
Scenari
L’Europa al bivio
USA e Qatar, i due maggiori esportatori mondiali di GNL, fanno pressione sulle autorità dell’Unione per avere garanzie, ma l’incertezza sulla domanda futura di gas complica le scelte sulle forniture aggiuntive. La volatilità dei prezzi resta il principale nodo da gestire
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’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e il conflitto in corso hanno avuto un impatto enorme sul mercato europeo del gas. Per sostituire le forniture dai gasdotti russi, i paesi dell’UE hanno dovuto apportare modifiche radicali agli approvvigionamenti di gas, quasi raddoppiando le importazioni di GNL. Pur sfruttando la flessibilità intrinseca delle forniture di GNL, tale riconfigurazione degli approvvigionamenti è stata pagata a caro prezzo.
Per il futuro dell’UE si sta aprendo una nuova fase strategica: pur puntando a porre fine alle importazioni di gas russo entro la fine del 2027, la regione è chiamata a garantire forniture sicure e accessibili ai consumatori, nonostante le notevoli incertezze riguardanti i futuri requisiti di approvvigionamento di gas. Tale situazione si profila in un momento di tensioni geopolitiche mai così forti, che vedono da un lato il presidente statunitense Trump fare pressione sui paesi dell’UE affinché acquistino più GNL e petrolio dagli Stati Uniti e dall’altro il Qatar minacciare di interrompere le forniture di GNL all’UE.
Requisiti di import del GNL: un quadro in evoluzione
Prima del 2022, l’UE non era considerata una grande consumatrice di GNL e tantomeno un mercato in crescita, a differenza dell’Asia in via di sviluppo. Nel 2019, le importazioni comunitarie di GNL hanno toccato un picco di 90 miliardi di metri cubi (contro i 105 miliardi del Giappone). Il Green Deal annunciato nel 2019, seguito dal pacchetto Fit-for-55 nel 2021, hanno fatto prevedere un calo a lungo termine della domanda di gas nell’UE; tuttavia, le importazioni di GNL sono aumentate di 50 miliardi di metri cubi nel 2022 per compensare la diminuzione degli approvvigionamenti di gas russo, precipitati quell’anno di circa 80 miliardi di metri cubi. Nel periodo 2022-24, le importazioni comunitarie di GNL sono cresciute da 110 a 135 miliardi di metri cubi (inclusi circa 20 di GNL russo), mentre le forniture di gas russo tramite gasdotto si sono ulteriormente ridotte, passando a circa 30 miliardi di metri cubi nel 2024. Il GNL, che un tempo rappresentava una quota marginale del consumo di gas dell’Unione, ha oggi assunto un ruolo di primo piano, passando da circa il 20 percento nel 2021 al 35 percento nel 2024 (e a circa il 40 percento nel 2023).
Non si è però ancora raggiunto un consenso generale sulla quantità di GNL di cui l’Europa avrà bisogno nel medio-lungo termine e l’incertezza che si profila si sta ripercuotendo sulle strategie contrattuali delle aziende in materia di GNL e sulla posizione della Commissione europea. Le prime titubanze riguardano la futura domanda di gas dell’UE: oltre al calo del 17 percento rispetto ai livelli pre-crisi del 2017-2021, secondo l’ACER, l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, l’obiettivo Fit-for-55 implicherebbe un’ulteriore riduzione del 16 percento della domanda di gas tra il 2024 e il 2030. Tuttavia, altri scenari (come quello di S&P Global) prevedono una ripresa della domanda nel settore industriale ed energetico entro il 2030. Il quadro della domanda dopo il 2030 è ancora più ambiguo, dati i dibattiti ancora aperti in Europa sull’obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2040.

La seconda incertezza riguarda il ruolo che il GNL dovrebbe svolgere nel futuro mix energetico dell’Europa. Le importazioni di GNL dipenderanno in larga misura dall’andamento delle altre forniture europee, tra cui la produzione nazionale, il biometano e le importazioni dalla Norvegia, dal Nord Africa e dall’Azerbaigian – nonché, soprattutto, dal destino del gas russo. A causa dell’attuale costo elevato del gas, sono in molti ad auspicare una riapertura al gas russo per ridurre i prezzi, senza però considerare che il gas russo “a basso costo” non è che un mito. Nel frattempo, la Commissione europea ha pubblicato un piano per abbandonare gradualmente il gas russo entro la fine del 2027, nonostante permangano difficoltà legali dovute all’opposizione di Ungheria e Slovacchia.
