
Logistica dell’energia
Set the scene
La logistica dell’energia è sempre più protagonista nello scenario geopolitico globale. Le nuove rotte e infrastrutture –dai porti europei ai gasdotti euroasiatici ai terminali per l’idrogeno– delineano equilibri in rapido mutamento, imponendo visioni industriali e strategiche di lungo periodo
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ggi più che mai la logistica dell’energia è al centro del dibattito, vuoi per gli sviluppi geopolitici, vuoi per gli effetti delle politiche energetiche e ambientali globali.
Gli ultimi conflitti internazionali, in particolare in Medio Oriente e la guerra tra Russia e Ucraina, hanno pesantemente influenzato la logistica dell’energia, sia essa declinata attraverso le infrastrutture di collegamento fisse (pipelines) che attraverso i traffici marittimi. Un panorama geopolitico in continua evoluzione esaspera le incertezze delle rotte modificando le dinamiche commerciali, imponendo analisi e adattamenti continui da parte degli operatori.
L’Europa cambia direzione
In Europa l’import di gas naturale (via gasdotto) e di Gas Naturale Liquefatto (GNL via nave) russi sono passati dal 45 percento delle importazioni totali nel 2021 al 19 percento del 2024. Le proiezioni indicano un ulteriore calo al 13 percento nel 2025, con la fine del transito del gas russo attraverso l’Ucraina.
Grazie alle sanzioni UE, sono state ridotte anche le importazioni di petrolio russo, passate dal 27 percento del totale a inizio 2022 al 3 percento di oggi. L’obiettivo dichiarato dalla Commissione Europea è quello di eliminare completamente le forniture di idrocarburi russi al 2027 (dal 2025 nessun contratto gas con la Russia dovrà essere stipulato, con successiva graduale eliminazione delle importazioni).
Tuttavia, se le misure applicate dall’Europa hanno contribuito, dati alla mano, alla riduzione della dipendenza europea dalla Russia, il blocco dell’export di energia russa attraverso le pipeline, non ha sortito l’effetto sperato. Mosca si è dimostrata in grado di compensare i clienti persi in Europa e nell’Occidente, reso inaccessibile, intensificando i rapporti con Cina, India e Iran.

La Cina del 2024 è diventata il primo cliente per l’export di prodotti energetici russi (gas e petrolio) grazie alla flotta “ombra” e a intermediari commerciali in grado di eludere le sanzioni occidentali e la realizzazione di pipeline di collegamento Russia-Cina: attraverso il Power of Siberia 1, dal 2019, la Cina importa gas con l’obiettivo di arrivare a 38 miliardi di mc/anno nel 2025, coprendo circa il 9 percento del suo fabbisogno di gas. A questo gasdotto si affiancherà il Power of Siberia 2 con una capacità di 50 miliardi di metri cubi anno.
È di gennaio 2025 la notizia dell’alleanza Russia-Iran per la creazione di un hub energetico che prende le mosse dalla realizzazione di un futuro metanodotto che congiunge i due stati attraverso il Mar Caspio. Secondo l’accordo, la Russia dovrebbe fornire circa 300 milioni di metri cubi di gas al giorno, con l’Iran autorizzato a rivendere il surplus ad altri paesi.
L’India, che già oggi è il secondo più grande acquirente di petrolio russo (dall’1 percento a un sorprendente 40 percento) nonché la terza nazione al mondo per consumo e importazione di petrolio, ha acquistato greggio dalla Russia per un valore di 49 miliardi di euro nel terzo anno dell’invasione dell’Ucraina. Ciò è dovuto principalmente al prezzo significativamente scontato rispetto ad altri benchmark internazionali.
La guerra in Ucraina ha gettato piena luce sulla crisi industriale europea
Porti e investimenti per la nuova logistica
Come è cambiato lo scenario di importazioni in Europa?
Le forniture di GNL che in Europa per anni non sono state perseguite, con rigassificatori utilizzati al 20-25 percento della loro capacità nominale, diventano oggi fondamentali perché i due maggiori fornitori di gas europei dopo la Russia, cioè la Norvegia e l’Algeria (attraverso pipeline), non sono stati in grado di soddisfare velocemente l’improvvisa domanda di energia dovuta alla crisi ucraina. Al contrario, i produttori americani di shale gas erano in attesa dell’occasione per rispondere alle urgenti esigenze a prezzi elevati e piazzare una quantità importante di gas sul mercato europeo. Questo è stato possibile, tuttavia, solo dove le infrastrutture di ricezione erano già esistenti o sono state sviluppate in fretta (rigassificatori floating).
Nel 2022, gli USA hanno inviato in Europa oltre 70 Gmc di gas, compensando così oltre la metà del deficit del gas russo divenendo il primo paese fornitore, seguito con distacco dal Qatar o dalla somma di tutti i Paesi africani. Il primato in Europa si è confermato anche nel 2023 così come in Giappone. Ci si aspetta un incremento del supply LNG del 30 percento nel 2030. Il 74 percento di questi volumi proviene da impianti in costruzione per un recente rilancio di FID (Final Investment Decision) e il 70 percento proviene dagli USA e dal Qatar.
Il fatto che gli USA fossero pronti a rispondere alla crisi energetica che ha colpito l’Europa e il mondo non è un incidente della storia. Sono anni che gli Stati Uniti si preparano a trasformarsi da paese importatore a esportatore netto grazie al boom dell’unconventional (shale gas) e agli investimenti fatti in quel settore (impianti di liquefazione e infrastrutture portuali e marittime).
La guerra in Ucraina ha gettato piena luce sulla crisi industriale europea, portando in primo piano la mancata pianificazione degli investimenti strategici necessari per connettere la rete della logistica dell’energia europea con il resto del pianeta e diversificare così le forniture. Questo ha fatto emergere drammaticamente e repentinamente la posizione più debole del Vecchio Continente rispetto a quelle degli USA e della Cina.
Oggi la logistica dell’energia passa più che mai dai porti divenuti veri e propri hub energetici per lo stoccaggio e/o produzione di GNL, biocarburanti, idrogeno.
È dunque urgente a livello europeo, ma anche di sistema paese, una governance efficiente e coordinata, capace di integrare visioni strategiche a lungo termine e piani di investimento che prevedano il graduale adeguamento di tali punti nevralgici in un’ottica di sinergie regionali e cooperazione tra stati e settori industriali.

Una visione strategica
Guerre e pandemia hanno avuto un effetto sulle supply chain modificandole e accorciandole: la globalizzazione è ora in una fase di regionalizzazione. Avere una visione industriale evolutiva significa sviluppare le infrastrutture esistenti nel quadro di una visione strategica che permetta di essere pronti in un panorama di molteplicità di fonti e forniture energetiche. È qui che l’Europa deve esercitare il proprio ruolo di indirizzo e favorire con tutti gli strumenti disponibili (finanziari e normativi) lo sviluppo della pluri-intermodalità che nei porti e attraverso i porti potrà incidere sulla futura logistica della energia europea.
La strategia vincente non è quella che segue reattivamente l’andamento altalenate della geopolitica, ma deve esistere in maniera indipendente facendo leva su un tessuto di infrastrutture (porti, terminali, pipelines) e rotte sostenute da investimenti e relazioni lungimiranti.