
Mercato auto
La crisi dell’auto elettrica e il futuro della mobilità
Il settore auto è in trasformazione tra nuove normative sulle emissioni e sfide di mercato. La transizione energetica non può basarsi solo sull’elettrico: biocarburanti, e-fuels e idrogeno emergono come soluzioni complementari. Bruxelles apre a un approccio più flessibile
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l Maggiolino, ve lo ricordate? Icona degli anni Sessanta, l’auto più longeva al mondo e per anni la più prodotta. Simbolo della Volkwagen e della rinascita dell’industria tedesca. Ma il Maggiolino ha fatto la storia anche a Forest, un comune della periferia di Bruxelles. Qui in un impianto della casa automobilistica tedesca ne furono prodotti più di un milione in poco più di vent’anni; 97 mila unità solo nel 1973. La Volkswagen acquistò quella che era la ‘Vecchia fabbrica dei fratelli D’Ieteren’ nel 1970 proprio per produrre più Maggiolini e soddisfare un mercato insaziabile. Tra il 1954 e il 2009 a Forest furono prodotte 6,62 milioni di Volkswagen. Poi l’impianto, quando già soffiavano i venti della crisi, è stato destinato all’Audi (sempre gruppo VW). Vi sono state prodotto le piccole A1 (900 mila) prima che venissero spostate allo stabilimento di Martorell in Spagna. Ed è stato riconvertito all’elettrico con la prima ammiraglia a batteria, la e-tron, nel 2016.
Per il lavoro sono state necessarie 7.500 tonnellate di acciaio, più della Torre Eiffel, e 20 mila metri cubi di cemento”, ha raccontato al quotidiano economico belga l’Echo l’allora CEO della fabbrica, Patrick Danau. Con la e-tron tutto sommato non è andata male, prima che arrivasse l’ondata di concorrenza elettrica. Nel 2021 il modello ha preso il nome di Q8 e-tron. Poi il crollo di vendite, la crisi dell’elettrico, l’esplosione dei costi dell’energia, la guerra. Il 28 febbraio 2025 la fabbrica Audi a Bruxelles ha chiuso definitivamente i battenti. Tremila persone sono rimaste senza lavoro. E nelle ultime settimane si ridiscute la riconversione dello stabilimento: potrebbe essere destinato alla produzione di armi. Il sindaco di Forest, Charles Spapens, protesta: “Diventerebbe un obiettivo di possibili attacchi nemici, in piena città”. I tempi sono questi. Le fabbriche di auto chiudono, quelle di armi prendono il loro posto. È la crisi dell’elettrico, della transizione green risucchiata dalla geopolitica.
Nel 2024, le vendite globali di auto hanno raggiunto 74,6 milioni di unità, segnando un aumento del 2,5% rispetto al 2023. Ma nell’Unione europea la crescita si è fermata allo 0,8%, con vendite totali che hanno raggiunto 10,6 milioni di unità. La Cina da sola ha rappresentato un terzo delle vendite globali, con 23 milioni di unità. È diventata il primo mercato mondiale per le auto elettriche, con 11 milioni di unità e un aumento del 40% rispetto al 2023. In Europa (calcolando anche Regno Unito, Islanda, Norvegia e Svizzera) le vendite di elettrico sono diminuite del 3% (la fetta sul totale è del 13,6%)
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e cifre dell’Acea – l’Associazione che riunisce i produttori di auto europei – sono sufficienti per fotografare l’apprensione del settore, costretto tra l’incudine del mercato e il martello della regolamentazione europea che in nome della transizione green pone (e impone) obiettivi di taglio delle emissioni che diventano sempre più un miraggio. L’ultima spada di Damocle era il regolamento entrato in vigore dal primo gennaio 2025 che prevede la riduzione delle emissioni da 115 grammi di CO2 al chilometro a 93,6 grammi (la sanzione è di 95 euro per ogni grammo in eccesso). Il target è applicato alla produzione complessiva di ogni casa automobilistica (così come le sanzioni). Di conseguenza il modo immediato per rispettare gli obiettivi è aumentare la vendita di auto elettriche, la stima per il 2025 era del 20% ma – come visto dai dati sopra – nel 2024 non ha raggiunto il 14% e si stima che nel 2025 resterà sotto il19. I produttori europei rischiavano quindi di pagare 16 miliardi di euro di multe (13 miliardi per le auto e 3 per i furgoni) per il mancato raggiungimento del target della vendita. Per evitarlo avevano proposto alla Commissione europea due soluzioni: calcolare il target del 20% di veicoli elettrici sul 90% dei veicoli venduti per il 2025 e sul 95% nel 2026 (abbassando così la percentuale); oppure introdurre un calcolo sulla media nel periodo 2025-2029, in modo che gli anni a venire possano colmare il gap del 2025-2026. L’esecutivo europeo dopo un Dialogo strategico con il settore ha accettato in parte la seconda proposta: il target verrà calcolato non sui dati annuali ma sulla media di tre anni (i produttori avevano chiesti cinque).
