Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
La rivoluzione del GNLdi Justin Dargin 
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Gnl Qatar

La rivoluzione del GNL

di Justin Dargin 

Il Qatar sta tentando di riconquistare la propria posizione di leader mondiale delle esportazioni di gas naturale liquefatto, con la consapevolezza, però, che la diversificazione delle entrate è la chiave per la sostenibilità economica complessiva 

29 min

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?a una decina d’anni ormai il Qatar è leader mondiale dell’esportazione di gas naturale liquefatto (GNL) e si è abilmente portato in posizione idonea a sfruttare l’aumento della domanda mondiale di GNL e a superare la concorrenza.  

Il paese è entrato relativamente tardi nel mercato del GNL, in parte per la sua popolazione contenuta: quasi 3 milioni di persone nel 2021, di cui solo il 20 percento costituito da cittadini del Qatar. Grazie alla sua solida performance economica, tuttavia, l’emirato vanta una crescita demografica tra le più rapide al mondo, con un aumento netto del 40 percento dei residenti nel periodo 2010-2015, dovuto per la maggior parte a un massiccio afflusso di lavoratori stranieri. 

 

Il gas è il principale prodotto d’esportazione del settore energetico del Qatar, che ha riserve accertate pari a circa il 14 percento del totale delle riserve mondiali. Con i suoi 24,7 mila miliardi di metri cubi (TCM, Trillion Cubic Meter) stimati e i suoi 22,3 miliardi di barili (2021) di condensati associati, il Qatar è terzo in classifica a livello mondiale, dopo Russia e Iran. Il rapporto riserve/produzione del paese è stimato approssimativamente a 100-130 anni ai tassi di produzione attuali. La maggior parte del gas del Qatar si trova offshore, nell’imponente North Field (v. mappa), il più grande giacimento di gas naturale non associato del mondo.  

 

È tuttavia solo nel 2006, quando diventa il maggior esportatore mondiale di GNL (sorpassando la Malesia), che il Qatar sale davvero alla ribalta nel settore energetico mondiale. Nonostante il carattere dominante della sua presenza nel mercato internazionale del GNL, il governo del Qatar riconosce che per uno sviluppo sostenibile a lungo termine il paese non può indulgere nell’autocompiacimento e dipendere da un’economia di mono-esportazione basata sul GNL.  

 

Il Qatar sta pertanto procedendo a una diversificazione macroeconomica incentrata su più settori chiave: espansione delle industrie del gas naturale a valle, avanzamento degli investimenti nella produzione di shale gas e negli impianti di GNL all’estero, assunzione di un ruolo guida nella spinta globale alla decarbonizzazione. Con la sua strategia economica basata sulla diversificazione nella catena del valore, il Qatar è ormai fortemente rappresentato in quasi tutti i settori del commercio di gas, GNL, Gas-to-Liquids (GTL), gas via gasdotto e gas liquido naturale (GLN).  

 

la fotoDoha, la capitale, ospita il 60% della popolazione.
 

 

Il North Field al centro della scena  

Fin dalla sua scoperta, il Qatar ha messo il North Field al centro del proprio programma di sviluppo economico. Storicamente, come all’epoca la maggioranza dei paesi del Golfo, il Qatar si considerava un produttore di petrolio e non aveva una chiara visione della redditività delle proprie riserve di gas naturale. Fondamentale in tal senso fu lo studio della Arthur D. Little (ADL), commissionato nel 1962 dal governo del Qatar per avere una valutazione dell’efficacia amministrativa dei propri ministeri. Lo studio già allora avvertiva il Qatar della necessità di diversificare dal petrolio e di aprirsi ad altri settori economici.  

Lo studio della ADL esprimeva preoccupazione per la schiacciante dipendenza economica e finanziaria del Qatar dal petrolio, il cui esaurimento era (erroneamente) previsto per il 1982, e avvertiva il paese della necessità di sviluppare i settori non petroliferi, e in particolare di sfruttare la ricchezza rappresentata dal gas. Il governo del Qatar prese sul serio queste raccomandazioni e nel 1964 compì i primi passi per avviarne l’attuazione su vasta scala.  

