La nuova sfida di Mr Tesla
L’ultima speranza è Musk
Trump definisce il cambiamento climatico una bufala mediatica, vuole ritirare gli USA dagli Accordi di Parigi e puntare solo sui combustibili fossili. L’unico che potrebbe fargli cambiare idea è il fondatore e capo di Tesla, che sogna di vedere le sue auto elettriche invadere le strade d’America
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na delle cose migliori che in America dicono è: ognuno ha diritto a esprimere il proprio parere. Ma cosa succede quando un candidato annuncia di voler azzerare le politiche ambientali e rilanciare i vecchi combustibili fossili? Beh, siamo vicini a scoprirlo perché gli americani hanno votato a maggioranza colui che ha promesso tutto questo: Donald Trump. Cinque mesi fa il 78 percento degli americani intervistati dall’Università di Chicago aveva definito il “cambiamento climatico” un tema reale. E tra questi il 62 percento si era dichiarato Repubblicano. Otto persone su dieci avevano confessato di aver provato sulla propria pelle condizioni climatiche estreme, e il 68 percento considerava quello ambientale un tema cruciale nelle elezioni.
Tutte queste priorità si sono eclissate, sovrastate da altri problemi, come l’emergenza immigrazione, l’inflazione e un generale peggioramento della qualità della vita. Trump ha definito “bufala” la storia del cambiamento climatico, bollato gli scienziati come “allarmisti” e accusato i meteorologi di essere “catastrofisti”, solo per il fatto di ostinarsi ad annunciare uragani e cicloni.
I primi passi hanno dato la linea
Le prime nomine sono state indicative della linea su cui si muoverà la nuova amministrazione americana. Trump ha messo un negazionista del clima, Lee Zeldin, alla guida dell’Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale; Doug Burgum, governatore del North Dakota e anello di collegamento con i petrolieri, nominato capo del Consiglio nazionale per l’energia; Chris Wright, magnate del fracking, la tecnica della fratturazione idraulica utilizzata per estrarre gas e petrolio non convenzionali, nuovo segretario dell’Energia. Trump ha annunciato di voler cancellare subito l’Inflation Reduction Act, che contiene il più grande investimento nella storia americana in energia pulita, e di voler ritirare gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi sul clima, come già fece durante il suo primo mandato.
Il gigante petrolifero ExxonMobil si è opposto. Una portavoce, parlando con Cnn, è stato chiaro: “Una seconda uscita dagli Accordi di Parigi avrà profonde implicazioni sugli sforzi degli Stati Uniti di ridurre le proprie emissioni e per gli sforzi a livello internazionale di combattere il cambiamento climatico”. La corporation petrolifera ha chiesto “politiche che tengano conto della sicurezza, la sostenibilità, affidabilità e gestione ambientale, non cambiamenti drastici che potrebbero ostacolare i progressi fatti fino a oggi”.
Petrolieri ma anche sostenitori delle rinnovabili
Il Texas, paradiso dei petrolieri, guida anche la nuova sfida dell’energia rinnovabile. Le rinnovabili forniscono il 65 percento di potenza consumata in Iowa, più della metà di quella prodotta in Kansas e South Dakota, e più di un terzo dell’energia generata in Oklahoma, New Mexico, Nebraska, Nevada, Maine e Nord Dakota.
Un’analisi condotta dal Washington Post ha mostrato come i collegi dove Trump ha vinto nel 2020 avevano ricevuto tre volte gli investimenti in energia pulita rispetto a quelli andati a Joe Biden. Con l’Inflation Reduction Act, diciannove collegi su venti a maggioranza repubblicana hanno ottenuto cospicui finanziamenti per contrastare il cambiamento climatico. Soldi che dovrebbero portare 110 mila nuovi posti di lavoro e generare investimenti privati per 126 miliardi di dollari, distribuiti in quaranta Stati. Un altro studio, pubblicato da Energy Policy, sostiene che la decarbonizzazione dell’economia nazionale potrebbe portare quasi nove milioni di posti di lavoro entro il 2050.
Le energie solare e eolica risultano già più vantaggiose rispetto a quella generata dai fossili, ma tutti questi indicatori non hanno convinto Trump, che punta sulle fonti tradizionali, nel segno del “Drill, Baby, Drill”, trivella, baby, trivella, che ha accompagnato la campagna elettorale. Il rischio, secondo gli analisti, è che gli Stati Uniti possano lasciare ad altri l’ “oro verde”, un errore commesso già in passato: fu un americano a inventare la prima cella solare fotovoltaica al silicio. Era il 1885, ma ora è la Cina a controllare l’80 percento della catena di approvvigionamento solare mondiale.
Una volta gli Stati Uniti erano leader mondiale nel campo dell’energia eolica. Ora è la Cina a dominare il mercato della produzione di turbine.
Il potere del miliardario visionario
Ma se c’è un posto nell’amministrazione Trump in cui il tema del clima può trovare spazio è quello occupato da Elon Musk: il miliardario proprietario del social X, della corporation di veicoli elettrici Tesla e della compagnia aerospaziale Space X, ha preso così sul serio l’emergenza ambientale da aver investito sulla corsa per andare su Marte.
Trump vuole frenare la corsa all’energia verde, mentre Musk sogna di vedere le sue auto elettriche invadere le strade d’America. Considerato che il miliardario “visionario” è molto ascoltato a Mar-a-Lago, quartier generale di Trump in Florida, la speranza degli ambientalisti è che Elon riesca nel miracolo di inserire nella mente del presidente il “dubbio green”. Quello da cui dipendono le sorti e la salute del pianeta.