entità dei finanziamenti necessari perché l’India mantenga l’impegno assunto alla COP26 è davvero importante, e non sorprende che il primo ministro Modi abbia insistito, nelle sue dichiarazioni al vertice, sulla necessità di mobilitare mille miliardi di dollari a sostegno della sua visione. E mentre gli appelli ai paesi sviluppati perché mobilitino queste risorse a favore dei paesi poveri sono stati un tema legittimo e costante nei negoziati sul clima, la questione della loro concreta erogazione è stata difficile. Parte delle risposte per la mobilitazione dei fondi dovranno pertanto venire dall’India stessa e dall’ambiente che essa saprà creare per attrarre capitale privato verso le opportunità di profitto offerte dalla transizione del suo mercato energetico. La IEA prevede che l’importo di cui l’India necessita a sostegno del suo più ambizioso scenario di energia pulita sarà all’incirca pari all’ammontare della sua spesa per le importazioni petrolifere, cioè 1,4 migliaia di miliardi di dollari. Ciò implica che all’India converrà procedere alla transizione del settore dei trasporti verso l’elettricità con studiata gradualità. 

Il paese è già leader nell’emissione di obbligazioni verdi e nella aste competitive volte a ridurre ai minimi storici il costo delle tariffe dei progetti per le rinnovabili su larga scala, e potrebbe ora provare a sperimentare i transition bond, con i quali, più che concentrarsi sull’incremento della capacità in energie rinnovabili, potrebbe raccogliere capitali per la transizione di alcune delle maggiori aziende statali orientate alla catena del valore dei combustibili fossili verso le verticali della catena del valore dell’energia pulita. La Coal India Limited, la NTPC e l’Indian Oil stanno già chiaramente entrando nel settore delle energie rinnovabili, ma il ritmo si può accelerare. Dare sostegno alla transizione di queste aziende statali sarà essenziale per garantire una transizione giusta, che salvi i posti di lavoro e le infrastrutture sociali vitali a esse associate. 

 

la fotoTraffico nelle strade di Hyderabad nell’India sudorientale 

 

E mentre il capitale privato e il settore privato esteri continuano a sostenere la crescita della transizione indiana verso l’energia pulita, sta agli istituti finanziari indiani (pubblici e privati) e al meccanismo di gestione finanziaria del governo indiano recuperare il ritardo e creare un quadro solido a sostegno di un’economia climaticamente allineata. Un recente rapporto di Carbon Tracker segnala che la Borsa di Mumbai ha il maggior numero di società quotate (statali comprese) ad alto rischio di asset stranding (fissato a 59 miliardi di dollari), a causa delle partecipazioni nella catena del valore del carbone. È essenziale che si risolva questa crisi dei crediti inesigibili e si ricominci daccapo con nuovi orientamenti per i prestiti, per creare un portafoglio di generazione gestibile mentre l’India procede alla transizione; sarà pertanto anche essenziale che la banca centrale indiana (Reserve Bank of India, RBI), che ha recentemente aderito al Network for Greening the Financial System (NGFS), dia le opportune indicazioni ai finanziatori pubblici e privati. Attraverso la rete dell’NGFS, la RBI potrà sensibilizzare gli istituti finanziari regolamentati sui rischi legati al clima e integrare questi rischi nel monitoraggio della stabilità finanziaria. 

 

L'India è il fulcro della scena energetica

Nella più recente delle sue previsioni, la IEA dichiara che l’India è ormai il fulcro della scena energetica mondiale in termini di consumo energetico e di proiezioni di crescita, e che lo sarà per i prossimi 25 anni, più di qualsiasi altro paese. È notevole che ciò si verifichi in un quadro di consenso mondiale alla limitazione delle emissioni di carbonio, in cui l’India sperimenta innovazioni incredibili nel campo delle tecnologie energetiche e dei business model per la loro attuazione: il paese è decisamente pronto a condividere le lezioni apprese e a essere protagonista della scena energetica mondiale nell’avvio della transizione energetica globale. A tal fine, l’India deve continuare a sviluppare il ruolo dell’organizzazione internazionale che ha lanciato alla COP21 di Parigi, l’International Solar Alliance (ISA): la fase successiva della coalizione prevede infatti che gli enti statali indiani, quali la NTPC, diano assistenza tecnica ai paesi dell’ISA in via di sviluppo i cui mercati delle energie rinnovabili sono meno robusti, per realizzare progetti che si basino sulle lezioni che l’NTPC ha appreso nell’implementazione dei progetti nazionali. Assumendo tale ruolo, anche l’NTPC potrà continuare a evolvere concentrandosi sull’ampliamento della verticale dell’energia pulita.  

 

la fotoL’ingegnere solare Minakshi Diwan si occupa dei lavori di manutenzione dell’impianto solare del villaggio di Tinginapu, nello Stato indiano dell’Orissa 

 

Il simbolo più efficace della funzione dell’India come fulcro del panorama energetico mondiale è stato il lancio della Green Grids Initiative - One Sun, One World, One Grid (GGI-OSOWOG) alla COP26 di Glasgow, iniziativa volta alla costruzione di una rete transnazionale di linee di trasmissione e parchi solari connessi che faccia fluire gli elettroni verdi da una parte all’altra del globo. Anche se può sembrare un proponimento difficile, le reti di trasmissione regionali transfrontaliere già approvvigionano di elettricità l’India e i suoi vicini, e ci sono piani per la realizzazione di altre super reti nel sud-est asiatico. L’India s’impegna a costruire un mercato energetico regionale in una realtà geograficamente complessa e non integrata, ed è nella giusta posizione per guidare l’impresa con successo. 

Alla COP26 l’India ha sorpreso il mondo con annunci ben più audaci del previsto. Il primo ministro Modi ha dichiarato ambizioni straordinarie che richiedono sforzi titanici e sono quanto mai necessarie in questo decennio, che sarà decisivo per l’azione sul clima. Un’impresa così immensa non la si compie da soli, e impone che si disponga di tutti gli strumenti e i processi necessari. L’India è aperta alla collaborazione estera per questo suo nuovo, ambizioso corso, ma per mantenere gli impegni assunti nel contesto internazionale dovrà parallelamente proseguire con le proprie riforme interne.