
Sostenibilità al centro
La strategia italiana
Il Paese, con una lunga tradizione di esplorazioni e ricerca scientifica, sta rafforzando il suo ruolo nell'Artico. Le nuove linee guida nazionali puntano a contribuire alla gestione sostenibile e alla sicurezza della regione
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’Artico ha recentemente conquistato un crescente spazio nel dibattito pubblico e mediatico italiano, quando il gioco geopolitico in atto tra le maggiori potenze ha richiamato l’attenzione della società civile sulle tematiche di rapida trasformazione della regione artica causate dal cambiamento climatico.
La crescente accessibilità dell’Artico, favorita dal graduale e nei prossimi decenni forse irreversibile scioglimento dei ghiacci, apre nuove prospettive per l’utilizzo delle sue risorse energetiche, minerarie, ittiche e per le rotte di navigazione che diventano percorribili per periodi dell’anno sempre più lunghi. Il caso della Groenlandia è sintomatico di questi cambiamenti. L’isola disperde in mare la sua calotta glaciale a crescente velocità con conseguenze sul clima, sulle correnti atlantiche e sull’innalzamento degli oceani. Nel medesimo tempo le sue enormi risorse minerarie, alcune delle quali indispensabili per la transizione verde e l’indipendenza dal carbonio, diventano esplorabili e alimentano la competizione internazionale. Un luogo in passato remoto e dimenticato diventa un laboratorio di inestimabile significato per il futuro del pianeta.
Un’attrazione antica
Gli attuali repentini sviluppi rendono necessario per l’Italia acquisire consapevolezza che l’Artico non è lontano, non solo geograficamente ma anche per le dirette ripercussioni sulla vita delle prossime generazioni. In questo senso l’attrazione che l’Artico, anche quando sembrava un luogo remoto e ostile, ha esercitato su molti italiani ha ispirato una lunga tradizione di amicizia artica. Abbiamo la fortuna di conoscere bene il mare, trovandoci al centro del Mediterraneo, ed i ghiacciai delle nostre Alpi. Il mare e il ghiaccio sono gli elementi fondanti dell’Artico e gli italiani hanno dimostrato di saperli studiare e conoscere meglio di altri popoli.

Un primo grande tassello del nostro ingaggio è rappresentato dalla storia ultracentenaria di esplorazioni in Artico, iniziata con le spedizioni del Duca degli Abruzzi e di Umberto Nobile con il suo Dirigibile e successivamente proseguita grazie all’azione di antropologi come Silvio Zavatti ed alpinisti come Guido Monzino, solo per citare i protagonisti delle imprese più famose.
Parallelamente a questo patrimonio ancora molto simbolico si è consolidato nel corso degli ultimi decenni un impegno scientifico di notevole rilievo, come dimostrano l’apertura nel 1990 dell’Osservatorio Artico di Alta Atmosfera a Thule in Groenlandia e lo stabilimento nel 1997 della base scientifica Dirigibile Italia del CNR a Ny Alesund nelle Isole Svalbard in Norvegia. Si tratta di presenze di grande significato nei due luoghi più importanti dell’Artico occidentale, che assicurano all’Italia una posizione di particolare prestigio all’interno della comunità scientifica internazionale dedicata all’Artico.
Tali presenze, in particolare quella nelle Isole Svalbard divenuta la nostra vetrina più importante e variegata, si arricchiscono costantemente di nuovi progetti e sono fondate sulla dedizione di istituzioni scientifiche di eccellenza come CNR, ENEA, INGV, OGS e lo stesso Istituto Idrografico della Marina, le cui ormai decennali campagne High North con la nave di ricerca Alliance sono diventate un simbolo e una bandiera della nostra dimensione artica. Gli orizzonti dei nostri scienziati e ricercatori spaziano dallo studio del fragile ecosistema artico alle ricostruzioni paleoclimatiche, dall’analisi dell’atmosfera alla raccolta di dati sulla colonna d’acqua fino alla mappatura dei fondali marini. Un’attività che richiede un approccio sempre più olistico e multidisciplinare.
Questo radicamento in Artico ha permesso all’Italia di presentare con successo la propria candidatura a divenire Paese Osservatore nel Consiglio Artico, il principale foro intergovernativo regionale, ottenendo tale riconoscimento nel 2013. Una scelta tempestiva e lungimirante, tenuto conto che l’accresciuta conflittualità internazionale degli ultimi anni avrebbe reso molto più difficile raggiungere un traguardo, che ha favorito il nostro crescente coinvolgimento nelle dinamiche dell’estremo Nord.
Negli anni successivi al 2013 l’Italia ha infatti consolidato le proprie attività scientifiche grazie al regolare finanziamento da parte del nostro Governo di un Programma di Ricerche in Artico (PRA). Il PRA ha finanziato bandi per progetti di ricerca, bandi per infrastrutture, la creazione di una banca dati aperta ed il sostegno alla nascita di un Dottorato in scienze polari presso l’Università Ca’ Foscari. Tra gli altri strumenti che abbiamo messo in campo per coordinare il nostro impegno vi è anche un Tavolo Artico, con la partecipazione di Ministeri, enti di ricerca e aziende che si riunisce periodicamente alla Farnesina in formato consultativo, ed un Comitato Scientifico Artico, che opera in un contesto più ristretto con poteri decisionali e di guida del PRA. Dobbiamo infatti costantemente dimostrare agli otto membri del Consiglio Artico il nostro attivo contributo di Paese Osservatore.

Le linee guida nazionali
L’ingresso nel Consiglio Artico ha ugualmente dato l’impulso a un documento programmatico sul nostro impegno in Artico, denominato “Verso una strategia italiana per l’Artico – Linee Guida Nazionali”, che si trova adesso in una fase di aggiornamento. Contiamo entro la fine del 2025 di adottare, a seguito di un concerto interministeriale, la nuova Strategia Italiana per l’Artico che dovrà misurarsi con le attuali sfide internazionali. Lo sviluppo sostenibile e lo studio del cambiamento climatico saranno sempre al centro del nuovo documento, ma anche gli aspetti di sicurezza e resilienza e il fondamentale principio della libertà di navigazione vi troveranno adeguato spazio. Siamo nel contempo interessati a partecipare maggiormente con le nostre imprese allo sviluppo economico della regione in una molteplicità di settori e a intensificare una sapiente e ramificata azione divulgativa sulle questioni artiche di maggiore interesse. A tale fine l’evento dell’Arctic Circle Forum, organizzato da MUR e MAECI all’inizio del 2026 a Roma, costituirà una pietra miliare della diplomazia pubblica italiana in Artico e contribuirà alla riflessione sull’attuale cambio di scenario della regione, che sta avvenendo molto più velocemente di quanto pensiamo.
Quando oggi parliamo di Artico dobbiamo avere la consapevolezza di essere di fronte ad una sorta di nuovo continente, che stiamo ancora esplorando e che la ricerca scientifica ci dice essere caratterizzato da un ecosistema particolarmente fragile. L’approccio cooperativo dell’Italia alle relazioni internazionali, la competenza scientifica acquisita in decenni di analisi e raccolta dati, integrata dalle tecnologie avanzate di imprese come Eni ed altri campioni nazionali, ci assicurano la credibilità per ritagliarci un ruolo di primo piano tra i Paesi non artici, che ambiscono ad aumentare il proprio profilo in una regione che sarà sempre più strategica e decisiva per il futuro del pianeta.