Il Green Deal Europeo a fine legislatura
 
di Margherita Bianchi IAI

Europa

Il Green Deal Europeo a fine legislatura
 

di Margherita Bianchi IAI

L’emergenza climatica non può passare in secondo piano eppure Fit for 55, il pacchetto contenente misure di adeguamento della legislazione già esistente per la riduzione delle emissioni, vede alcune delle sue misure ancora non approvate o che incontrano resistenze

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Con l’annuncio delle elezioni europee a giugno 2024 l’attuale legislatura è entrata nel suo ultimo anno. Dalla sua nascita nel 2019 la strategia per eccellenza della Commissione Von Der Leyen - il Green Deal Europeo - ha mostrato una grande resilienza a fronte delle numerose crisi che lo hanno attraversato, dalla pandemia all’invasione russa dell’Ucraina. Se da una parte le risposte alle difficili circostanze vissute in Europa hanno incluso misure emergenziali anche in controtendenza rispetto alle ambizioni di decarbonizzazione della Commissione, dall’altra il Green Deal ha rafforzato i propri obiettivi verdi attraverso gli strumenti introdotti per la ripresa, da Next Generation EU a REpowerEU. In questo senso, rispetto alle crisi recenti, l’agenda ambientale non è certo passata in secondo piano rispetto all’imperativo della ripresa economica e anzi la crisi energetica ha contribuito ad una progressiva securitizzazione dell’agenda climatica, rafforzandola. L’avvicinarsi delle elezioni però pone alcuni rischi rispetto all’avanzamento del pacchetto Fit for 55 e del Green Deal in generale, le cui misure dovranno essere implementate nei prossimi anni.

 

Il Green Deal fino ad oggi

La misura chiave della strategia voluta da Ursula Von der Leyen è la legge europea sul clima adottata nel 2021 in piena pandemia, che ha introdotto un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di lungo periodo e ha innalzato l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 al 55%. Per il raggiungimento di tale obiettivo, la Commissione ha presentato il pacchetto Fit for 55, contenente misure di adeguamento della legislazione già esistente e nuove iniziative. Tra le prime si trovano ad esempio la riforma delle direttive sulle rinnovabili (REDIII), sull’ efficienza energetica (EED), e sulla performance energetica degli edifici (EPBD). Fra le nuove, l’estensione dell’ETS ai settori dei trasporti e degli edifici, la regolamentazione delle emissioni di metano nel settore energetico e la dibattutissima CBAM – carbon border adjustment mechanism. Il Green Deal ha nel tempo incontrato diverse resistenze. Tra queste, alcune tensioni tra stati membri europei a causa dei diversi interessi e mix energetici domestici che hanno ritardato i negoziati. Un secondo spazio di contestazione ha riguardato la dimensione sociale della transizione, legata a strumenti del Green Deal come il fondo per la transizione giusta dedicato in particolare alle regioni carbonifere. Nel contesto della discussione di vari dossiers sono poi emerse perplessità rispetto all’impatto delle politiche climatiche sulla competitività delle industrie energivore – si pensi alla discussione intorno al CBAM.

 

Verso le elezioni: il GD tra opportunità e rischi

Negli scorsi mesi si è assistito ad un’accelerazione nel lavoro della precedente presidenza (svedese) per portare a termine una serie di dossiers ancora aperti e alla presentazione da parte della Commissione di nuovi capitoli di politica climatica in tempi record – come il piano industriale dell’UE, il Net-zero Industry Act (NZIA) e il Critical Raw Materials Act.  Al momento, se la maggior parte degli elementi di Fit for 55 è stata approvata o si trova nelle ultime fasi negoziali, altre misure (si pensi ad esempio alla riforma del mercato elettrico) sono invece in ritardo o incontrano forti resistenze. Negli ultimi mesi inoltre vecchie e nuove spaccature sono affiorate nel dibattito e nelle negoziazioni sulla politica climatica. Innanzitutto, permangono importanti divisioni tra sostenitori e osteggiatori del nucleare, spaccatura certamente non nuova ma che al momento riguarda tanto il Net Zero Industry Act (NZIA) quanto la proposta di riforma del mercato elettrico.

S

i notano in secondo luogo spazi di contestazione politico-sociale sempre più evidenti rispetto alla politica energetica, ambientale e climatica che man mano deve essere proposta o, soprattutto, implementata. Recentemente sono state portate avanti battaglie politiche senza precedenti per contrastare politiche ambientali più stringenti come quella sostenuta dal Partito Popolare Europeo (PPE) contro la legge per il ripristino della natura. Si sono poi verificate importanti proteste in alcuni stati membri alle prese con l’implementazione di misure per la decarbonizzazione di diversi settori: in Olanda si è affermato un vasto movimento di protesta del settore agricolo contro la riduzione di emissioni inquinanti; in Germania, il bando delle caldaie a gas previsto per il 2024 ha scatenato importanti reazioni dentro la maggioranza e nel paese. Si sono registrati malumori anche da parte di figure di spicco come Macron, che ha chiesto una “pausa regolatoria” alla Commissione Europea. Contestazioni sulla legislazione europea sono più forti anche fuori dai confini europei – tra gli esempi più recenti le proteste dei governi brasiliano, indonesiano, malesiano e molti altri nei confronti della EU Deforestation Law, considerata una barriera commerciale e una misura discriminatoria nei confronti dei fornitori stranieri di prodotti quali carne, cacao, caffè, olio di palma, soia, legno, gomma. Recentemente si sono verificate anomalie anche nel funzionamento istituzionale e nei processi negoziali riguardanti importanti dossiers del Green Deal Europeo, per cui alcuni stati membri hanno ritirato il proprio consenso sui testi a negoziati conclusi. Questo inusuale modus operandi è stato utilizzato nel caso della direttiva sulle energie rinnovabili (RED III), bloccata a trilogo concluso dalla Francia per ottenere concessioni sull’utilizzo del nucleare nella produzione di idrogeno. Lo stesso è avvenuto con la riapertura dell’accordo sul regolamento sugli standard emissivi nel trasporto leggero, quando Italia e Germania hanno imposto uno stop a trilogo concluso nel tentativo di far rientrare elettrocarburanti e biocarburanti nella normativa. Infine, permane il vecchio dibattito tra stati membri che preferiscono perseguire schemi di sussidio nazionale a tutela della propria competitività sfruttando allentamenti nella disciplina degli aiuti di stato e paesi con ridotti margini di manovra fiscale. Considerate dunque le tendenze socio-politico-istituzionali che potrebbero rallentare il processo normativo e l’implementazione del Green Deal nei prossimi mesi, sarà dunque interessante osservare come e se la Commissione Von der Leyen riuscirà a finalizzare gli elementi chiave di Fit-for-55 entro le elezioni.