Le prioritàdi autori vari
59

Dibattito

Le priorità

di autori vari

La transizione energetica deve conciliare le diverse priorità di Africa ed Europa, oltre che quelle esistenti all’interno di ciascuno dei due continenti. Esperienze e punti di vista a confronto

20 min

P

er priorità s’intende la condizione o la qualità dell’essere ritenuto più importante o più meritevole di attenzione, risorse o azioni rispetto ad altro. Una priorità implica una scelta, l’individuare ciò che è prioritario e va quindi affrontato prima di tutto il resto; ogni priorità dipende da una certa prospettiva, da determinati valori, interessi e responsabilità. A lungo si è mancato di riconoscere che la transizione energetica deve conciliare le diverse priorità di Africa ed Europa oltre che le differenti priorità esistenti all’interno di ciascuno dei due continenti. La transizione energetica globale, per quanto sfaccettata e stratificata, è l’esempio perfetto di come l’incapacità di considerare e conciliare priorità diverse rischi di ritardare il conseguimento degli obiettivi. Tra i diversi paesi africani ci sono molte differenze, ma anche punti e posizioni comuni sulle questioni legate al clima.

 

 

di Maddalena Procopio, Senior Policy Fellow in the Africa Programme, ECFR Italy

 

 

Mobilitare la finanza, quali sfide per la Nigeria

 

Per la transizione energetica africana è prioritario potenziare le infrastrutture per le energie rinnovabili, che sono perlopiù carenti. Il nuovo governo nigeriano ha dichiarato di non essere interessato alle energie rinnovabili. Preferisce avviare la transizione energetica partendo dal gas, per il quale esistono già le infrastrutture. Un’altra area prioritaria sono le capacità umane: fondamentale la ricerca sulla transizione energetica per promuovere la collaborazione con amici e colleghi di università africane (come l’Etiopia e i suoi centri di ricerca) e non. Ci sono poi tre importanti punti relativi all’uso del capitale. La nostra priorità sono le aree rurali, che sono perlopiù scollegate dalla rete elettrica nazionale. Il 60-65 percento della popolazione africana vive al di fuori dei centri urbani, ma i giovani vogliono trasferirsi dalla campagna alla città per avere accesso all’elettricità, e questo genera pressione sulle aree urbane. Prioritaria è anche la formazione dei nostri giovani nei settori della transizione energetica.

 

Vorrei inoltre sottolineare che l’Africa si trova a dover affrontare delle sfide di carattere generale: in Nigeria, per esempio, abbiamo il problema dell’accesso al credito. Molti investitori ritengono rischioso finanziare progetti per la generazione di elettricità in Africa. Il modo migliore in cui l’Europa, e iniziative come questa Conferenza, possono esserci d’aiuto sono gli investimenti in energie rinnovabili, di cui l’Africa abbonda, e sullo sviluppo di tecnologie e innovazioni, oltre alle soluzioni micro-grid, mini-grid e off-grid per la creazione di una rete elettrica nelle zone rurali. Quanto alle misure di efficienza energetica, in genere in Africa siamo parsimoniosi nell’uso delle risorse, perché sono proprietà del governo: formazione e riforme politiche sono fondamentali. Non solo, ma anche i nostri governi hanno bisogno di supporto per promuovere le riforme necessarie. Eni è decisamente in grado di interagire con le autorità governative, sollecitiamo quindi la sua assistenza in merito. Risulta di cruciale importanza anche lo sviluppo di progetti energetici transfrontalieri, affinché l’elettricità generata in una regione possa essere trasportata in altre regioni.

 

 

di Peter Oluseyi, professore associato presso l’Università di Lagos, Nigeria

 

 

La transizione energetica vista dalla Costa d'Avorio

 

La Costa d’Avorio si trova in Africa occidentale, ha 29 milioni di abitanti, la capitale politica è Yamoussoukro, quella economica Abidjan, la lingua ufficiale è il francese, il franco CFA è la valuta nazionale adottata. Nel 2022 la crescita economica è stata del 6,7 percento. In Costa d’Avorio l’elettricità è prodotta da centrali termiche alimentate a combustibili fossili (gas naturale, diesel, olio combustibile), gestite da quattro società indipendenti. Sono sei le centrali idroelettriche attive dal 2017. Complessivamente produciamo 11.000 gigawatt (GW) l’anno, di cui il 77 percento dalle centrali termiche e il resto dalle centrali idroelettriche. L’energia prodotta viene consumata quasi per intero a livello locale mentre il sei percento viene esportato nei paesi limitrofi - Liberia, Sierra Leone, Mali, Burkina Faso e Ghana - attraverso la rete. Quanto alle emissioni di carbonio, il 30 percento deriva dal settore elettrico, il 47 percento, la quota maggiore, dai trasporti. Nel 2017 le emissioni dal settore elettrico sono diminuite grazie all’avvio delle centrali idroelettriche. Il governo si è impegnato a compiere la transizione e ha presentato una strategia con cui punta a diventare paese leader nel mercato energetico dell’Africa sub-sahariana entro il 2030. Tale strategia prevede il matching tra domanda e offerta, lo sviluppo delle energie rinnovabili, la revisione del quadro istituzionale e lo sviluppo delle competenze.

