Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
Risorse greendi Laura El-Katiri, Mirjam Reiner, Rabia Ferroukhi
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VISONE STRATEGICA

Risorse green

di Laura El-Katiri, Mirjam Reiner, Rabia Ferroukhi

L’Africa ha fonti di energia rinnovabile ampie ma non sfruttate. Se le imbrigliasse, potrebbe fare un vero leapfrogging tra le varie fasi dello sviluppo tecnologico fino a creare un sistema energetico basato sulle rinnovabili a copertura di tutti i settori e gli utilizzi finali

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?entre i suoi governi e i suoi vari attori si concentrano sulla transizione energetica, l’Africa si trova a un bivio: ha una miriade di sfide per lo sviluppo da affrontare, dalla povertà ai cambiamenti climatici, e in campo energetico deve migliorare l’accesso a un’energia sostenibile e a prezzi abbordabili per i milioni di persone che ancora ne sono prive, il tutto nel contesto della ripresa resiliente dalla pandemia di Covid-19. E tutte le scelte politiche di oggi devono tener conto della previsione di crescita della popolazione africana, che dovrebbe quasi raddoppiare entro il 2050, passando dagli attuali 1,4 miliardi di persone a 2,5 miliardi: un’ulteriore e immensa pressione sulle risorse del continente.

 

I paesi africani sono tra i più vulnerabili alle conseguenze negative dei cambiamenti climatici, pur essendo in genere solo marginale il loro contributo alle emissioni di gas serra. I cambiamenti climatici già impongono all’Africa costi economici importanti: nel solo 2020 le nazioni africane hanno subìto perdite economiche per 38 miliardi di dollari, per effetti quali desertificazione e sfollamenti di massa; la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici costeranno miliardi ogni anno. Il rischio è che l’estrema vulnerabilità climatica, unita alle prospettive di inquinamento e degrado ambientale continui, comprometta le conquiste socioeconomiche fino a oggi raggiunte dalle economie e dai popoli africani, con conseguente offuscamento delle prospettive di sviluppo sostenibile.

la fotoIl Viale dei baobab, Madagascar. Solo nel 2020 sono stati persi
38 miliardi di dollari in conseguenza di desertificazione e sfollamenti di massa.
 

Il percorso da seguire deve anche plasmarsi sui rapidi cambiamenti del settore energetico mondiale. Sono sempre più numerosi i paesi che s’impegnano a obiettivi climatici di zero netto; diversificare l’approvvigionamento energetico e limitare la dipendenza dai combustibili fossili sono ormai priorità politiche per molti dei maggiori importatori di energia, e i progressi tecnologici rendono le soluzioni basate sulle rinnovabili l’opzione meno costosa per la maggior parte dei paesi. Evitare di intrappolare le economie e le società africane in sistemi energetici sempre più obsoleti che le gravano di attivi non recuperabili, limitano le loro prospettive economiche e si ripercuotono negativamente sul benessere dei cittadini e sull'ambiente è pertanto imperativo ai fini dello sviluppo.

In Africa, l’utilizzo delle energie rinnovabili è storicamente incentrato sull’uso tradizionale della biomassa per cucinare, che resta un pilastro dell’approvvigionamento energetico per milioni di famiglie, e sull’energia idroelettrica per la generazione di elettricità. Negli ultimi anni è cresciuta la diffusione delle rinnovabili moderne, con le addizioni maggiori dall'energia solare. Le rinnovabili (solare, eolica e geotermica) contribuiscono solo marginalmente al mix energetico africano, a eccezione dell’energia idroelettrica. L’Africa rappresenta meno del 3 percento della capacità di generazione elettrica da rinnovabili installata nel mondo, a dimostrazione di quanto poco si sia fatto per sfruttare le vaste risorse di energia rinnovabile del continente rispetto alla grande corsa alle sue risorse esauribili (i combustibili fossili).

