Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
La rivoluzione del leapfrogging di Giulia Sofia Sarno, Lorenzo Colantoni
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SALTI HIGH TECH

La rivoluzione del leapfrogging 

di Giulia Sofia Sarno, Lorenzo Colantoni

L'Africa può puntare a raggiungere un accesso all’energia universale sostenibile saltando i passaggi intermedi del carbone e dei combustibili fossili con un mix energetico completamente accessibile e verde 

14 min

L'Africa è al centro di una rivoluzione energetica. Nel 2013, per la prima volta dai tempi dell’indipendenza coloniale, l’accesso all’energia è aumentato anziché diminuire, ma la situazione è ancora complicata. Nel 2020 in Africa sono state circa 580 milioni le persone escluse dall’accesso all’energia elettrica, e la pandemia ha rallentato i nuovi collegamenti, ma ormai sono state gettate le basi di un processo che, per la prima volta nella storia, sta rendendo l’accesso universale all’energia nell’Africa subsahariana un traguardo raggiungibile. E c’è di più: l’Africa può conseguire questo traguardo, essenziale per il suo sviluppo, in modo completamente sostenibile, saltando i passaggi intermedi del carbone e, soprattutto, della forte dipendenza dai combustibili fossili, passaggi che sono stati invece necessari al processo di elettrificazione della maggior parte delle altre regioni del mondo, quali Asia ed Europa. L’Africa subsahariana può così compiere il suo leapfrogging balzando direttamente da una situazione di scarsa se non nulla accessibilità all’energia a un mix energetico completamente accessibile e verde, un cambiamento che può trasformare drasticamente non solo il settore energetico ma anche l’economia e la società dell’intero continente. 

Un concetto nato con le telecomunicazioni 

Nell’Africa subsahariana, il concetto di leapfrogging è stato utilizzato per la prima volta con riferimento alle telecomunicazioni: nell’ultimo decennio, paesi quali Kenya e Ghana hanno visto una crescita esponenziale delle connessioni mobili, superando la maggior parte dei paesi europei in termini di numero di telefoni cellulari pro capite (secondo i dati della Banca Mondiale), e bypassando così lo sviluppo delle linee telefoniche fisse, questione che le difficoltà dello sviluppo infrastrutturale di molti paesi africani rende irrisolvibile ormai da decenni. Questo leapfrogging delle telecomunicazioni, congiuntamente all’aumentare dell’accesso a Internet, ha avuto importanti effetti sull’istruzione, l’accesso alla finanza (grazie ai pagamenti via cellulare) e, infine, sulla produttività e le economie. E l’impatto della rivoluzione energetica africana sarà ancor più ampio.  

Nonostante la loro eterogeneità, molti paesi africani già manifestano gli effetti di questo straordinario cambiamento. Secondo l’International Energy Agency (IEA), nel 2000 in Kenya la popolazione con accesso all’energia era l’otto percento, mentre nel 2018 era il 75 percento e nel 2019 l’84,5 percento. Nel periodo 2000-2018 in Etiopia l’accesso all’energia è salito dal 5 percento al 45 percento, e in Angola è più che raddoppiato, raggiungendo il 43 percento della popolazione. È un trend comune a molti paesi africani, in particolare nella parte orientale del continente, ed è dovuto principalmente al ricorso alle energie rinnovabili e alla frequenza delle soluzioni off-grid, che portano grandi benefici alla popolazione rurale (la più colpita dalla mancanza di energia). A sua volta questo ha effetti evidenti sul settore energetico, e non solo: il Kenya vede fiorire il mercato dei sistemi solari domestici e assiste alla nascita di un settore industriale e al consolidamento della propria capacità di trasformazione agricola (per quanto ancora relativamente bassa). Inoltre, il passaggio graduale dai generatori diesel ai sistemi solari off-grid protegge sempre più i paesi africani dai possibili e devastanti shock del prezzo del petrolio. La rapida diffusione delle energie rinnovabili, la loro alta intensità occupazionale e la possibilità di sviluppare tecnologie a livello locale (già esplorata da paesi come Kenya e Sudafrica), sono fattori che indicano il vasto potenziale dell’impatto socioeconomico del leapfrogging nel decennio a venire. 

Questo grande balzo, tuttavia, non implica solo l’utilizzo di fonti rinnovabili, ma necessita anche di un approccio ai sistemi energetici completamente diverso rispetto a quello storicamente adottato da altre regioni del mondo. Questo comporta una serie di requisiti diversi, in primis e soprattutto flessibilità nella progettazione energetica e consapevolezza di come le soluzioni di taglia unica possano in realtà non funzionare nella varietà dei paesaggi geografici e sociali dell’Africa. Il cambiamento deve essere anche sistemico e contemplare la diversificazione non solo delle fonti ma anche dei metodi di distribuzione (combinazione di soluzioni on-grid e off-grid), oltre a una diversa strutturazione dei mercati energetici e della finanza energetica.  