Tuttavia, le turbolenze geopolitiche associate all’embargo petrolifero dell’Organization of Arab Exporting Countries (OAPEC, Organizzazione dei paesi arabi esportatori di petrolio) del 1973 e alla rivoluzione islamica del 1979 in Iran causarono un aumento importante del prezzo del petrolio a livello mondiale, con un conseguente enorme afflusso di entrate per il Qatar. Questa massiccia crescita delle entrate riuscì a mitigare la maggior parte degli impatti economici negativi derivanti dal calo di produttività dovuto alla maturità dei giacimenti petroliferi; di conseguenza, l’aumentato afflusso di entrate ebbe l’effetto di attenuare la percezione di quanto fosse urgente la diversificazione economica.  

Tra il 1973 e il 1974, per esempio, il prezzo del petrolio aumentò di quasi il 300 percento, passando da circa 3 a quasi 12 dollari al barile. Tale monumentale afflusso di entrate dall’estero permise al governo del Qatar di incanalare le maggiori entrate petrolifere in massicci investimenti sociali e infrastrutturali, creando così l’edificio del moderno contratto sociale nazionale che oggi vediamo nel paese. E come nella maggior parte degli altri paesi produttori di petrolio quando si registrano profitti inattesi, le difficili decisioni da prendersi per la diversificazione economica caddero nell’oblio. Nonostante i suggerimenti di policy dell’ADL, il gas naturale passò in secondo piano, e sul radar dei decisori politici il suo segnale si fece debole e opaco. 

 

la fotoUna nave GNL attraccata nel porto della Ras Laffan Industrial City, il principale sito per la produzione di gas naturale liquefatto e gas-liquido del Qatar.

 

Tuttavia, le turbolenze geopolitiche associate all’embargo petrolifero dell’OAPEC del 1973 e alla rivoluzione islamica del 1979 in Iran causarono un aumento importante del prezzo del petrolio a livello mondiale, con un enorme afflusso di entrate per il Qatar. Questa massiccia crescita delle entrate riuscì a mitigare la gran parte degli impatti derivanti dal declino della produttività dovuto alla maturità dei giacimenti petroliferi. 

 

Nonostante i suggerimenti di policy dello studio della ADL, in quel periodo il Qatar dedicò ben poca attenzione alla produzione di gas naturale. Il paese trasse benefici enormi degli sconvolgimenti del mercato petrolifero degli anni Settanta, e il governo incanalò le maggiori entrate petrolifere in massicci investimenti sociali e infrastrutturali. 

 

Emersero tuttavia diversi fattori che accelerarono il declino dell’importanza del petrolio per il Qatar.  

 

Quando la produzione petrolifera del paese negli anni Settanta prese a calare, le compagnie petrolifere internazionali (Internal Oil Company, CIO) si convinsero che, vista la loro maturità, i giacimenti petroliferi del Qatar non meritassero ulteriori investimenti. Nella percezione delle CIO, inoltre, i contratti di servizio del Qatar non erano finanziariamente sostenibili, il che rendeva meno allettante la prospettiva di ulteriori investimenti a monte su larga scala. Successivamente, verso la metà degli anni Ottanta, mentre l’economia dipendeva ancora fortemente dal settore petrolifero, il calo dei prezzi del petrolio dovuto alla massiccia espansione della produzione petrolifera saudita fece scendere la percentuale delle entrate pubbliche derivanti dal petrolio, negli anni dal 1979 al 1983, dal 93 percento all’80 percento. In tandem con il forte calo del prezzo del petrolio, fino al 1987 circa la produzione petrolifera del Qatar continuò a precipitare, con una produzione esigua, di circa trecentomila barili al giorno.  

 

la fotoPiattaforma offshore per l'estrazione del gas.

 

L’uscita dall’OPEC 

A dare il colpo di grazia al tanto decantato ruolo del petrolio nella macroeconomia del Qatar fu l’uscita ufficiale del paese dall’Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC, Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio), nel 2019. Il Qatar motivò tale decisione con la propria intenzione di concentrarsi sul settore nazionale del gas. Fu innegabilmente un duro colpo per l’OPEC, che sin dalla sua fondazione, nel 1960, si vantava di essere il portavoce degli interessi della regione nel settore petrolifero a livello mondiale. Strutturalmente, tuttavia, l’uscita del Qatar non interruppe le attività dell’OPEC e, come già detto, in un modo o nell’altro il calo della produzione petrolifera del Qatar non ebbe impatti gravi sull’OPEC.  

 

Questo repentino cambio di rotta nella politica estera del Qatar fu letto come una risposta strategica, del tutto giustificabile e prudente, volta a enfatizzare la sovranità del paese, in risposta al blocco di quasi tre anni lanciato da Arabia Saudita, Egitto, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti (EAU).  