La modellazione evidenzia il valore di un buon esito della transizione energetica per i paesi africani. Lo scenario degli 1,5 gradi Celsius elaborato dell’IRENA traccia un percorso globale ispirato all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e all’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, e implica benefici importanti che l’Africa può conseguire con un percorso meno ambizioso che si basi sugli impegni attuali. I vantaggi comprendono una crescita del PIL del 6,4 percento e un aumento del 3,5 percento dei posti di lavoro in tutti i settori dell’economia. La transizione energetica promette anche importanti benefici in termini di benessere, come creazione di posti di lavoro, miglioramento della salute pubblica e benefici ambientali, parametri quantificati dall’Energy Transition Welfare Index di IRENA. Tradurre in realtà questi risultati del modello richiederà una serie di politiche ambiziose e onnicomprensive che illustriamo di seguito.

 

Il potere di una politica onnicomprensiva

Potenziare il ruolo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica e aiutare l’Africa a uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili significa davvero spingere il continente verso un futuro più sostenibile. Per realizzare il potenziale di transizione energetica dell’Africa, gli obbiettivi in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica dovranno essere corredati da un paniere di politiche onnicomprensivo, diretto non solo al settore energetico. Lo scenario degli 1,5 gradi Celsius dell’IRENA si basa su elementi chiave quali la cooperazione internazionale (sostegno finanziario mondiale alla roadmap per la transizione energetica dell’Africa), regimi fiscali progressivi e tariffazione del carbonio, in aggiunta a investimenti proattivi dei settori pubblico e privato e a politiche ambientali e climatiche mirate. Il paniere delle politiche climatiche dell’IRENA ha un forte impatto sulla risultante impronta socioeconomica, cosa che evidenzia l’importanza di un’adeguata definizione delle politiche per una buona riuscita della transizione.

Tra le politiche chiave vi sono piani e obiettivi di livello nazionale o regionale per le energie rinnovabili e una maggiore efficienza energetica. Tali politiche devono essere accompagnate da misure atte a evitare l’arenamento in percorsi di continua dipendenza dai combustibili fossili, misure capaci di portare a una graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili e di scongiurare ulteriori investimenti in carbone, petrolio e gas. Per sostituire i sistemi energetici basati sui combustibili fossili, i decisori politici devono mobilitare investimenti pubblici e privati in infrastrutture energetiche nuove o migliorate quali reti elettriche, reti di teleriscaldamento e raffrescamento, stazioni di ricarica elettrica; devono promuovere l’innovazione e valutare quali misure siano necessarie per rendere l’energia accessibile a tutti. Per garantire l’accettazione e il sostegno popolare alla transizione energetica, sarà fondamentale intraprendere azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle soluzioni basate sulle rinnovabili e i loro vantaggi anche finanziari.

 

la fotoLa transizione energetica creerà nuovi posti di lavoro, in numero superiore a quelli che si perderanno nel settore energetico tradizionale.

Le politiche di diffusione diretta prevedono misure normative atte a creare un mercato per le energie rinnovabili, a produrre cambiamenti nel settore energetico, come, inter alia, l’accesso alla rete e il dispacciamento prioritario, e misure fiscali quali incentivi e ammortamenti/deduzioni in conto capitale, oltre a incentivi finanziari come sussidi e sovvenzioni mirati. La ristrutturazione del settore energetico e i meccanismi di approvvigionamento strutturato, per esempio le tariffe feed-in e le aste, consentono investimenti privati nella generazione di energia da fonti rinnovabili, in particolare tramite produttori indipendenti. Questi meccanismi costituiscono sempre più spesso parte integrante del paniere di strumenti offerti dalle banche multilaterali di sviluppo e dagli istituti di finanziamento dello sviluppo, unitamente a meccanismi di finanziamento come, per esempio, prestiti agevolati e strumenti di riduzione del rischio, che sono fondamentali per sbloccare gli investimenti.

