Gas
Primi anche nel calcio
Il Qatar, che ospiterà la coppa del mondo 2022, ha oggi una posizione centrale dal punto di vista geopolitico poiché “siede” su quella che rappresenta la principale ricchezza globale dal punto di vista energetico: il gas
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l più forte calciatore del mondo, Kylian Mbappé, ha confermato con il Paris Saint-Germain, il PSG, e non passa al Real Madrid, anche perché di soldi ne prenderà parecchi. Però non è solo per questo, c’è dell’altro: la proprietà gli ha promesso di dirigere i progetti sportivi del PSG, la squadra più ricca del mondo, posseduta dal fondo sovrano del Qatar, uno dei maggiori con quasi 500 miliardi di dollari. Il presidente del PSG è Nasser Al-Khelaifi, che dirige anche il fondo sovrano e l’associazione delle squadre di calcio europee. Lui è riuscito a portare il mondiale in Qatar e per il momento è questo il suo più importante successo; in campo ha vinto solo in Francia, mentre la Champions League rimane ancora un miraggio. È rimasto Mbappé perché, fra le altre cose, coltiva un progetto ambizioso, quello di impegnarsi a far sì che il calcio porti più sviluppo in Africa, la terra dei suoi genitori. Per il momento, abbondano i buoni propositi, meno i risultati.
Un’avanguardia che si allunga nel Golfo
Il calcio è un po’ lo specchio di quello che è oggi il Qatar che, a sua volta, è un po’ lo specchio di quello che è il Medio Oriente. Questa è una delle regioni più delicate per gli equilibri geopolitici del mondo, per tante ragioni, fra cui spiccano quelle legate all’energia. Il 60 percento delle riserve mondiali di gas e petrolio, le due fonti che contano per il 55 percento della domanda globale di energia, si trovano ancora in questa regione, e i costi del loro sviluppo sono qui fra i più bassi al mondo. Il Qatar è proprio come la sua geografia, quella che si vede sulla mappa, una sorta di avanguardia, che si stacca dalla penisola arabica e finisce nel Golfo Persico, allungandosi a nord, come a voler raggiungere l’altra sponda del mare, la Persia, oggi più comunemente chiamata Iran. Come nella geografia, il Qatar negli ultimi anni si è staccato dagli altri paesi ricchi della parte sud del Golfo per avvicinarsi all’Iran e per cercare una missione impossibile, quella di riunire le due sponde. La sua ambizione politica, che incontra ostacoli ben più solidi di quelli del campo di calcio, è nutrita dalla ricchezza economica che deriva dallo sfruttamento delle sue risorse energetiche, soprattutto il gas.
Nell’emergenza causata dalla guerra in Ucraina del 2022, l’unico paese al mondo che aveva progetti importanti di espansione di capacità di esportazione di gas era il Qatar. Chi ne sta beneficiando molto è l’Europa e anche l’Italia, che nel 2021 ha importato sotto forma di gas naturale liquefatto (GNL) 7 miliardi di metri cubi di gas attraverso il terminale Adriatic LNG, quello che si trova al largo delle coste della provincia di Rovigo, nell’Adriatico del Nord. Nei primi tre mesi del 2022 le importazioni sono cresciute del 14 percento a 1,9 miliardi metri cubi, che collocano il Qatar al terzo posto come principale fornitore di gas dell’Italia dopo Russia e Algeria. Il terminale Adriatic LNG è posseduto per il 22 percento dalla Qatar Petroleum, una quota di minoranza che nasconde il reale impegno che ha avuto il Qatar nel portare a compimento nel lontano 2009 un progetto che sembrava quasi impossibile. Una sorta di piccola Champions League. La quota di maggioranza del 71 percento è della ExxonMobil, mentre il rimanente 7 percento, inizialmente di Edison, è posseduto oggi dall’italiana SNAM, la società che gestisce il sistema di trasporto di gas in Italia. Non fosse stato per l’impegno del Qatar, forte delle sue enormi riserve di gas, non si sarebbero mai superate le opposizioni locali, i ritardi autorizzativi e le incertezze tipiche della realizzazione delle infrastrutture energetiche dell’Italia. Lo sforzo finanziario, del resto, è stato massiccio, con un investimento nel terminale, una struttura gigantesca in cemento appoggiata sul fondo del mare, pari a 3 miliardi di dollari, quasi tre volte quello che sarebbe costata a terra. Tutt’ora rimane l’unica struttura di questo tipo al mondo, ed è anche l’unica realizzata di grande dimensione dall’Italia per l’importazione di GNL, nonostante decenni di inutili tentativi per fare rigassificatori a terra.