 

Dal punto di vista geostrategico, la decisione di ritirarsi dall’OPEC rafforzò l’autonomia del Qatar e ridusse l’influenza politica dell’Arabia Saudita. Si noti che, nonostante la non lieve animosità tra il Qatar e i sostenitori del blocco petrolifero, l’embargo non interruppe il commercio internazionale di energia. Il Qatar, per esempio, non fermò le esportazioni di gas attraverso il gasdotto Dolphin, e durante il blocco riuscì comunque a esportare GNL in tutto il mondo, senza interferenze. E come esempio di continua collaborazione energetica, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti rinnovarono un accordo di concessione per lo sviluppo e la gestione del giacimento petrolifero offshore congiunto di Al-Bunduq, persino durante il periodo culminante della crisi diplomatica, e non si prospettò alcuna futura interruzione dello scambio elettrico nell’ambito del Gulf Cooperation Council Interconnection Project (Progetto di interconnessione del Consiglio di cooperazione del Golfo, GCCIP). Per il Qatar, il disagio principale fu l’impossibilità per la compagnia di bandiera, la Qatar Airways, di operare voli nelle giurisdizioni dei paesi del blocco. 

 

In una certa misura, l’assenza di interruzioni nel settore energetico regionale dimostrò che tale settore avrebbe potuto fare da collante per la stabilità in vista di future iniziative di cooperazione nella regione. Tuttavia, per quanto il commercio di energia continuasse senza sosta, avrebbero in qualsiasi momento potuto manifestarsi ripercussioni impreviste e durature, a discapito di ulteriori collaborazioni nella regione del Golfo.  

 

Fin dalla transizione del paese alla produzione di gas naturale, comunque, le entrate estere del Qatar cessarono di dipendere dalla produzione petrolifera; l’uscita del Qatar dall’OPEC non fece pertanto che confermare uno stato di fatto. Inoltre, proseguì la maturazione dei giacimenti petroliferi del paese, che erano in calo costante ormai dal 2013, con una produzione che dagli 1,9 milioni di barili al giorno entro il 2020-2021 si sarebbe attestata a quasi 1,8 milioni di barili al giorno. Tutto ciò indicava che il petrolio sarebbe infine stato d’importanza davvero minima nella futura strategia di crescita economica del Qatar. Il futuro del Qatar era ormai saldamente radicato nel settore del gas naturale.  

 

Per i decisori politici del Qatar, il GNL era il futuro: avrebbe alimentato il boom della crescita economica della regione Asia-Pacifico, sarebbe diventato il carburante ponte verso la decarbonizzazione mondiale e sarebbe stato il motore delle aspirazioni della politica estera nazionale.  

 

la fotoImmagine satellitare di Ras Laffan Industrial City. Il porto e il complesso industriale, gestiti dalla statale Qatar Petroleum, occupano una superficie di 300 km². 

 

La nascita dell’industria del GNL  

Non fu un percorso del tutto agevole, quello della produzione di GNL in Qatar: la transizione del paese verso un’economia basata sul gas naturale si rivelò infatti ricca di sfide. La fase 1 dello sviluppo del North Field subì diverse interruzioni prima della data di avvio, prevista per il 1990. L’invasione irachena del Kuwait scompaginò la maggior parte dei principali progetti di sviluppo regionale e portò i governi del Golfo a concentrarsi sull’esterno, e, in aggiunta, nello stesso periodo il Qatar dovette affrontare numerosi ostacoli. Durante le operazioni Desert Shield e Desert Storm, l’evacuazione del personale qualificato ritardò in modo importante l’avanzamento del North Field, frenato anche da diversi problemi infrastrutturali. Nella fase 1, per esempio, ci furono fughe dal rivestimento in cemento di quattordici dei sedici pozzi di produzione.  

 

Una settimana prima della nuova data di avvio, fissata al 3 agosto 1990, gli ingegneri scoprirono una fuga di sostanze chimiche in un condotto di terra e nel North Field, che venne quindi chiuso. Il 3 settembre 1991 segnò il ventesimo anniversario dell’indipendenza del Qatar e la scoperta del North Field, e fu anche la data in cui il North Field iniziò la produzione. Fino ad allora, la maggior parte del gas naturale del Qatar proveniva da un paio di giacimenti petroliferi onshore e offshore, dai quali il gas associato fluiva nel complesso di Umm Said per il trattamento.  