A oggi in Africa, come nella maggior parte delle regioni del mondo, le politiche di diffusione si concentrano sul settore dell’energia elettrica e, in esso, sui grandi impianti centralizzati e sulle reti a questi associate. Le mini-grid e le altre rinnovabili decentrate offrono ulteriori opzioni, in particolare per i paesi africani in cui il deficit di accesso all’energia rimane ancora importante. La politica energetica deve tuttavia contemplare anche gli altri utilizzi finali: trasporto, riscaldamento e raffrescamento, cucina pulita. In alcuni paesi sono in atto programmi di riscaldamento solare dell’acqua, con appositi regolamenti e incentivi, situazione che offre anche significative opportunità di collaborazione con il settore privato. Le misure in materia di trasporti sono invece ancora scarse e s’incentrano principalmente sui mandati di miscelazione dei biocarburanti.

In futuro si dovrà portare l’attenzione anche sulla mobilità elettrica. Nel corso del tempo, l’idrogeno verde potrà fare da collegamento tra la generazione di elettricità rinnovabile, crescente e sostenibile, e i settori di difficile elettrificazione. Per conseguire i benefici socioeconomici della transizione energetica servono politiche lungimiranti, che amplino e rafforzino la base industriale africana, attualmente limitata, nel quadro di uno sforzo più ampio di diversificazione delle economie e di riduzione della dipendenza dall’esportazione di materie prime non trasformate.

I mercati del lavoro sono un’altra questione importante. La transizione energetica creerà molti nuovi posti di lavoro, in numero superiore a quelli che si perderanno nel settore energetico tradizionale, e aprirà così opportunità occupazionali per donne, giovani e membri delle comunità marginalizzate. Le politiche per il mercato del lavoro, tuttavia, si troveranno a dover affrontare eventuali disallineamenti che potrebbero evidenziarsi nel corso della transizione energetica a causa del graduale scomparire dei posti di lavoro e delle industrie del settore dei combustibili fossili e dell’emergere di nuove industrie e opportunità di occupazione nelle energie rinnovabili e nei settori correlati.

la fotoUn treno merci attraversa il deserto in Mauritania. La politica energetica dovrà prendere in considerazione anche il sistema dei trasporti. 

 

Aumentare i finanziamenti

Saranno necessari investimenti su larga scala per sostenere una transizione energetica che sia in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goal, SDG). Serviranno finanziamenti per costruire capacità di energia rinnovabile, per creare strutture economiche in grado di sostenere la transizione e garantire i benefici associati allo sviluppo, e per affrontare le sfide climatiche. Le risorse finanziarie mobilitate per far fronte alle ripercussioni socioeconomiche della pandemia di Covid-19 hanno alterato la percezione di ciò che i governi possono e devono fare, ma i costi dell’inazione rivelano quanto minori siano i costi di un’azione efficace.

L’accesso ai finanziamenti per il clima rimane comunque un ostacolo chiave per i paesi africani, e gli attuali investimenti nella generazione di energia nella regione restano tra i più bassi al mondo. Delle 2,8 migliaia di miliardi di dollari investiti a livello mondiale tra il 2000 e il 2020, solo il 2 percento è andato all’Africa, nonostante l’enorme potenziale del continente. Un modo per potenziare la spesa sull’Africa è garantire che le decisioni di investimento del settore pubblico diano chiaramente priorità alle energie rinnovabili e non ai progetti sui combustibili fossili. I programmi di finanziamento verde gestiti dalle banche nazionali di sviluppo possono migliorare l’accesso al credito per le attività industriali che alimentano le catene del valore delle energie rinnovabili; sono numerosi gli esempi di tali programmi in Europa e in Nord e Sud America, ma ancora non ne sono emerse versioni africane degne di nota. Per mobilitare altro capitale servirà continuo sostegno da parte degli istituti di finanziamento dello sviluppo (agenzie di credito all’esportazione comprese), dalle banche multilaterali di sviluppo e dai fondi di garanzia.

