Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
Tattiche di indipendenzadi Cinzia Bianco
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Energia

Tattiche di indipendenza

di Cinzia Bianco

La diplomazia energetica dell'Unione europea nel Golfo, intrapresa per la necessità di affrancarsi dal gas russo, può essere proficua anche sul fronte della transizione energetica, facendo convergere sicurezza energetica e climatica 

9 min

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?ltre che sul campo di battaglia, gli europei sostengono l’Ucraina contro la Russia facendo leva sul proprio considerevole peso in due domini: energia ed economia. I tentativi della Russia di utilizzare come arma le forniture energetiche hanno generato negli europei la determinazione a porre fine alla propria dipendenza dal gas e dal petrolio russi. L’Unione europea ha recentemente formalizzato l’impegno a ridurre di due terzi le importazioni di gas russo entro il 2023, e sta attualmente lavorando per rendere totale l’embargo sul petrolio russo entro la fine del 2022. Tali dinamiche, unitamente agli squilibri preesistenti nei mercati energetici, hanno spinto i prezzi del petrolio sopra i 100 dollari al barile, in una crescita che non si arresta. Naturalmente, le bollette energetiche dei consumatori e delle aziende europee sono salite alle stelle, e nel frattempo gli europei pagano profumatamente l’energia alla Russia, per importi che addirittura oscurano quelli destinati al sostegno dell’Ucraina. Questi pagamenti consentono al governo russo, che deriva il 40 per cento delle proprie entrate dalle esportazioni di energia, di sopravvivere alla paralisi generata dalle sanzioni non energetiche. Per diversificare, l’Europa si è rivolta ai principali produttori di energia, soprattutto ai paesi del suo vicinato meridionale.

 

Guardando al Qatar

Dopo aver concordato con gli Stati Uniti un aumento della fornitura di gas naturale liquefatto (GNL), gli europei si sono rivolti anche al Qatar, che con gli Stati Uniti è il maggior produttore mondiale di GNL. Il Qatar ha inizialmente risposto che la sua produzione era vincolata a contratti a lungo termine con clienti asiatici e di avere poca capacità inutilizzata da vendere sul mercato spot. Poiché il paese aveva comunque già pianificato investimenti per il raddoppio della propria capacità produttiva, gli europei hanno iniziato a negoziare con il Qatar accordi di esportazione a lungo termine, da attuarsi successivamente al 2025. Nel marzo di quest’anno, il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio e il ministro dell’Energia tedesco Robert Habeck sono volati entrambi in Qatar per assicurarsi questi accordi; Germania e Italia, intanto, hanno avviato il finanziamento della costruzione di nuovi terminali GNL sui propri territori. Comunque, le trattative con il Qatar non si sono ancora concluse e ancora permangono due grandi difficoltà. Germania e Italia, al pari, in generale, degli altri attori dell’Ue che mirano alla neutralità carbonica al 2050, sono riluttanti ad accettare la richiesta del Qatar di siglare accordi dalla durata almeno ventennale. Inoltre, il Qatar insiste anche su condizioni quali, in particolare, una clausola di destinazione che impedisca a Berlino di reindirizzare il gas verso altre aree europee, condizione cui l’Ue si oppone fermamente.

 

la fotoLo skyline di Doha incorniciato dagli archi del patio del Museo di Arte Islamica.

 

Un altro grande problema per gli europei è legato al petrolio. Gli europei intendono emanciparsi delle importazioni di petrolio russo entro la fine del 2022: sostituire il petrolio è certamente più facile che sostituire il gas, ma l’Europa deve anche in questo caso assicurarsi nuovi fornitori. Gli accordi firmati quest’anno dall’Arabia Saudita con la polacca Orlen e la danese Kalundborg Refinery mettono ora Riad in posizione forte per l’accesso ai mercati di Polonia, Repubblica Ceca, Lituania e Danimarca, e questi paesi potrebbero di conseguenza velocizzare la propria diversificazione dalla Russia. Nel maggio di quest’anno la francese TotalEnergies ha iniziato a inviare il petrolio emiratino in Europa, segno evidente di come gli Emirati Arabi Uniti (Uae) potrebbero anche qui rafforzare la propria posizione. Un altro e più grande problema legato al petrolio è, per gli europei, il controllo dell’impennata dei prezzi indotta dal crescere della domanda e dalla scarsità dell’offerta. Anche in questo caso servirebbe la collaborazione dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, in qualità di leader dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Riad e Abu Dhabi potrebbero avere un impatto importante se incoraggiassero tutti i paesi dell’Opec a produrre più petrolio, ma hanno finora respinto i molteplici appelli degli Stati Uniti e dei leader europei ad aumentare la produzione di petrolio per contenere i prezzi.