 

Dopo tale data, il Qatar trasse vantaggio da due fattori che indussero un importante aumento nella domanda di gas naturale sui mercati internazionali e regionali: l’uso diffuso delle turbine a gas a ciclo combinato per la generazione energetica negli anni Novanta, e la riduzione dei costi lungo tutta la filiera del GNL. Questi sviluppi permisero al Qatar di riconfigurare la propria strategia precedente e di riorientare le proprie risorse di gas dalla generazione elettrica nazionale e dalla produzione petrolchimica per dirigerle principalmente verso il mercato mondiale dell’export. 

 

Attualmente il Qatar sta tentando di riconquistare la propria posizione di leader mondiale delle esportazioni di GNL, posizione cui aveva rinunciato negli anni 2010, tra le difficoltà provocate dall’eccesso di GNL a livello mondiale, dalla scarsità della domanda internazionale, dall’aumento della concorrenza sul GNL, dal crollo mondiale dei prezzi del petrolio tra il 2014 e il 2017, e, più di recente, nel 2020, dagli effetti della pandemia mondiale di Covid-19 e dalle pressioni relative al modello contrattuale a lungo termine, predominante, da parte di alcuni dei suoi principali clienti. Quando i suoi nuovi impianti saranno in linea, di certo il Qatar riconquisterà l’ambita posizione.  

 

Dal 2005 al 2017 il Qatar pose una moratoria sull’esplorazione e produzione di gas del North Field, rinnovandola di anno in anno, per moderare la produzione di gas in considerazione del futuro potenziale di esportazione. 

 

La moratoria fu revocata nel 2017, e nel 2019 il paese annunciò di voler portare la produzione di GNL da 77 a 126 milioni di tonnellate l’anno (MTPA, Million Tonnes Per Annum) entro il 2027. La Qatar Petroleum (QP) pianificò di aumentare la propria produzione di GNL a circa 110 milioni di tonnellate l’anno entro il 2024 e di costruire quattro nuovi impianti per GNL per gestire tale aumento. Il pianificato aumento della produzione si ebbe quando i lavori di perforazione e valutazione nel North Field indicarono che le riserve di gas superavano ormai i 50 miliardi di metri cubi (TCM). L’aumento della produzione fu annunciato proprio mentre il Qatar si trovava nello stallo provocato dalla forte concorrenza di Russia, Stati Uniti e Australia, che gli contendevano il dominio del GNL a livello mondiale: i rivali del Qatar avevano aumentato in modo notevole la propria produzione di GNL, portando i prezzi ai minimi pluriennali. 

 

 

I piani per la riduzione del carbonio 

Il Qatar prevede di ridurre l’impronta di carbonio dell’espansione dei propri impianti per GNL installando un’infrastruttura di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS, Carbon Capture and Storage), per ridurre le emissioni di carbonio da liquefazione e stoccaggio di quasi il 25 percento rispetto agli impianti delle altre giurisdizioni. Il paese sta attuando dei piani di riduzione del carbonio principalmente in virtù degli impegni sul clima dell’Accordo di Parigi (discussi in modo approfondito nel capitolo sette) e delle politiche recentemente attuate dall’UE, quali la Strategia per il metano annunciata nell’ottobre 2020. La Strategia per il metano della Commissione europea fissa i requisiti di rendicontazione delle emissioni per i soggetti che esportano verso i paesi dell’Unione Europea (UE) e assume valori predefiniti per le emissioni di metano degli esportatori che non rispettino gli standard di rendicontazione. Questo mette indubbiamente pressione sul Qatar perché riduca le emissioni di carbonio del ciclo vita della propria produzione di GNL.  

 

A seguito della promulgazione della Strategia per il metano dell’UE, nel dicembre 2020 la QP ha stipulato un contratto di fornitura di GNL con la Pavilion Energy Trading and Supply Pte Ltd. di Singapore, per l’esportazione di 1,8 milioni di tonnellate l’anno (MTPA) per dieci anni a partire dal 2023; ogni carico di GNL viaggerà corredato da un elenco delle relative emissioni, debitamente identificate e quantificate. Secondo il ministro dell’Energia del Qatar, Saad al-Kaabi, questo accordo, pur non obbligando QP a un dato livello di emissioni, rappresenta “il nostro primo accordo a lungo termine per il GNL che indica criteri e requisiti ambientali specifici studiati, in sostanza, per ridurre l’impronta di carbonio delle forniture di GNL”. 

