Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
Priorità la crisi energeticadi Brahim Maarad
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Agenda Europea

Priorità la crisi energetica

di Brahim Maarad

È al primo posto, come ha dichiarato la presidente Ursula von der Leyen. Sostegno alle imprese per investire, produrre e restare nel Vecchio Continente

11 min

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el 2023 porteremo avanti un’agenda ambiziosa per i cittadini: combatteremo i prezzi elevati dell’energia per ridurre l’onere per le famiglie e le imprese in tutta Europa, accelerando nel contempo la transizione verde. Difenderemo la democrazia e lo Stato di diritto in Europa e in tutto il mondo”. Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sintetizza il programma di lavoro per il prossimo anno. La crisi energetica è in testa alle priorità e alle preoccupazioni. E non può essere altrimenti.

 

 

 

Allarme per la prossima stagione

 

Gli stoccaggi di gas sono pieni al 95 percento e per quest’inverno Bruxelles si sente al sicuro. Ma preoccupa la prossima stagione di riempimento con il rischio – molto concreto – che Mosca tagli anche il 20 percento rimanente di fornitura al blocco dell’Unione. Per questo l’esecutivo europeo cerca di correre al riparo. E non sempre ci riesce. Ha già messo in campo diverse iniziative: dall’acquisto congiunto di gas, obbligatorio per almeno il 15 percento del volume necessario per gli stoccaggi, alla diversificazione delle fonti puntando sempre di più su Norvegia, Azerbaigian, Stati Uniti, Algeria e Qatar; alla riduzione dei consumi (-15 percento sia di gas che di elettricità). Ma ciò potrebbe non bastare. E dunque si lavora ad altre misure. In particolare diversi Stati dell’Unione insistono per un tetto al prezzo del gas scambiato al Ttf di Amsterdam. Mentre la Commissione promette di presentare entro fine anno la riforma del mercato dell’elettricità che porterà al decoupling del prezzo del metano dal prezzo dell’energia elettrica.

Uno stop totale alla fornitura di gas dalla Russia accompagnato da temperature rigide e scarsa preparazione dei Paesi Ue è lo scenario più temuto preso in considerazione nelle previsioni economiche d’autunno elaborate dalla Commissione europea. Uno scenario che si tradurrebbe in una recessione dello 0,7 percento nel 2023 e un’ulteriore impennata dell’inflazione.

 

Un quadro tracciato anche da von der Leyen nel suo intervento del 9 novembre al Parlamento europeo: “L’entità della crisi energetica richiede sia un senso di urgenza che una lungimiranza strategica. Abbiamo fatto più progressi di quanto avremmo mai pensato possibile. Dall’inizio della guerra, Putin ha tagliato l’80 percento delle sue esportazioni di gasdotto verso l’Europa. In soli otto mesi, siamo riusciti a sostituirne la maggior parte. Ad esempio, abbiamo più che raddoppiato le nostre importazioni di Gnl dagli Stati Uniti - da 22 miliardi di metri cubi l’anno scorso a 48 miliardi di metri cubi quest’anno finora. Ciò ha permesso di riempire i nostri depositi del 95 percento. E allo stesso tempo, abbiamo ridotto il nostro consumo di gas del 15 percento”. Ma non è finita.

 

la fotoUn operaio al lavoro con un robot industriale. 

 

“Tuttavia, la prossima stagione di riempimento – alla fine di questo inverno – sarà ancora più impegnativa. Ci troveremo di fronte a tre ostacoli principali. In primo luogo, la Russia potrebbe decidere di interrompere completamente la sua fornitura di gas all’Europa. In secondo luogo, la capacità globale di Gnl non crescerà abbastanza velocemente da colmare questa lacuna. E in terzo luogo, la crescita in Asia può assorbire la maggior parte di questo Gnl aggiuntivo. Come risultato di questi fattori, la prossima estate, all’Europa potrebbero mancare circa 30 miliardi metri cubi di gas per riempire gli stoccaggi”, ha evidenziato la presidente.

 

Anche per questo motivo gli acquisti congiunti sono in testa alla strategia europea per l’anno prossimo. “Invece di andare oltre l’un l’altro, gli europei dovrebbero comprare gas insieme, è molto semplice. L’aggregazione della domanda sarà obbligatoria per almeno il 15 percento dei volumi necessari per riempire gli stoccaggi. E le aziende coinvolte possono formare un ‘consorzio di acquisto di gas’. Lo facciamo perché abbiamo imparato la lezione. Abbiamo letteralmente visto nell’agosto di quest’anno, al culmine della stagione di riempimento, come gli Stati membri si facevano concorrenza facendo salire i prezzi. Possiamo sicuramente essere più intelligenti su questo”, ha spiegato von der Leyen in più occasioni. E siccome ciò che decide Bruxelles ha effetti anche su altri Paesi, in particolare quelli confinanti, l’Unione europea si muove per fare in modo che nessuno venga danneggiato. In particolare, Bruxelles vuole coinvolgere i sei Stati dei Balcani occidentali nel meccanismo di acquisti congiunti, oltre ad aver promesso loro investimenti per un miliardo di euro a favore della transizione energetica. Con i Paesi del Nord Africa, Egitto e Algeria in primis, ha siglato invece dei memorandum d’intesa per avviare una partnership su rinnovabili e idrogeno.

