Ultimo numero: 60/The race for critical minerals
Il futuro delle relazioni UE-Africadi Giulia Sofia Sarno

Energia

Il futuro delle relazioni UE-Africa

di Giulia Sofia Sarno

Il nuovo assetto geopolitico ha riversato i suoi effetti su tutto il mondo, in particolare, sul comparto energetico. Considerando anche il climate change il rapporto tra Africa e Unione Europea corre lungo alcuni punti salienti: la corsa al gas africano, il Green Deal e i flussi di finanza climatica

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Le molteplici crisi degli ultimi anni, a partire dallo scoppio della pandemia COVID-19-fino all’invasione russa in Ucraina, hanno fatto emergere tensioni interne alla partnership tra Unione Europea e Africa. I paesi africani possono oggi puntare a un numero sempre più ampio di partner globali per portare avanti i propri interessi e l’Europa dovrà abituarsi ad una crescente assertività da parte dell’Africa. A questo proposito, le reazioni nate in Europa a seguito dell’astensione di molti paesi africani durante il voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di condanna dell’invasione russa in Ucraina rivelano le aspettative di allineamento ancora fortemente presenti verso gli stati africani.

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uesto momento di più aperto contrasto e lento mutamento delle relazioni di potere può, tuttavia, rappresentare un’importante occasione per rifondare la partnership UE-Africa su fondamenta più solide. Infatti, accettando l’esistenza di differenze sostanziali in termini di aspettative e interessi, come accade nelle relazioni tra UE e paesi come la Cina o la Turchia, e abbandonando l’approccio di dipendenza spesso ancora dominante nelle relazioni nord-sud, l’Unione Europea e l’Africa potranno aprire un dialogo più franco e raggiungere accordi realmente win-win. La COP27 di Sharm-el-Sheikh, COP-africana e primo negoziato climatico nel nuovo contesto geopolitico delineato dalla guerra in Ucraina, è stato un banco di prova molto importante per la partnership UE-Africa. Le relazioni in campo energetico e climatico attualmente rappresentano una cartina tornasole dell’evoluzione generale dei rapporti tra Europa e Africa, trainate soprattutto dalla crisi energetica che ha travolto l’UE e dagli effetti sempre più devastanti del cambiamento climatico sul continente africano nonché dai suoi obiettivi di sviluppo fortemente legati all’energia. Le tensioni in questo ambito riguardano molteplici punti: dalla corsa al gas africano per rafforzare la sicurezza energetica europea, alla preoccupazione di derive protezioniste di alcuni strumenti del Green Deal europeo attualmente in discussione, fino ai flussi ancora assolutamente insufficienti di finanza climatica.

 

Retroscena di un’alleanza

La strategia di diversificazione messa in atto dall’UE per rafforzare la propria sicurezza energetica identifica nel continente africano un partner chiave per l’approvvigionamento alternativo di gas. Questi sviluppi hanno avvicinato fortemente l’UE alla posizione dell’Unione Africana la quale afferma che l’Africa continuerà a utilizzare tutte le sue abbondanti riserve energetiche per il proprio sviluppo economico e che le risorse non rinnovabili avranno un ruolo importante nel medio termine. L’Europa è stata anche tacciata di ipocrisia anche dalle fila africane, alla luce del fatto che solo un anno prima, ai negoziati di Glasgow, aveva sostenuto fortemente il taglio ai finanziamenti esterni di combustibili fossili, con diversi stati membri che si impegnarono ad eliminarli entro il 2022, creando forte frustrazione tra gli stati africani che si vedevano sottratte importanti opportunità di sostegno allo sviluppo. In definitiva, i partner africani hanno percepito segnali contrastanti da parte dell’UE rispetto alle proprie strategie climatiche e energetiche, cogliendo una scarsa attenzione ai bisogni di lungo termine del continente a favore delle necessità di breve termine europee. Un altro punto di frizione è la proposta del Carbon Border Adjustment Mechanism-(CBAM), che da molti paesi africani viene percepita come una possibile minaccia al loro sviluppo economico e il simbolo di una politica europea non equa. Nonostante gli elementi di tensione, i negoziati di COP27-hanno mostrato una buona tenuta delle relazioni UE-Africa. Un segnale ne è stato lo sforzo dell’UE nell’approvazione del fondo per le perdite e danni, svolta inseguita da decenni dai paesi africani – chiave anche per l’UE per proteggere la propria credibilità come leader climatico globale, in parte messa in discussione dalla strategia di diversificazione dal gas russo. Politicamente, una degli elementi più significativi di COP27-è stato il rafforzamento del potere negoziale africano, sostenuto dal blocco dalle economie in via di sviluppo e dalla Cina-(G77+China), probabilmente destinato ad aumentare nei prossimi anni, confermando una lenta trasformazione delle dinamiche di potere.

 

Un’idea diversa sui combustibili fossili

In questo ambito, le tensioni tra Europa e Africa sembrano avere una matrice comune: una diversa interpretazione di transizione energetica “giusta”. In Europa questa riflette la necessità di sostenere le aree più dipendenti dall’energia fossile e l’esigenza politica di ridurre l’opposizione da parte dei “perdenti” della transizione.

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n Africa, il concetto di equità e giustizia della transizione ha invece poco a che fare con l’abbandono dei combustibili fossili ma è legato al diritto dei paesi africani di raggiungere i propri obiettivi di sviluppo. Riconoscere e affrontare questa sostanziale differenza deve essere alla base della partnership UE-Africa. Questo implicherà per esempio costruire in maniera condivisa un approccio ad hoc per i paesi africani ai combustibili di transizione, che realizzi il potenziale di energia rinnovabile del continente e minimizzi il rischio di stranded-assests, permettendo allo stesso tempo di sviluppare sistemi energetici maturi e affidabili che sostengano il processo di industrializzazione e sviluppo economico. Importante sarà anche privilegiare strumenti che permettano di sviluppare percorsi di transizione specifici per le realtà di ciascun paese integrandoli alle strategie di sviluppo più ampie – le-Just Transition Energy Partnership (JETP) hanno un grande potenziale in questo senso. Affrontare i potenziali effetti distorsivi di strumenti come il CBAM sarà anche fondamentale, per esempio reinvestendo i suoi ricavi in finanza climatica. Inoltre, la partnership UE-Africa dovrà concentrarsi sul dossier finanziario, non solo in ambito di finanza climatica nei tavoli delle COP future, ma anche per iniziare a discutere di cancellazione del debito, che rappresenta un nodo fondamentale per ridurre la vulnerabilità dei paesi africani al cambiamento climatico, e per promuovere strumenti finanziari come i “debt-for-climate-swaps”.