Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
La transizione delle NOCdi Ben Cahill
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Scenari

La transizione delle NOC

di Ben Cahill

Alcune frenano, altre rappresentano un’avanguardia. Le società petrolifere nazionali non si stanno muovendo in modo univoco nel percorso verso la decarbonizzazione, ma certamente non saranno mere spettatrici dell’evoluzione del settore

13 min

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e discussioni sulla transizione energetica s’incentrano spesso sulle super major come Shell ed ExxonMobil, mentre le società petrolifere nazionali (NOC, National Oil Company) sono solitamente dipinte come ritardatarie. Ma questo non è l’unica faccia della medaglia. Alcune NOC stanno facendo investimenti importanti in aree come idrogeno e ammoniaca, cattura e stoccaggio del carbonio ed energie rinnovabili. La domanda è quali tra esse abbiano il capitale d’investimento e l’acume manageriale per decarbonizzare le proprie attività e costruire un business più resiliente.

 

 

Un panorama eterogeneo

Le NOC sono un gruppo eterogeneo: alcune sono tra le tecnologicamente più avanzate e ben gestite del settore, come la Saudi Aramco; altre hanno punti di forza unici in aree chiave, come la Petrobras nel petrolio e nel gas da acque profonde e la PETRONAS nel gas naturale liquefatto (GNL). Mentre le NOC degli stati che stanno emergendo come produttori di petrolio e gas hanno spesso capacità ingegneristiche e di gestione dei progetti limitate, e pertanto dipendono da partner stranieri. Le NOC stanno affrontando la transizione energetica da punti di vista molto diversi, ed è pericoloso fare affermazioni radicali sulle loro strategie climatiche. Si possono comunque osservare delle differenze nel loro approccio.

 

Le NOC tradizionaliste resistono; in alcuni casi, i governi che le ospitano sono convinti che il resto del mondo stia investendo in modo insufficiente nelle forniture di petrolio e gas e che sovrastimi il ritmo della transizione energetica, mentre vi sono governi convinti che le loro NOC debbano evitare di investire in aree nuove che potrebbero erodere i rendimenti e mettere sotto pressione budget limitati. E molte società statali semplicemente non riescono a tracciare strategie realistiche, a causa di una cattiva governance, di distrazioni politiche o per ragioni di inerzia. Ma nessuna NOC è immune alla transizione energetica. Anche le società interamente statali si trovano ad affrontare pressioni ambientali, sociali e di governance (ESG, Environmental, Social, Governance) quando emettono obbligazioni, cercano assicurazioni o lavorano in joint venture con partner che devono far fronte alle nuove richieste degli investitori.

 

la fotoHellisheidi, Islanda. Strutture per lo stoccaggio di anidride carbonica nel sottosuolo.  

 

La maggior parte delle NOC si sta già diversificando in varie aree, seguendo traiettorie diverse, ciascuna secondo la propria base di risorse, gli obiettivi climatici del loro governo nazionale e l’intensità delle emissioni delle loro attività di produzione di petrolio e gas. Le società con una base di risorse più limitata si trovano ad affrontare una pressione maggiore per il passaggio all’energia a basse emissioni di carbonio. Nei paesi con obiettivi climatici più ambiziosi e impegni di zero netto, le NOC stanno allineando i propri piani aziendali con gli obiettivi statali. E le NOC con risorse ad alta intensità di emissioni quali il petrolio pesante devono agire più rapidamente per decarbonizzare le attività. Uno sguardo alle presentazioni per gli investitori e ai report sulla sostenibilità delle NOC rivela alcune tendenze comuni.