 

 

Fondamentale la solidarietà e la condivisione

 

Altro elemento è la solidarietà intra-europea: “Sappiamo che alcuni Stati membri sono esposti più direttamente di altri al gas russo. La situazione è particolarmente impegnativa per i Paesi senza sbocco sul mare dell’Europa centrale. Ma alla fine, se si guarda al nostro mercato unico con catene di approvvigionamento altamente integrate, un’interruzione in uno Stato membro ha un impatto enorme su tutti gli Stati membri. Quindi, condividere il gas è assolutamente fondamentale”, ha sottolineato von der Leyen. “Gli Stati membri hanno già, da cinque anni, l’obbligo, ai sensi del diritto dell’Unione, di concludere accordi di solidarietà con i loro vicini nella loro regione d’origine. Tuttavia, se si guarda a ciò che è stato concluso finora, su quaranta possibili accordi ne sono stati conclusi solo sei. E questo semplicemente non è sufficiente in tempi di crisi come questa. Quindi istituiremo norme di base che saranno vincolanti per gli Stati membri”.

Ma questa strategia ha comunque un prezzo. Che stanno pagando famiglie e imprese europee. “Vediamo che resistere alla coercizione energetica russa ha un prezzo. Le famiglie europee hanno visto le loro bollette del gas salire alle stelle. E le nostre aziende stanno lottando per mantenere la competitività. Non si tratta solo della competitività nel mercato unico, che è importante, ma anche della competitività globale per cui le nostre aziende stanno combattendo”.

 

la fotoLa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. 

 

 

Una preoccupazione esacerbata dall’Ira, l’Inflation reduction act, la legge americana per ridurre l’inflazione, che sovvenziona il green americano (discriminando le aziende europee). “C’è il rischio che l’Ira possa portare a concorrenza sleale, potrebbe chiudere i mercati e frammentare le stesse filiere critiche che sono già state messe a dura prova dal Covid. Dobbiamo esaminare attentamente questi problemi e allo stesso tempo imparare cosa potremmo fare meglio”, ha confermato von der Leyen in un discorso (il 4 dicembre) agli studenti dell’Accademia diplomatica del Collegio d’Europea di Bruges.

 

“L’Europa farà sempre quello che è giusto per l’Europa. L’UE risponderà in modo adeguato e ben calibrato all’Ira. Ma questo significa che ci impegneremo in una costosa guerra commerciale con gli Stati Uniti nel bel mezzo di una vera guerra? Non è nel nostro interesse né nell’interesse degli americani. E danneggerebbe anche l’innovazione globale”, ha annunciato.

 

 

Più che lanciarsi in una nuova guerra commerciale contro l’alleato americano, von der Leyen pensa a sostenere di più le aziende europee (per convincerle a restare, a investire e a produrre in Europa) con aiuti di Stato più semplici e prevedibili e con finanziamenti europei all’altezza dei tempi. “Vedo tre modi principali per farlo: in primo luogo, dobbiamo adeguare le nostre regole per facilitare gli investimenti pubblici nella transizione; in secondo luogo, dobbiamo rivalutare la necessità di ulteriori finanziamenti europei per la transizione; in terzo luogo, dobbiamo lavorare con gli Stati Uniti per affrontare alcuni degli aspetti più preoccupanti della legge”, ha spiegato la presidente dell’esecutivo europeo.

Nel dettaglio, “l’Inflation reduction act dovrebbe farci riflettere su come possiamo migliorare i nostri quadri in materia di aiuti di Stato e adattarli a un nuovo contesto globale. Innanzitutto, dobbiamo esaminare come possiamo rendere i nostri quadri più prevedibili e semplici. L’Europa ha costruito un sistema molto sofisticato ma le aziende oggi vogliono regole semplici e prevedibili. La mia seconda osservazione ha a che fare con i finanziamenti europei complementari. Sebbene sia fondamentale che gli Stati membri dispongano della flessibilità necessaria per investire i propri bilanci in settori strategici, questo approccio non può essere autonomo. In quanto tale, favorirebbe gli Stati ricchi e porterebbe a distorsioni che alla fine minerebbero il mercato unico. Abbiamo quindi bisogno anche di una risposta europea comune alla sfida, sia a breve che a medio termine. La nuova politica industriale assertiva dei nostri concorrenti richiede una risposta strutturale. Nel mio discorso sullo stato dell’Unione ho introdotto l’idea di istituire un fondo di sovranità. La logica alla base è semplice: una politica industriale europea comune richiede finanziamenti europei comuni. L’obiettivo della nostra politica industriale europea è che l’industria europea sia leader nella transizione pulita”.