A fare la differenza potranno essere anche iniziative bilaterali e multilaterali mirate: per esempio, l’International Just Energy Transition Partnership (partenariato internazionale per una transizione energetica giusta) tra Sudafrica e Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Europea, annunciato alla COP26, costituisce un meccanismo volto a sostenere le transizioni energetiche in Sudafrica. Questo partenariato nella sua prima fase di finanziamento mobiliterà 8,5 miliardi di dollari per supportare uno “sviluppo a basse emissioni e climaticamente resiliente, per accelerare la transizione giusta e la decarbonizzazione del sistema elettrico e per sviluppare nuove opportunità economiche quali veicoli a idrogeno ed elettrici”. È necessario che il denaro affluisca non solo per i progetti del settore energetico, ma anche per quelli per i trasporti, il riscaldamento e il raffrescamento.

la fotoLa centrale geotermica di KenGen ad Olkaria, Kenya. L’Africa rappresenta meno del 3% della capacità di generazione elettrica da rinnovabili nel mondo. 

 

La promessa di un Green Deal africano

La natura poliedrica delle politiche necessarie a promuovere una transizione energetica giusta e orientata allo sviluppo in Africa richiede un approccio onnicomprensivo, coordinato e articolato a livello regionale. Un Green Deal ideato su misura per il contesto africano potrebbe costituire il quadro istituzionale e programmatico che serve per mobilitare risorse e azioni politiche di scala adeguata combinando gli intenti per il conseguimento degli obbiettivi climatici e ambientali, promuovendo lo sviluppo e la diversificazione economici e la creazione di posti di lavoro nella regione del mondo che più dipende dalle materie prime, garantendo al contempo equità sociale e benessere per la società nel suo complesso.

Il concetto s’ispira alla massiccia mobilitazione di risorse operata dal presidente Franklin D. Roosevelt negli Stati Uniti degli anni Trenta del secolo scorso. Oltre settant’anni anni dopo, all’indomani della grande recessione del 2007-2008, emergono proposte per un altro nuovo Green Deal, in un clima di crescente consapevolezza degli stretti legami tra le questioni socioeconomiche e quelle ambientali. Nel contesto della pandemia di Covid-19 e della sempre più pressante crisi climatica, il concetto si rivitalizza e si aggiorna fino a diventare un programma trasformativo per la decarbonizzazione dell’Europa e a ispirare nuove proposte di legge negli Stati Uniti.

Un Green Deal africano potrebbe sostenere la creazione di un meccanismo che consenta ai leader africani di articolare, mappare e dichiarare con vigore le proprie agende per la transizione climatica e lo sviluppo, a livello nazionale e regionale. È necessario un coordinamento regionale per promuovere sinergie tra paesi e regioni, per ampliare le economie di scala e promuovere lo sviluppo di catene di fornitura regionali di natura resiliente. La creazione di cluster regionali e catene di fornitura nel settore delle energie rinnovabili offre il potenziale per sfruttare le capacità locali e avviare le imprese locali sulla strada della competitività attraverso economie di scala e riduzione dei costi.

Analogamente, la promozione della complementarità industriale può prevenire la duplicazione degli sforzi ed evitare l’errore di presumere che ciò che vale per un paese valga anche per i paesi vicini che operano negli stessi mercati regionali, e può anche rendere le politiche di contenuto locale più efficienti ed efficaci. La specializzazione intraregionale dei diversi segmenti della catena del valore delle energie rinnovabili e degli altri settori legati alla transizione energetica può avvantaggiarsi della complementarità delle risorse presenti nella regione. Le regioni africane hanno punti di forza complementari, dall’abbondanza di minerali critici fino alla capacità manifatturiera e alla prossimità a rotte commerciali importanti. Un approccio di questo tipo sosterrebbe l’acquisizione di nuovi vantaggi comparativi e creerebbe opportunità di diversificazione economica in tutta l’Africa.