 

Nel complesso, la QP ha dichiarato che i suoi piani di riduzione del carbonio, parte della sua strategia generale di sostenibilità, indicano “la chiara direzione verso una riduzione dell’intensità delle emissioni degli impianti di GNL del Qatar del 25 percento e di almeno il 15 percento per gli impianti a monte, e una riduzione dell’intensità del flaring negli impianti a monte di oltre il 75 percento”

 

La strategia di sostenibilità della QP ha anche fissato l’obiettivo di eliminare il flaring entro il 2030 e di ridurre le emissioni di metano implementando un obiettivo di intensità del metano del 2 percento, da applicarsi a tutti gli impianti entro il 2025. Tale strategia obbliga inoltre la QP ad aumentare la capacità energetica da rinnovabili di oltre 4 gigawatt (GW), il che eliminerebbe più di cinque milioni di tonnellate/anno di emissioni di carbonio, e prevede anche la rimozione di sette milioni di tonnellate/anno di carbonio entro il 2030 tramite CCS. Assumendo un ruolo di primo piano nella riduzione dell’intensità del carbonio lungo la catena del valore del gas naturale, il Qatar intende posizionarsi alla testa dei suoi pari come il gigante dell’energia verde, pronto per il “mondo post-carbonio”. 

 

Il Qatar punto focale per l’Europa?  

Mentre la guerra tra Ucraina e Russia si trascina interminabile, l’UE si affretta ad aumentare le importazioni di GNL per ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas russo, per raggiungere i quasi 155 miliardi di metri cubi (BCM, Billion Cubic Meter) nel 2021 (140 BCM via gasdotto e 15 BCM in GNL). L’iniziativa europea REPowerEU stabilisce una politica volta a sostituire rapidamente 50 miliardi di metri cubi di gas russo entro la fine del 2022.  

 

L’UE ha contattato numerosi produttori di gas, dal Nord America all’Africa settentrionale e occidentale, dall’Australia alla regione del Golfo, nel tentativo di assicurarsi alternative al gas russo via gasdotto, tuttavia vi è ancora un alto grado di incertezza sulla possibilità che l’Europa aumenti in modo praticabile le proprie importazioni di gas così da conseguire i propri obbiettivi di diversificazione energetica con rapidità sufficiente a evitare ripercussioni economiche.  

 

Il Qatar è emerso come componente essenziale della strategia di Bruxelles. È facile comprendere perché il paese sia cruciale per la sicurezza energetica dell’Europa: il suo ruolo geopolitico di potenza di equilibrio nella regione, le sue relazioni amichevoli con l’Occidente e la sua posizione dominante nel mercato del GNL lo rendono un punto focale nella strategia per la sicurezza energetica dell’Europa.  

 

Il Qatar ha diversi vantaggi che sfuggono agli altri esportatori di GNL, nonostante la sempre maggior concorrenza di produttori di GNL di pari calibro. Il Qatar ha una delle produzioni di gas a più basso costo del mondo, grazie ai ricavi provenienti dal gas umido, prodotto principalmente dai liquidi del gas naturale (butano e propano). Le sue economie di scala sono dunque solide, perché il North Field è un giacimento quasi omogeneo con costi di produzione estremamente bassi. Per gli altri produttori è difficile competere con questi fattori abilitanti. Nell’interrogarsi sulla capacità di altre giurisdizioni di acquisire le attuali quote di mercato dal Qatar, si devono considerare i loro prezzi d’equilibrio, tipicamente più alti, poiché il Qatar ha un costo medio di produzione del GNL inferiore rispetto a quello delle altre giurisdizioni. Unitamente al gas naturale, la produzione di liquidi e condensati del gas naturale aumenta i vantaggi finanziari del Qatar.  

 

E diversamente dagli altri potenziali esportatori di gas naturale verso l’Europa, quali Libia, Algeria ed Egitto, il Qatar non ha da affrontare sfide (correnti o incipienti) di sicurezza interna, né sfide dovute a un’aumentata domanda interna di gas naturale o a vincoli di bilancio per gli investimenti infrastrutturali per la produzione del gas naturale. 

 

Inoltre, anche se a livello mondiale sorgono nuove zone di produzione di GNL, nessun paese può eguagliare la capacità del Qatar di rinegoziare i contratti legacy e di proporre contratti vantaggiosi per tutti i contraenti. Nel paese, anche il settore del GNL è fortemente centralizzato, situazione che distingue il Qatar dai concorrenti sul GNL e gli consente di dare una direzione unitaria alle proprie politiche di produzione ed esportazione. Infine, il Qatar attrae anche per la sua posizione geografica, molto più vicina all’Europa di Australia e Stati Uniti, gli altri due maggiori esportatori di GNL. 