 

Gli obiettivi su idrogeno e ammoniaca

 

Quasi tutte le NOC di grandi dimensioni sembrano avere obiettivi ambiziosi su idrogeno e ammoniaca, nel tentativo di rendere disponibili a traporti e industria pesante carburanti a basse emissioni di carbonio. La Saudi Aramco e la Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), per esempio, sono ottimiste sulle prospettive di idrogeno e ammoniaca. La Saudi Aramco si pone l’obiettivo di produrre 2,9 milioni di tonnellate l’anno di idrogeno “pulito” entro il 2030, e di arrivare a 4 milioni di tonnellate l’anno entro il 2035. Non è chiara l’esatta ripartizione tra idrogeno blu e verde (l’idrogeno blu si produce dal gas naturale e prevede la cattura e il sequestro della CO2, mentre l’idrogeno verde si produce per elettrolisi da energia rinnovabile). Il ministro dell’Energia saudita, Abdulaziz bin Salman, afferma che una “larga parte” del gas non convenzionale proveniente dal progetto del bacino di Jafurah sarà destinata all’idrogeno blu. La Saudi Aramco prevede inoltre di produrre 11 milioni di tonnellate l’anno di ammoniaca blu entro il 2030 e ha sottoscritto accordi preliminari con acquirenti di Giappone e Corea del Sud. In Arabia Saudita vi sono anche altre società statali che si stanno adoperando per assumere la guida dello sviluppo dell’idrogeno verde. Come la Saudi Aramco, anche l’ADNOC ha grandi progetti su idrogeno e ammoniaca: insieme con dei partner, la società prevede infatti di costruire un impianto di ammoniaca blu da un milione di tonnellate l’anno a Ruwais. Abu Dhabi auspica che l’idrogeno blu possa soppiantare la domanda di gas naturale dell’industria nazionale, a sostegno della decarbonizzazione dei settori siderurgico e chimico e di altri settori. E l’ADNOC, proprio come la Saudi Aramco, intende acquisire il first-mover advantage su idrogeno e ammoniaca assicurandosi accordi con acquirenti da Asia ed Europa. Entrambe le società fanno leva su vantaggi quali un forte legame con la clientela, buone strutture portuali e una geologia promettente per la cattura, stoccaggio e utilizzo dell’anidride carbonica (CCUS, Carbon dioxide Capture, Utilization and Storage).

 

Altre NOC con ambizioni sull’idrogeno sono la cinese Sinopec and China National Petroleum Corp. (CNPC), la malese PETRONAS e la colombiana Ecopetrol. Alcune di dette società si pongono l’obiettivo di sviluppare idrogeno da utilizzare nei trasporti, per integrare o sostituire l’attuale produzione di idrogeno grigio destinato ai settori della raffinazione e petrolchimico; altre NOC sono invece nella fase iniziale di tali sviluppi, in particolare per quanto concerne l’idrogeno verde, e stanno ancora lavorando a studi di fattibilità e alla valutazione delle potenziali economie di scala. Il filo conduttore che le accomuna è il collegamento agli obiettivi climatici e alle strategie di zero netto (delle società stesse e dei governi che le ospitano).

 

 

Gli investimenti nella CCUS

 

Per ridurre l’intensità delle proprie emissioni, molte NOC stanno ricorrendo alla cattura e stoccaggio del carbonio. Naturalmente, quella della cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS) è una tecnologia consolidata; da molti anni ormai i principali investimenti nella CCUS vengono dalle società oil & gas, che dunque hanno un vantaggio iniziale rispetto ai settori dell’energia e dell’industria. Il crescente focus sulla decarbonizzazione delle attività oil & gas, e in particolare i nuovi progetti greenfield, significa che si allunga di molto l’elenco degli annunci di iniziative CCUS. Il settore deve affrontare diverse sfide. Primo, le società oil & gas, tra cui ADNOC e Saudi Aramco, tradizionalmente utilizzano la cattura del carbonio ai fini dell’iniezione di CO2 per il recupero assistito del petrolio (EOC, Enhanced Oil Recovery), alimentando così la percezione secondo cui gli investimenti nella CCUS protrarranno e addirittura aumenteranno le emissioni di CO2 del settore per molti anni ancora. Secondo, questi progetti sono costosi, soprattutto in assenza di una carbon tax e di schemi di scambio delle quote di emissioni che incentivino la CCUS. E terzo, le società oil & gas hanno un track record misto per i progetti di cattura e stoccaggio del carbonio.