L’altra struttura costruita in questi anni, il terminale galleggiante di Livorno, ha una capacità di 3,5 miliardi di metri cubi, contro gli 8 di Adriatic LNG, portati a 9 proprio all’inizio del 2022. Nei primi anni 2000, quando si discuteva di diversi progetti, spesso quello di Rovigo veniva dichiarato inutile e non compatibile con l’ambiente ed anche per questo fu spostato al largo, in mare, lontano dalla costa, diversamente da quanto prevedeva il primo progetto nel lontano 1996. Altri sottolineavano che l’eccesso di capacità che si intravedeva per il mercato del gas in Europa e in Italia, allora battezzata bolla del gas, rendeva inutile l’impianto, affermazioni che nel 2022, con la tragedia della guerra, sono state totalmente smentite. In quella determinazione, quasi ostinazione, con la quale il Qatar ha voluto portare a termine il progetto si vedeva la stessa ambizione di oggi, quella che spinge a volere un ruolo più importante nell’economia della regione, con una visione di lungo termine, staccata dalle dinamiche di breve dei mercati. Il piccolo emirato punta a consolidare un ruolo più duraturo, politicamente solido, indirizzato anche ad allacciare, o a riallacciare, legami, a coltivare cultura, a volte con caratteri fortemente popolari, al limite del populistico, come nel caso del calcio.
Una strategia lungimirante
Ovviamente, tutto diventa più facile quando dietro c’è ricchezza, ma, riconosciuto questo, è vero che il Qatar si distingue nella regione per il tentativo, non senza risultati, di dare maggiore significato alla fortuna che la natura gli ha regalato con le sue enormi riserve di gas. In base alle classifiche dell’ONU, il Qatar è al secondo posto, dopo il Liechtenstein, per reddito pro capite con 92 mila dollari nel 2019, più del doppio dei 42 mila dollari dell’Italia. Una ricchezza che deriva soprattutto dalle esportazioni del gas, in particolare del GNL, attraverso quei terminali di liquefazione che da decenni il Qatar piano piano ha realizzato a partire dai primi anni ’80, 40 anni fa, quando il gas era quasi un sottoprodotto del più prezioso petrolio. Da sempre il petrolio vale molto più del gas, con prezzi del barile superiori di un 40-50 percento, ma con la crisi del 2022, la situazione si è ribaltata e il gas è schizzato a livelli quasi doppi rispetto a quelli del barile. Si tratta di una vera soddisfazione per il Qatar, la cui strategia per anni è apparsa singolare, perché troppo sbilanciata sul GNL, in un’area, e in un mondo, orientati sul petrolio.
La grande ricchezza del Qatar, il gas, è tutto concentrato nel giacimento di gas di South Pars, in mare, diviso con l’Iran, che gli dà il nome, ma che, paradossalmente, non lo sfrutta. South Pars è il più grande giacimento di gas al mondo, con riserve accertate di 50 mila miliardi di metri cubi, probabilmente il doppio con gli attuali prezzi di mercato che potrebbero giustificare ricerche più approfondite e produzione con tecniche più costose. Per questo il Qatar è il terzo paese per riserve di gas al mondo, dopo Russia e Iran. Con metà del South Pars il Qatar ha riserve per 25 mila miliardi, mentre l’Iran ne ha 32 mila e la Russia 37 mila, quest’ultima su giacimenti molto più piccoli e dispersi su un territorio immenso, molti in Siberia, lontano dai mercati di consumo, o dai mari dove è più facile trasportarlo su nave. La Norvegia, il primo paese in Europa per riserve, ha 1400 miliardi di metri cubi; l’Italia, a mala pena, un centinaio.