 

 

la foto La transizione energetica globale, per quanto sfaccettata e stratificata, è l’esempio perfetto di come l’incapacità di considerare e conciliare priorità diverse rischi di ritardare il conseguimento degli obiettivi. Tra i diversi paesi africani ci sono molte differenze, ma anche punti e posizioni comuni sulle questioni legate al clima

 

 

 

Le priorità nell’ottica della transizione energetica sono innanzitutto aumentare l’accesso all’energia, promuovere la sostenibilità, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e migliorare l’efficienza energetica. I nostri obiettivi sono ridurre le emissioni di carbonio del 28 percento e aumentare la quota di rinnovabili nel mix energetico fino al 42 percento entro il 2030. Per raggiungere questi obiettivi vogliamo aumentare la quota di energia idroelettrica nel mix, aggiungendo anche energia solare da fotovoltaico ed energia da biomassa. Possiamo farcela, perché abbiamo abbondanza di risorse: abbiamo infatti un grande potenziale idroelettrico, stimato di 2.500 megawatt (MW) - 12.000 gigawattora (GWh) dal grande idroelettrico, 78 MW - 300 GWh dal piccolo idroelettrico, più di 1.900 kilowattora per metro quadrato di risorse solare per uso interno, soprattutto nel nord del paese; abbiamo 16,7 milioni di tonnellate di biomassa l’anno dalla lavorazione di prodotti agricoli quali cocco, cotone, gomma, anacardi e altro, con capacità di produzione di 1.645 MWe con un’efficienza del 25 percento. Abbiamo inoltre in corso diversi progetti per la costruzione di nuovi impianti energetici, tre dei quali dovrebbero essere messi in servizio nel 2045: si tratta di una centrale da 45 MW che può fornire elettricità a 1000 famiglie, riducendo le emissioni di carbonio; una centrale fotovoltaica da 37,5 MW per rifornire 30.000 famiglie, con un risparmio di 27 tonnellate di CO2 l’anno; e infine, un progetto per una centrale a biomassa da 46 MW, equivalenti al fabbisogno di una città di 1,7 milioni di abitanti, con un risparmio di 180.000 tonnellate di CO2 l’anno.

 

Per promuovere lo sviluppo delle energie rinnovabili in Costa d’Avorio è necessario mettere in atto politiche di sostegno, attrarre investimenti e soprattutto formare la forza lavoro e promuovere la ricerca e lo sviluppo nel settore. Sono numerosi i progetti di formazione e ricerca in atto, per esempio sulle energie rinnovabili e l’efficienza energetica, per lo sviluppo di supporti di comunicazione professionali, per la formazione, in collaborazione per esempio con la tedesca GIZ. Abbiamo anche un programma per lo sviluppo e per l’efficienza energetici, in collaborazione con il governo, e un programma per la certificazione dell’efficienza energetica del solare fotovoltaico. Quanto alla ricerca, l’università si occupa di diversi temi relativi alle energie rinnovabili, come l’efficienza energetica, la biomassa e i biocarburanti, e investiamo nella ricerca per il miglioramento della produzione di biocarburanti sostenibili e di energia da biomassa.

 

 

di Mohammed Koita Sako, direttore dell’Ecole de Formation Continue et de Perfectionnement des Cadres, Institut National Polytechnique Félix Houphouët-Boigny, Costa d’Avorio

 

 

 

Una transizione inclusiva

Le donne africane impiegano un totale di 40 miliardi di ore l’anno per portare i figli ai centri sanitari, per partecipare alle attività economiche e per prendersi cura della casa e della famiglia. Le donne e i bambini africani sono colpiti in modo molto duro dalla povertà energetica, sono i gruppi sociali che ne avvertono maggiormente l’impatto. La transizione giusta è un’opportunità per rimediare agli errori commessi in passato in materia di accesso all’energia per le donne. L’importanza delle politiche per favorire l’inclusività risiede nel fatto che l’empowerment femminile, nell’ambito dell’accesso all’energia, della transizione giusta e delle opportunità offerte dai nuovi settori come la mobilità elettrica, si traduce sempre nell’empowerment dell’intera comunità.