Boom delle infrastrutture per l’importazione
All’inizio del 2022, la capacità di rigassificazione del GNL nell’UE era pari a 170 miliardi di metri cubi, valore ritenuto sufficiente a soddisfare le future esigenze di importazione di GNL. Tuttavia, con il calo delle forniture tramite gasdotti russi si è palesato quanto inadeguata era la distribuzione della capacità: 75 miliardi di metri cubi erano concentrati nella penisola iberica, che ne importava solo circa 25 miliardi. L’aspetto più critico è che la Germania, il più grande mercato del gas dell’UE, non disponeva di alcuna infrastruttura nazionale per l’importazione di GNL, pur dipendendo fortemente dal gas russo. Tra il 2022 e il 2024, sono stati aggiunti 70 miliardi di metri cubi di capacità di importazione di GNL, principalmente nell’Europa settentrionale, in Italia e nell’Europa sudorientale, in gran parte tramite unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione (FSRU) che potrebbero essere gradualmente rimosse in concomitanza con la diminuzione delle importazioni di GNL.
Da mercato di bilanciamento a solido importatore
Prima della crisi, l’Europa svolgeva il ruolo di mercato di bilanciamento globale del GNL, basandosi su tre pilastri di flessibilità: interazione GNL/gasdotti, passaggio dal carbone al gas e stoccaggio. In situazione di mercati ristretti, l’Europa potrebbe importare meno GNL, aumentare le forniture tramite gasdotti e ricorrere maggiormente al carbone. Nei mercati con eccesso di offerta, ha assorbito ulteriore GNL riducendo le importazioni tramite gasdotti, passando a impianti a gas e rifornendo più rapidamente gli stoccaggi; tale ruolo dipendeva in gran parte dalla flessibilità del GNL, con solo alcuni volumi contrattualizzati per il mercato europeo del gas in sé e altri più ampi nelle mani degli aggregatori che ottimizzavano il loro portafoglio e beneficiavano delle politiche di accesso di terze parti e dei mercati spot europei.
Ora, ci si chiede se l’Europa potrà mai tornare a svolgere quel ruolo. Dal 2022, i paesi dell’UE sono divenuti importatori più solidi di GNL, mentre due dei pilastri comunitari di flessibilità sono in gran parte venuti meno: l’interazione tra GNL e gas russo è ampiamente svanita e sia la generazione a carbone sia quella a gas è sensibilmente diminuita. Gli obiettivi obbligatori di rifornimento degli stoccaggi hanno inoltre ridotto la capacità degli stoccaggi europei di assorbire gli shock globali del gas. Un altro potenziale candidato per questo ruolo è la Cina, grande importatore di gas da gasdotto e di GNL, che sta espandendo la propria capacità di stoccaggio. Tuttavia, la maggior parte delle forniture di gas cinese sono fissate in base a meccanismi diversi: solo una piccola quota è soggetta alla concorrenza tra produttori di gas e in ogni caso il gas rimane molto più costoso della generazione a carbone. Ciò nonostante, dal 2022 le compagnie cinesi del settore del GNL hanno sempre più abbracciato il ruolo di aggregatori globali.
Infine, l’anno trascorso ha anche dimostrato che il gas sta sostituendo sempre più altre fonti nel settore energetico, in particolare nel caso di Dunkelflaute o siccità; ciò potrebbe avere ripercussioni sul fabbisogno di GNL da un anno all’altro.
La natura politica delle decisioni in materia di fornitura
Nei primi mesi della crisi ucraina, i responsabili politici europei hanno cercato forniture alternative, che tuttavia si sono concretizzate in pochi accordi: le importazioni di gas algerino tramite gasdotto sono diminuite nonostante gli impegni di aumentarle; il memorandum del luglio 2022 con l’Azerbaigian non ha portato a nuovi investimenti nelle forniture da gasdotto azero. In Europa è giunto un ulteriore flusso di GNL, ma principalmente perché i prezzi più elevati del gas hanno dirottato i carichi di GNL da altri mercati, in particolare nel Sud-est asiatico.