 

la fotoEolico offshore. Diverse NOC stanno investendo in rinnovabili. La China National Offshore Oil Corp. pianifica progetti fino a 3,4 miliardi di dollari entro il 2025.

 

 

Le NOC restano comunque orientate ad aumentare notevolmente gli investimenti nella CCUS. Per esempio, la Qatar Energy ha assunto l’impegno a raggiungere un volume di cattura della CO2 di 11 milioni di tonnellate l’anno entro il 2035, nel tentativo di ridurre l’intensità delle emissioni della sua produzione di GNL nel contesto dell’ampliamento del North Field East. La società sostiene di poter ridurre l’intensità di carbonio della sua nuova produzione di GNL procedendo alla riduzione del flaring, alimentando l’operatività con energia pulita e implementando la CCUS. Altri esportatori di GNL potrebbero seguire l’esempio della Qatar Energy, dato che i progetti per il GNL, sia nuovi sia in essere, sono spesso oggetto di comparazione in termini di intensità delle emissioni. Più in generale, vi sono NOC che hanno firmato con società quali ExxonMobil e Repsol accordi di cooperazione per l’esplorazione delle opportunità di cattura e stoccaggio del carbonio.

 

 

Rinnovabili e batterie

 

Alcune NOC, inoltre, stanno investendo su progetti di energia rinnovabile, dall’eolico offshore al solare alla tecnologia delle batterie. La China National Offshore Oil Corp. (CNOOC), il principale produttore di petrolio offshore della Cina, sta conquistando la posizione di leader nazionale dell’eolico offshore e del solare, e ha partecipazioni in due progetti nelle province di Jiangsu e Guangdong. La società pianifica di spendere in progetti di eolico offshore e solare fino a 3,4 miliardi di dollari entro il 2025, con oltre l’85 percento del totale destinato all’eolico, e pianifica di aumentare la spesa in energie rinnovabili dal 10 al 15 percento della propria spesa annua tra il 2026 e il 2030. La PETRONAS pianifica di aumentare la propria capacità di energia rinnovabile dagli 851 megawatt (MW) attuali a 3.000 MW entro il 2024. La Ecopetrol ha piani ambiziosi di espansione nel campo delle energie rinnovabili: la NOC colombiana si pone l’obiettivo di raggiungere lo zero netto (Scope 1 e 2) e ridurre le emissioni del 50 percento entro il 2050. La sua 2040 Strategy annuncia che la società intende di sviluppare dai 400 ai 450 MW di energia rinnovabile entro il 2024, traendo l’energia necessaria principalmente da progetti solari. L’intenzione di ridurre le emissioni Scope 2 per rispettare gli impegni allo zero netto è un forte incentivo a che le NOC investano nelle energie rinnovabili o acquistino energia pulita per alimentare le proprie attività.

 

Le NOC che mirano a decarbonizzare la propria produzione e fornire energia più diversificata si concentrano soprattutto su idrogeno, CCUS ed energie rinnovabili, ma questa lista non è esaustiva. L’indonesiana Pertamina punta a raddoppiare la produzione di energia geotermica (attualmente di 700 MW) entro il 2028. La Petrobras sta esaminando il potenziale dei biocarburanti (l’anno scorso ha speso più nella ricerca e sviluppo sui biocarburanti avanzati che sulle energie rinnovabili). Nel tempo, altre NOC potrebbero aumentare la spesa per la metanazione per soddisfare la domanda dei clienti di gas metano privo di CO2.

 

Le varie NOC seguiranno percorsi diversi per la transizione energetica; non tutte avranno il capitale o la capacità per sviluppare le tecnologie necessarie per ridurre le emissioni ed espandersi in nuove aree, ma rappresentano all’incirca la metà della produzione mondiale di petrolio e gas: non è corretto supporre che seguiranno l’evoluzione del settore oil & gas da semplici spettatori o da spoiler.