Questo programma e piano generale per trasformare il continente africano in una centrale elettrica di portata mondiale stabilisce dei legami tra energia e industrializzazione. Oltre al New Deal on Energy for Africa dell’African Development Bank, che si propone di conseguire l’accesso universale all’energia in Africa entro il 2025, vi sono ora diverse altre iniziative a promuovere la diffusione delle energie rinnovabili: l’Africa Renewable Energy Initiative, l’Africa Power Vision, l’African Clean Energy Corridor e la Desert to Power dedicata agli 11 paesi del Sahel; di recente, inoltre, l’Unione Africana ha lanciato un nuovo mercato unico dell’elettricità nel continente.

I membri delle comunità regionali africane hanno già dimostrato il proprio impegno per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, con l’istituzione di centri dedicati che hanno sviluppato piani energetici e roadmap regionali. Lo sviluppo delle energie sostenibili è stato inoltre integrato in varie strategie e programmi di sviluppo regionale, come anche nei contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contribution, NDC) che numerosi paesi africani hanno presentato in ottemperanza all'Accordo di Parigi.

Vi sono pertanto meccanismi di cooperazione per le energie sostenibili e lo sviluppo industriale, a livello sia continentale sia regionale, e un Green Deal potrebbe integrarli in un pacchetto politico ambizioso. Questo nuovo Green Deal contribuirebbe innanzitutto ponendosi come forum in cui i principali attori regionali (Unione Africana, governi, istituzioni multilaterali, settore privato e altri partner di sviluppo) possono creare consenso, individuare obiettivi regionali credibili, individuare e sfruttare sinergie tra le diverse strategie nazionali e regionali per la transizione energetica e pianificare le fasi successive.

Sotto l’egida di un Green Deal africano si potranno creare alleanze regionali per coordinare la ricerca, la produzione e la diffusione di specifiche tecnologie per le energie rinnovabili. La pandemia di Covid-19 ha sottolineato in modo drammatico che nessun paese è un’isola a sé e che la solidarietà mondiale è essenziale. Per risolvere la crisi climatica e garantire uno sviluppo inclusivo serve una cooperazione internazionale ancor più forte.

L'Africa può beneficiare di un vigoroso approccio multilaterale che va oltre la cooperazione intra-africana. Per esempio, il partenariato Africa-Unione europea è volto a rafforzare la cooperazione economica su questioni di interesse comune quali il clima e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). Queste specifiche forme di cooperazione possono attingere all’esperienza dei vari paesi del mondo, portare i finanziamenti promessi per la mitigazione e l’adattamento climatici e assicurare la condivisione tra regioni, paesi e comunità delle lezioni apprese e delle soluzioni ideate.

Per una buona riuscita servono una visione olistica e un forte impegno politico. Un approccio onnicomprensivo richiede una visione strategica, un quadro politico ampio, risorse finanziarie di larga scala e le capacità istituzionali necessarie ad attuare la strategia. Importanti quanto l’attuazione di qualsiasi misura specifica sono un’articolazione delle politiche che sia stimolante, una consapevolezza estesa a tutto il grande pubblico e l’inclusione di tutte le diverse comunità e stakeholder.

Anche il settore privato ha un ruolo essenziale, e ha la responsabilità di lavorare in modo costruttivo con i decisori politici e gli altri stakeholder per sostenere il percorso dell’Africa verso un futuro energetico sostenibile. Ciò vale in particolare per le aziende dei combustibili fossili, che hanno tratto vantaggi immensi dalle emissioni climalteranti. Il futuro dell’Africa dipende da quanto le imprese si adopereranno per supportare pratiche sostenibili di utilizzo delle risorse naturali e dalla loro capacità di scegliere una redditività a lungo e non a breve termine che dia ai loro paesi prospettive economiche di lungo termine.

 

 

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