Energie alternative, sono loro il futuro 

L’elemento chiave che rende il leapfrogging energetico una possibilità concreta per l’Africa è l’enorme potenziale di energia rinnovabile del continente. Le stime sono ancora limitate, ma i dati sono molto eloquenti: il potenziale fotovoltaico teorico è di 650.000 terawattora l’anno, mille volte il consumo attuale, e si concentra principalmente nelle aree orientale e meridionale. Analogamente, per l’energia eolica, stime recenti indicano una produttività teorica di 460.000 terawattora l’anno, principalmente nell’Africa settentrionale e orientale. Con circa 35 gigawatt di capacità installata e altrettanti di capacità potenziale, l’energia idroelettrica è tradizionalmente la fonte rinnovabile più sfruttata e la fonte energetica principale in paesi come il Mozambico, ma è anche la fonte più vulnerabile ai cambiamenti climatici.  

Lo sfruttamento di questo vasto potenziale potrebbe garantire l’accesso universale all’energia (attualmente solo il 50 per cento della popolazione africana è raggiunta dall’elettricità), e sostenere la crescita del PIL, il tutto garantendo il conseguimento di obiettivi climatici sempre più ambiziosi, compresi quelli in materia di energia rinnovabile espressi in 45 dei 53 contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contribution, NDC) dell’Africa.  

La dotazione di fonti di energia rinnovabile (FER) è abbondante in tutto il continente, e la regione subsahariana è quella che più di tutte può compiere il leapfrogging energetico, grazie al suo basso sviluppo di infrastrutture di elettrificazione e del basso accesso all’energia, situazioni che consentono di implementare direttamente sistemi basati sulle FER senza dover affrontare la riconversione di infrastrutture tradizionali preesistenti. L’Africa, tuttavia, è anche ben dotata di risorse di combustibili fossili, da cui deriva il 50 percento della produzione totale della regione subsahariana, in particolare con l’uso di generatori alimentati a diesel (molto diffusi, per esempio, in Nigeria), mentre il restante 50 percento proviene principalmente da fonti idroelettriche. 

La domanda è quali fonti di energia si utilizzeranno per estendere l’accesso all’elettricità ai 580 milioni di persone che, nella regione subsahariana, ne sono ancora esclusi. In alcuni contesti, la mancanza di risorse fossili nazionali praticabili, oppure i prezzi bassi e l’abbondanza delle forniture ai mercati globali disincentivano l’intensificazione delle attività di trivellazione. Al contempo, nei paesi la cui crescita economica è profondamente legata ai ricavi provenienti dai combustibili fossili, quali Nigeria e Angola, le FER sono un argomento convincente, perché potranno ridurre la dipendenza economica dall’estero, in un mondo che sta compiendo una transizione volta a eliminare le fonti inquinanti.  

la fotoElettricisti riparano linee elettriche ad alta tensione per la rete elettrica nazionale a Johannesburg, in Sud Africa.

Le soluzioni energetiche decentralizzate sono fondamentali 

L’implementazione di un sistema di elettrificazione basato sulle Fer per alimentare lo sviluppo della regione necessita di un’architettura e di soluzioni tecnologiche adeguate. L’Africa subsahariana si caratterizza per un’elevata dispersione della popolazione che, combinata con la limitata espansione della rete elettrica, disegna un contesto unico, in cui le soluzioni energetiche decentralizzate giocano un ruolo fondamentale. Queste soluzioni consistono in sistemi mini-grid e stand-alone ad alimentazione solare, e rappresentano gli investimenti più convenienti nelle aree a bassa densità, in cui l’accesso all’energia è minimo; possono pertanto contribuire al rapido conseguimento dell’accesso universale. I dati mostrano che nell’Africa subsahariana i sistemi mini-grid e stand-alone potrebbero raggiungere il 20 percento del totale degli investimenti di nuova capacità entro il 2040.  