In Africa sono le donne a prendersi cura della comunità, gratuitamente

Dare alle donne un’opportunità di emancipazione economica e coinvolgerle nella catena del valore della transizione giusta significa quindi promuovere l’empowerment dell’intera comunità. Il rapporto delle Nazioni Unite Gender Equality in the Sustainable Energy Transition dice cose molto belle e importanti, ma dobbiamo concentrarci sul gender responsive budgeting. Si tratta di uno strumento per integrare le questioni di genere in politiche e bilanci, per monitorare e valutare l’impatto di genere, per integrare gli obiettivi di uguaglianza di genere e di inclusione sociale nelle politiche governative. A valle, anche piccole e medie imprese hanno l’obbligo di dotarsi di un proprio quadro di riferimento per l’uguaglianza di genere e l’inclusione sociale. Tale aspetto viene monitorato nell’ambito del progetto Impact, per vedere come le PMI interagiscono con le comunità. Parte importante dell’inclusione di genere sono anche le pari opportunità per le donne imprenditrici. La legge sugli appalti pubblici del Kenya stabilisce che il 30 percento di tutte le opportunità di appalto sia destinato alle donne. Sono io stessa un’imprenditrice, ma questa politica non mi tocca direttamente perché c’è ancora un divario tra la politica e la sua attuazione; ma anche questo rappresenta un’opportunità di crescita per le donne. In quanto imprenditrice mi sono assunta la responsabilità di avere una componente e una politica di parità di genere e di inclusione sociale nella mia azienda. Lavoro con 1.200 donne nelle aree rurali.

 

Prendiamo l’esempio del Kenya. Molte delle tecnologie e dei progetti di energia rinnovabile sono guidati dagli aiuti allo sviluppo e da investimenti esteri diretti che spesso alimentano tensioni, sfide e conflitti sociali. Il dibattito sulle tecnologie per l’energia rinnovabile che possono andare in aiuto ai poveri non suscita in genere molta attenzione e ha poco spazio, perché a dominare sono i grandi programmi e i grandi progetti, e questo rappresenta un problema perché esclude le comunità rurali e tanti altri soggetti cui si dovrebbe dar voce. Ci sono ancora diverse tensioni sul tema dell’accesso all’elettricità e addirittura sulla definizione dei bisogni energetici dei poveri, in particolare delle donne e delle comunità rurali. In Kenya non mancano le tensioni anche tra il governo e il settore privato quando si tratta di promuovere tecnologie che possono andare a favore dei poveri e sono orientate alla creazione di maggiori opportunità di lavoro per le comunità. Il Sustainable Energy Fund for Africa, per esempio, è un fondo per l’energia sostenibile istituito dall’African Development Bank in Danimarca, ma restano la sfida di colmare il divario della finanza per l’energia verde e la questione dei bassi tassi di rendimento dei progetti verdi, che scoraggiano gli investimenti privati.

 

 

di Carol Ofafa, CEO e fondatrice di E-Safiri, azienda di mobilità elettrica operante in Kenya

 

 

 

Il Kenya e l’innovazione per l’accesso all’energia

 

Nel 2010, in Kenya solo il 25 percento della popolazione aveva accesso all’elettricità; nel 2019 la percentuale è salita al 70 percento e nel 2020 al 71 percento. Il 29 percento della popolazione keniota non ha accesso all’elettricità e continua a utilizzare combustibili non puliti come carbone e legname: abbiamo ancora molta strada da fare. Ma ricordo anche che il Kenya ha un grande potenziale per l’adozione di tecnologie energetiche pulite quali eolico, solare, geotermico e idroelettrico, e ambisce a passare alle tecnologie energetiche pulite e ridurre le emissioni del 32 percento entro il 2032. Questo è quello che accade in Kenya, un paese che può porsi traguardi importanti grazie alle politiche di sostegno e agli incentivi che trainano gli investimenti in energie rinnovabili. Abbiamo raggiunto traguardi politici significativi: la politica energetica nazionale del 2019, la strategia nazionale di elettrificazione del 2018, la strategia nazionale per l’efficienza e la conservazione dell’energia, il libro bianco sul settore energetico e altro ancora. Inoltre, nella sua dichiarazione all’African Climate Summit, il presidente del Kenya ha impegnato il paese a raggiungere il 100 percento di energia pulita entro il 2040, obiettivo da conseguire dando sostegno al programma per l’industrializzazione verde. Questa è la direzione in cui si muove il Kenya. Ma sono due, in particolare, le politiche che favoriscono l’innovazione tecnologica del paese: la politica tariffaria del 2021 e la politica per le aste di energia rinnovabile, sempre del 2021, che promuove il coinvolgimento del settore privato. Altro importante e recente traguardo è il Climate Change Amendment Act del 2023 a supporto degli investimenti nei mercati del carbonio.