 

Nonostante tutti questi ineguagliabili vantaggi, il Qatar ha comunque lanciato l’avvertimento di quanto sia necessario che il mondo si adoperi in modo collettivo a supporto dell’Europa, perché nessun fornitore sarebbe in grado di soddisfare tutta la richiesta e i requisiti dell’Europa da solo e in modo unilaterale senza generare un effetto a catena a livello mondiale. Il Qatar ha anche segnalato che, per quanto sia un fornitore cruciale per molti paesi europei, la sua capacità di inviare altro GNL all’Europa sul breve termine è limitata dal suo non avere capacità inutilizzata. Il Qatar esporta la maggior parte del proprio GNL in Asia, con quasi il 70 percento delle esportazioni regolato da vari contratti a lungo termine, e ha ripetutamente dichiarato l’intenzione di preservare il proprio status di fornitore affidabile non procedendo alla rinegoziazione dei contratti a lungo termine già in essere e astenendosi dal violarli in qualsiasi modo. Inoltre, si consideri che i contratti di fornitura di GNL del Qatar sono in una certa misura poco flessibili e integrano limitazioni alla deviazione verso terzi. 

 

Pertanto, nell’immediato, il Qatar non potrà colmare il fabbisogno europeo, perché questo richiederebbe il consenso dei suoi clienti asiatici a deviare una parte dei carichi loro destinati per contratto, previa accettazione di tale soluzione da parte del Qatar. 

 

Tuttavia, è probabile che entro il 2025-2027 il Qatar estenda le esportazioni di GNL all’Europa, in linea con i propri obbiettivi geostrategici ed economici per migliorare il proprio posizionamento nel mercato europeo.  

 

Sfide interne e opportunità esterne  

L’ambizione alla crescita del GNL del Qatar determina un conflitto di vedute tra il paese e alcuni operatori esteri: il governo cerca infatti di produrre riserve di gas naturale sul periodo più lungo possibile, per evitare il rapido esaurimento dei giacimenti, in contrasto con la strategia percepita dai suoi partner stranieri, che, di regola, ricercano la rapida massimizzazione dei profitti accelerando al massimo la produzione per recuperare i costi di esplorazione. Questo fondamentale conflitto di vedute potrebbe rendere difficile lo sviluppo di altri giacimenti estrattivi in Qatar, almeno finché non vi sarà consenso.  

 

Poiché la maggior parte del gas naturale del Qatar era in precedenza associato al petrolio, i periodi di scarsa domanda petrolifera e le rigide quote dell’OPEC hanno impedito a molte industrie dipendenti dal gas di raggiungere la massima efficienza. Anche ora, tuttavia, a causa della grande ricchezza che gli deriva dal gas, il Qatar si trova a dover affrontare ostacoli unici che gli altri paesi in via di sviluppo non incontrano. Sebbene il Qatar non ostacoli gli investimenti ad alta intensità di capitale, la sua piccola economia, con la conseguente limitata capacità di assorbimento e una base demografica ristretta, potrebbe rivelarsi economicamente dirompente. Non potendo affidarsi alla sola domanda interna per la crescita economica cui ambisce, il paese resterà a lungo orientato verso l’esterno.  

 

I leader del Qatar vedono nella diversificazione economica la chiave per la sostenibilità economica complessiva e hanno investito miliardi di dollari in vari settori economici. Nonostante questi enormi passi in avanti, l’economia del Qatar dipende ancora troppo dal gas (a monte e a valle) e dal settore degli idrocarburi in generale, perché il programma di diversificazione è ancora in espansione. I tanto decantati sforzi di diversificazione del Qatar potrebbero tuttavia non portare a una transizione sostanziale dalla dipendenza dagli idrocarburi, perché la maggior parte della diversificazione economica del paese si concentra nella catena delle industrie a valore aggiunto a valle, come il settore petrolchimico. Sebbene i prezzi dei prodotti petrolchimici e di altri prodotti a valore aggiunto siano molto più stabili e abbiano meno oscillazioni dei prezzi del petrolio greggio e del gas grezzo, questi prodotti dipendono ancora dal settore degli idrocarburi e potrebbero non rappresentare una diversificazione economica davvero adeguata.