Questi sviluppi necessitano anche di normative e misure di sostegno solide, affidabili e adeguate alla diversa realtà di ciascun paese. In particolare, un’architettura flessibile che si basi sia su soluzioni off-grid sia su sistemi on-grid secondo la densità di popolazione è l’approccio più efficace, ma è necessario che i governi nazionali pianifichino l’espansione della rete in modo aperto e affidabile, per non creare una concorrenza non sostenibile che provochi la fuga degli investimenti privati in soluzioni off-grid (la generazione on-grid è solitamente più economica). Insieme al decentramento, altro fattore chiave del grande balzo verso un sistema energetico universale e basato sulle Fer è la digitalizzazione, e un ruolo importante hanno in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Per l’adozione di soluzioni decentralizzate basate sulle FER è essenziale l’ampia diffusione dei telefoni cellulari (spesso superiore al 70 percento nell’Africa subsahariana), soprattutto nelle aree rurali, per superare la non inclusione finanziaria e l’assenza di sistemi bancari, con i telefoni cellulari che diventano strumenti di pagamento e di gestione per l’utilizzo di unità energetiche stand-alone (modelli pay-as-you-go). Inoltre, la significativa penetrazione di Internet in molti paesi dell’Africa subsahariana genera opportunità importanti nel settore energetico, dalla creazione di comunità energetiche interconnesse fatte di prosumer, alla raccolta di dati, all’efficienza energetica.  

Oltre a sfruttare il potenziale delle Fer con soluzioni decentralizzate e digitali, il leapfrogging comporta una trasformazione più ampia del sistema energetico, che contempla delle riforme strutturali del mercato. Si tratta di riforme fondamentali per attrarre il livello di investimenti necessario a implementare il nuovo sistema energetico. In particolare, è essenziale che il mercato si apra agli investitori privati, che ancora mancano, in tutto il continente. Sulla carta, dei 54 paesi africani sono 29 quelli che consentono la partecipazione privata; tuttavia, nel settore energetico la maggior parte di questi paesi ha ancora strutture a integrazione verticale, e gli investimenti privati sono molto limitati. Nell’Africa subsahariana, solo sei paesi hanno strutture disaggregate con un ruolo importante nel settore privato (Angola, Ghana, Kenya, Nigeria, Uganda e Zimbabwe). Essenziale è la presenza di un regolatore indipendente che monitori il mercato, così come anche l’adozione di strumenti chiave quali contratti PPA (Power Purchase Agreement) standardizzati, tariffe Conto Energia (Feed-in-Tariff), leggi sulle partnership pubblico-privato, incentivi ad hoc (quali esenzioni fiscali temporanee e prestiti a basso interesse), e soprattutto sistemi d’asta per le RES; questi ultimi al momento sono presenti solo in Ghana, Mauritius, Uganda, Sudafrica e Zambia, ma sono fondamentali per la diffusione delle rinnovabili nel mondo. Anche ponendo in atto i predetti strumenti, vi sono tuttavia fattori quali la corruzione, la scarsa attuazione e la confusione nelle competenze dei vari ministeri e delle agenzie coinvolti, che possono far aumentare la percezione del rischio e, quindi, ostacolare gli investimenti privati. 

la fotoPannelli solari sul tetto di una struttura dove si fa formazione per tecnici solari e auditor di energia presso la Strathmore University a Nairobi, in Kenya. Per l’accesso all’energia le soluzioni energetiche decentralizzate giocano un ruolo fondamentale.

A un passo dalla grande svolta energetica africana  

Sono molti sono gli ostacoli che si pongono a questo rivoluzionario leapfrogging, ma il suo potenziale di trasformazione è immenso. Può incrementare la domanda di servizi energetici per utilizzi finali quali riscaldamento, cucina pulita e apparecchi elettrici puliti, e avere così effetti diretti, immediati e forti sulle condizioni di vita della popolazione. Può fungere da volano per l’economia nel suo complesso, dall’industria all’agricoltura, promuovendo quello sviluppo solido e duraturo che molti paesi africani, anche quelli politicamente ed economicamente più stabili, ricercano ormai da decenni. Sarà inoltre fondamentale per il disaccoppiamento di crescita ed emissioni a livello globale, in una regione, come questa, in cui è essenziale incrementare il benessere ma il cui sviluppo non sostenibile potrebbe rivelarsi fatale per la lotta mondiale ai cambiamenti climatici. Il successo del leapfrogging energetico dell’Africa necessita che si compia tutta una serie di cambiamenti, oltre a quelli già evidenziati, con ampio coinvolgimento della comunità internazionale, dalla promozione degli investimenti a lungo termine allo spostamento della concentrazione dei fondi per lo sviluppo dal sostegno ai singoli progetti al derisking. Mentre si approssima la COP27, che si terrà in Africa e probabilmente s’incentrerà sulla finanza per il clima, il 2022 potrebbe essere il momento perfetto per suggellare la grande svolta energetica africana.