 

la fotoIl Green Planet di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. La bio cupola è una foresta pluviale che ospita più di 3.000 specie di piante, animali e uccelli. 

 

Una partnership a lungo termine

Nella formulazione della propria strategia energetica rispetto alle monarchie del Golfo, l’Ue tiene conto di questi fattori in modo coerente con l’obiettivo climatico della neutralità carbonica al 2050. Di fatto, l’Europa sta adeguando le proprie politiche, quali il Green Deal, la Joint Partnership Cooperation (Jpc) tra l’Ue e il Gulf Cooperation Council (Gcc, Consiglio di cooperazione del Golfo), di prossima attuazione, e Re-Power EU, alle realtà del Golfo. La creazione di un partenariato energetico tra l’Europa e i paesi del Golfo è un tentativo a breve termine di avere la meglio sulla Russia, ma può anche essere funzionale a una strategia decennale per la transizione energetica che contempli i combustibili fossili sul breve termine e l’energia verde sul lungo termine. In questo senso, il Green Deal europeo può creare canali di cooperazione positiva con i paesi del Gcc, incentivando la diversificazione economica, lavorando sugli impegni di zero netto di Arabia Saudita e Uae e lavorando anche sullo slancio politico determinato dal fatto che, nel 2023, la COP28 si terrà proprio negli Emirati. L’imminente Jpc promuoverà programmi di cooperazione tecnica incentrati su energia solare, riciclaggio dei rifiuti, cattura e stoccaggio del carbonio, conservazione della biodiversità, lotta alla desertificazione, sicurezza idrica ed efficienza energetica, e potrà anche stimolare la cooperazione sull’elettricità, portandola oltre il dialogo tecnico tra produttori, gestori dei sistemi di trasmissione, distributori e relative associazioni, con piani per collegare la rete del regolatore elettrico dei paesi del Gcc alla rete elettrica dell’Ue attraverso l’Egitto, come follow-up dell’accordo stipulato tra Arabia Saudita ed Egitto dell’ottobre 2021. Infine, mentre si diversifica dall’energia russa, l’Ue procederà anche ad accelerare sulle rinnovabili.

 

la fotoLa capitale saudita Riyadh. La collaborazione dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti potrebbe servire per il controllo dell’impennata dei prezzi. 

 

Per gli europei, l’energia verde (l’idrogeno verde in particolare) può avere valore cruciale nel percorso verso la neutralità carbonica al 2050, perché preserverebbe la sicurezza energetica. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman sono in prima linea nella produzione di idrogeno verde, nella regione Mena e oltre. Per esempio, il progetto 2GW dell’Arabia Saudita a Neom, la megalopoli da edificarsi vicino ai confini con Egitto e Giordania, mira a produrre idrogeno verde a un prezzo tra gli 1,5 e gli 1,95 dollari al chilogrammo, mentre in generale l’Ue stima che l’idrogeno prodotto in Europa avrà un costo tra i 3 e i 6 dollari al chilogrammo. Il piano è che Neom inizi a esportare nel 2025, potenzialmente verso l’Europa. Nel 2021 la Germania ha firmato un protocollo d’intesa con l’Arabia Saudita per “promuovere la cooperazione bilaterale per la produzione, la lavorazione, l’applicazione e il trasporto di idrogeno pulito”. All’International Energy Forum del 2021, il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo presso la Commissione europea, Frans Timmermans, ha avviato un dialogo esplorativo con il ministro saudita dell’Energia, Abdulaziz bin Salman, sulla possibilità di un gasdotto per portare l’idrogeno all’Ue. L’emiratina Mubadala Investment Company sta già lavorando con l’italiana Snam, gestore di infrastrutture energetiche, alle possibili opzioni per i gasdotti per idrogeno.

 

Se sapranno plasmare e rinnovare le proprie relazioni con le monarchie del Golfo in modo utile a influenzare la transizione energetica dai combustibili fossili all’energia verde, gli europei avranno trovato la formula giusta per combinare i requisiti della sicurezza energetica con quelli della sicurezza climatica, due questioni che restano importantissime nella politica europea, e dimostreranno infine di aver imparato, proprio dalla loro eccessiva dipendenza dalla Russia, la necessità di un portafogli di fonti energetiche diversificato, di un pensiero rivolto al lungo termine e la reciproca inscindibilità di energia e geopolitica. Queste tre considerazioni sono destinate a riflettersi nei nuovi legami energetici tra l’Europa e il Golfo.