Nel suo Piano la Commissione mette a disposizione 1,8 miliardi di euro per “creare una catena di fornitura sicura e competitiva per le materie prime delle batterie”
“Il principio chiave è l’equilibrio: da un lato servono prevedibilità ed equità per i pionieri, quelli che hanno fatto la propria parte e raggiunti gli obiettivi; dall’altro dobbiamo ascoltare chi chiede più pragmatismo e neutralità tecnologica in questi tempi difficili”, ha spiegato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, annunciando alla stampa – il 3 marzo - appunto la scelta di concedere maggiore tempo e quindi il congelamento delle multe per il 2025. “Così diamo più respiro per l’industria ma senza toccare gli obiettivi che rimangono invariati”, ha aggiunto.
Un sospiro di sollievo per i produttori che si devono accontentare ma chiedono più chiarezza per i prossimi obiettivi. Soprattutto per il 2035 quando secondo i piani della Commissione europea non si potranno più vendere auto a benzina o diesel. Nel tentativo di dare una prima risposta alla crisi del settore, l’esecutivo di Bruxelles ha presentato un Piano d’azione per l’automotive che – tre le altre cose – prevede di anticipare al 2025 (dal 2026) la revisione proprio del regolamento che mette al bando i motori termici. L’intento è fare il punto sulle tecnologie e aprire eventualmente alle nuove, che vanno oltre l’elettrico. Troveranno maggiore spazio sicuramente i cosiddetti e-fuels ma anche i biocarburanti e l’idrogeno.
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el suo Piano la Commissione mette a disposizione 1,8 miliardi di euro per “creare una catena di fornitura sicura e competitiva per le materie prime delle batterie” così come promette di mobilitare un altro miliardo di euro di investimenti pubblico-privati per un’Alleanza europea dedicata ai veicoli connessi e autonomi. E ancora: la Commissione studia sostegni e incentivi anche per le flotte aziendali e nei prossimi mesi presentare una comunicazione per un leasing sociale per permettere alle fasce meno abbienti della popolazione di potersi permettere l’acquisto di una elettrica. Sul fronte delle infrastrutture si accelererà sugli impianti di ricarica, premendo anche sulla definizione di ‘bene di utilità pubblica’ per spingere i permessi per l’installazione delle colonnine di ricarica.
Per i produttori il mancato raggiungimento degli obiettivi di quote di elettrico nelle vendite deriva in particolare da difficoltà di mercato indipendenti da loro (vedi ad esempio il taglio di incentivi) ma anche dalle carenze di infrastrutture per la ricarica. La Commissione europea aveva stabilito un obiettivo di 3,5 milioni di punti di ricarica entro il 2030 ma l'Acea stima che ne serviranno 8,8 milioni. A livello annuale, l'obiettivo della Commissione era 410 mila (per l'Acea 1,2 milioni) ma nel 2024 ne sono stati realizzati solo 213 mila.
I produttori europei insistono, da parte loro, su due dati: 250 miliardi di euro di investimenti nella mobilità a zero emissioni da qui al 2030; e 370 modelli di auto elettriche a batteria già sul mercato, di cui sedici sotto i 30 mila euro.