A proposito di indicatori di ricchezza la Norvegia, grazie alle esportazioni di gas, è il primo paese al mondo per sviluppo misurato dal Development Index dell’ONU, quello che ha al secondo poso il Qatar per reddito pro capite, ma costruito anche con altri indicatori, in particolare, aspettative di vita, anni di scolarizzazione, attenzione alle differenze di genere. L’obiettivo, anche per il Qatar, è di scalare la classifica dei paesi più sviluppati, dalla sua attuale posizione al quarantacinquesimo posto verso il numero uno della Norvegia; intanto, entrambi i paesi sono accumunati dal fare del gas la loro ricchezza.
Il paradosso del South Pars
Proprio sul giacimento di South Pars si evidenzia uno dei più grandi paradossi dell’industria mondiale dell’energia, ovvero il fatto che mentre il Qatar ne estrae grandi volumi che gli consentono di essere ai primi posti come esportatore, dall’altra parte del giacimento, in Iran, l’estrazione è pari a zero. Vero è che la gran parte del giacimento si trova vicino alle coste del Qatar, mentre la parte iraniana è lontana dalle coste nord almeno un centinaio di chilometri, il che non favorisce la realizzazione di impianti di liquefazione o produzione. La ragione principale, tuttavia, risiede nell’isolamento in cui è finito l’Iran dalla lontana rivoluzione del 1979. Uno spiraglio lo si era avuto quando, nel 2015, l’allora presidente USA Barack Obama aveva raggiunto un accordo sul nucleare con Teheran, che aveva cancellato le sanzioni contro l’Iran. Ne seguì un fiorire di iniziative internazionali per nuovi investimenti in Iran, fra cui anche alcuni progetti giganteschi per avviare lo sfruttamento di South Pars dalla parte iraniana. Poi arrivò Trump a fine 2016 che, coerentemente con la linea dura dei repubblicani, cancellò gli accordi e reintrodusse le sanzioni, obbligando alla cancellazione tutti i progetti iraniani, fra cui quelli del gas.
Nella breve fase di riavvicinamento dell’Iran alla comunità internazionale, nel 2015 e 2016, fra i paesi che si diedero più da fare per favorire gli investimenti nel South Pars iraniano c’era proprio il Qatar, politica che irritò molto l’Arabia Saudita. Fu una delle ragioni del peggioramento delle relazioni culminata nell’interruzione delle relazioni nel 2017 e nel completo isolamento del Qatar dall’Arabia Saudita e dagli altri paesi del Golfo Persico. Il Qatar, anche per questo, decise di uscire dall’OPEC, sempre nel 2017, tanto più che la sua produzione di petrolio è meno importante rispetto a quella di gas. Sono passati 5 anni, e oggi si parla di una normalizzazione delle relazioni con l’Iran. Fra qualche mese comincerà il campionato del mondo di calcio, lo sport più popolare nel paese che siede sulla ricchezza, in termini energetici, oggi più strategica al mondo, il gas. L’artefice di questo successo è il grande appassionato di calcio Al-Khelaifi che, leggendo la sua biografia, è figlio di un pescatore e commerciante di perle del Golfo. Le raccoglieva sopra il giacimento di South Pars. Con la stessa concretezza dei commercianti di perle, il Qatar si gode il successo dei campionati in casa, ma sa bene che conta di più la normalizzazione delle relazioni fra i paesi del Golfo, per avere ricchezza, quella vera, nel lungo termine; il gas continuerà ad essere importante su questo percorso.