Veniamo ora a un settore chiave

Sappiamo tutti che il settore informale, quello delle piccole e medie imprese (PMI), è essenziale per la transizione verso le tecnologie energetiche pulite, non solo in Kenya ma anche in tutta l’Africa. Attraverso il Ministero del Commercio e dell’Industria, il Kenya ha elaborato quello che possiamo considerare uno strumento politico a favore delle PMI, che incoraggia le piccole e medie imprese a utilizzare le energie rinnovabili ai fini della transizione verso le tecnologie verdi. Ma non è tutto: il governo ha rilevato la necessità di migliorare l’atteggiamento degli stakeholder nei confronti della transizione e ha elaborato la Strategia di comunicazione per il cambiamento dei comportamenti e la promozione del pensiero ecologico. Oggi sta progettando una strategia ecologica nazionale che promuova la transizione verso tecnologie energetiche pulite per stufe e fornelli. Il Kenya sta anche lavorando a un piano d’investimento nella transizione energetica, con il sostegno dell’organizzazione Sustainable Energy for All.

Un altro punto importante di questo dibattito riguarda il ruolo delle donne nella transizione energetica

Gli investimenti per le donne devono arrivare dalle comunità, devono arrivare dagli africani, non dalla comunità internazionale. Non dobbiamo pensare solo a chi beneficerà della transizione energetica giusta senza compiere sforzi in tal senso, ma dobbiamo concentrarci anche su coloro che sono coinvolti in modo diretto nella catena del valore del business, a monte e a valle, secondo il principio dell’inclusività di genere. Vorrei quindi parlare di quello che E-Safiri Charging Limited sta facendo per una transizione energetica giusta e delle opportunità che stiamo esplorando. E-Safiri è un’azienda di mobilità sostenibile nel campo delle infrastrutture di ricarica per la mobilità rurale. Sfrutta l’energia eolica e solare per ricaricare le motociclette e i tricicli da carico che si usano per trasportare i prodotti agricoli dalla fattoria al mercato, il pesce dalle spiagge ai mercati e agli hotel; le donne lo usano anche per portare i bambini a scuola e per trasportare legna, verdure.

 

Ecco che cosa facciamo: lavoriamo con le comunità rurali, le mettiamo in condizione di avere un’alternativa alle motociclette con motore a combustione interna. Si tratta di mobilità sostenibile basata sulle energie rinnovabili. Ci siamo resi conto che bisogna informare sui vantaggi dell’inclusione di genere, sui benefici delle energie rinnovabili e sui vantaggi della transizione dall’uso della benzina alle motociclette elettriche. È un compito che difficilmente una piccola impresa può assolvere da sola, per cui ci avvaliamo dell’aiuto del Regno Unito attraverso l’Energy Catalyst Fund; sostenere iniziative di questo tipo può essere un’opportunità anche per le aziende italiane. Riceviamo aiuto anche dal World Resources Institute. Queste sono solo le opportunità offerte dal piccolo spazio in cui lavoriamo e già diamo sostegno a 1.200 donne nel settore. Così si emancipano le donne, con un empowerment che dà loro la possibilità di uscire di casa e fare qualcosa che probabilmente va al di là della loro immaginazione.

 

Pertanto, la sensibilizzazione e la consapevolezza sono fondamentali e vanno sviluppate attraverso leve finanziarie che non mettano a rischio i piccoli imprenditori, perché questi operano principalmente ai fini di una transizione energetica giusta. La  proprietà di E-Safiri è costituita da donne per il 67 e la sua forza lavoro è fatta al 50 percento di donne. Come ci siamo riusciti? Lavorando con le comunità per sviluppare in loco le risorse umane di cui abbiamo bisogno. Ed è essenziale che le posizioni decisionali dell’azienda siano ricoperte da donne. Quindi, l’empowerment femminile non consiste solo nell’acquisire un titolo, che di per sé non ha impatto, quanto invece e soprattutto nel rendere le donne capaci di mettere a frutto la propria esperienza e di dare la propria impronta al funzionamento dell’azienda.

 

 

di Anne Kingiri, direttrice di Research & Innovation presso l’African Centre for Technology Studies, Kenya