Dal 2022, diverse compagnie europee del gas (in primis acquirenti tedeschi) hanno firmato accordi a lungo termine per circa 40 miliardi di metri cubi di GNL all’anno, perlopiù con Stati Uniti, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Anche gli aggregatori, che hanno svolto un ruolo centrale nella fornitura di GNL all’Europa nel 2022, hanno stipulato contratti per volumi significativi di questo combustibile.
Nel complesso, le compagnie europee del gas non hanno sostituito completamente il gas russo con nuovi contratti GNL, nonostante la riduzione della domanda. L’incertezza sul futuro fabbisogno di GNL (soprattutto se il gas russo dovesse in parte rimanere o addirittura tornare del tutto) ha portato le compagnie ad esercitare cautela nell’accettare impegni eccessivi – in primis alla luce delle ambizioni europee e della scadenza del 2049 per i contratti a lungo termine relativi ai gas fossili non mitigati. Un’opzione per le compagnie comunitarie potrebbe essere quella di creare portafogli globali di GNL, consentendo così di reindirizzare i carichi in eccesso verso mercati in crescita come l’Asia in via di sviluppo.
Tuttavia, anche gli aggregatori con sede in Europa ottimizzeranno i loro portafogli a livello globale, rispondendo ai segnali di prezzo; questo significa che la capacità europea di attrarre abbastanza GNL per garantire approvvigionamenti sicuri potrebbe avere un prezzo in caso di mercati ristretti. Le autorità europee hanno cercato di intervenire tramite AggregateEU, uno strumento pensato per mettere in comune la domanda delle compagnie del gas dell’UE e abbinarla a offerte di fornitura competitive; tuttavia, l’utilità di questo strumento è ancora tutta da dimostrare.
L’Europa si trova di fronte a un bivio
Di recente, l’acquisto di GNL è stato invischiato nei negoziati commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea. Per evitare i drastici dazi proposti dal presidente Trump, la presidente della Commissione Von der Leyen ha accettato di acquistare 750 miliardi di dollari di energia dagli Stati Uniti nel corso di tre anni - una cifra apparentemente sproporzionata se si pensa che nel 2024 l’UE ha importato 375 miliardi di euro di combustibili fossili, di cui circa 76 miliardi provenienti dagli Stati Uniti. Sebbene molte discussioni si siano concentrate sul GNL, in realtà è il petrolio a rappresentare la maggior parte delle importazioni energetiche dell’UE (anche dagli Stati Uniti): nel 2024 i paesi comunitari hanno importato solo circa 15 miliardi di euro di GNL dagli Stati Uniti. Anche raddoppiando le importazioni di GNL statunitense a 30 miliardi di euro, scenario del tutto plausibile, non si arriverebbe comunque a 250 miliardi di dollari all’anno. In tutto ciò, l’Europa corre il rischio di rendersi fortemente dipendente dagli Stati Uniti, sostituendo una dipendenza con un’altra.
Gli Stati Uniti non sono l’unico fornitore di GNL sensibile: il Qatar ha ripetutamente minacciato di sospendere le esportazioni di GNL verso gli Stati membri dell’UE se QatarEnergy dovesse incorrere in sanzioni ai sensi della direttiva UE sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale. Negli ultimi anni, le importazioni comunitarie di GNL del Qatar hanno oscillato tra i 13 e i 17 miliardi di metri cubi all’anno, mentre il Paese si prepara a diventare il secondo esportatore mondiale di GNL dopo gli Stati Uniti.
Un futuro incerto
Mentre il mondo entra in una cruciale fase di espansione della capacità di esportazione del GNL, che potrebbe facilmente far crollare i prezzi spot globali, l’Europa si trova di fronte a un bivio. I due maggiori esportatori di GNL stanno facendo pressione sulle autorità europee affinché cedano alle loro richieste, mentre l’incertezza sulla futura domanda di questo combustibile rende estremamente difficile sapere quanti volumi aggiuntivi, se del caso, dovrebbero essere garantiti per ridurre l’esposizione a breve termine alla volatilità dei prezzi. Salvo sviluppi inattesi, è improbabile che le importazioni di GNL in Europa tornino ad aumentare; di contro, l’Asia è destinata a giocare un ruolo sempre più centrale nel mercato globale.
