Clima, energia e risorse
Sfide interconnesse
La crisi climatica si interseca con una pluralità di dimensioni che richiedono di essere inquadrate nella loro complessità, ampliando il dibattito politico e istituzionale e individuando risposte multilaterali innovative
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L
e conseguenze dei cambiamenti climatici per la sicurezza e la stabilità globale sono ormai al centro del dibattito politico internazionale. Allargando la concezione classica di sicurezza declinata in chiave puramente militare, è possibile osservare come la crisi climatica si intersechi con una pluralità di dimensioni che coinvolgono, tra le altre, la sicurezza alimentare e l’accesso all’energia, i processi migratori e la governance istituzionale regionale. Queste sfide non sono slegate le une dalle altre ma richiedono di essere inquadrate nella loro complessità, ampliando il dibattito politico e istituzionale e individuando risposte multilaterali innovative. L’Africa Subsahariana è una delle regioni in cui questa interazione è particolarmente rilevante e dove perciò occorre un attento coordinamento tra tutti gli attori che operano a livello locale, nazionale, regionale e internazionale.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha fatto impennare i prezzi dei prodotti alimentari, dell’energia e di altre materie prime, ha ulteriormente innalzato le tensioni nelle economie africane già duramente colpite dalla pandemia di Covid-19. Queste sfide multidimensionali interessano i sistemi energetici africani, aggravano le difficoltà finanziarie dei paesi, contribuiscono a un forte aumento della povertà estrema e delle crisi alimentari in molti paesi della regione sub-sahariana. La comunità internazionale deve perciò progressivamente integrare questa complessità nelle proprie politiche.
Premesse vulnerabili
La decarbonizzazione globale si basa su condizioni diverse a seconda del contesto che si considera. In Africa Sub-Sahariana, poggia su premesse particolarmente vulnerabili. Da una parte, il tasso di povertà energetica nel continente è ancora enorme (circa 600 milioni di persone nella sola Africa Subsahariana non hanno accesso all’elettricità). Secondo l’International Energy Agency, negli ultimi anni gli investimenti energetici in Africa sono diminuiti. La spesa per i combustibili fossili, che in genere rappresenta circa i due terzi degli investimenti, è diminuita e gli investimenti in energia pulita sono rimasti fermi. Nonostante il continente ospiti il 20 percento della popolazione globale, attualmente attira meno del 2 percento della spesa per l’energia pulita e conta meno del 3 percento dei posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili. Una serie di rischi reali e percepiti che incidono sui progetti in Africa, nonché l’aumento dei costi di finanziamento a seguito della pandemia e della guerra della Russia in Ucraina, fanno sì che vi sia un bacino limitato di capitali accessibili nel continente, secondo IEA. Le infrastrutture carenti rappresentano uno dei principali limiti all’accesso all’energia, causando differenze rilevanti tra i vari contesti nazionali e limitando abbondantemente l’accesso all’energia elettrica. La rotta degli investimenti per garantire un maggiore accesso all’energia (il più pulito possibile) è perciò evidentemente insufficiente.
Dall’altra, pur non essendo certo responsabile dei cambiamenti climatici (il continente conta circa il 4 percento di emissioni di CO2 in termini assoluti) è tra i più colpiti dai suoi effetti. La Banca Mondiale stima che l’Africa Sub-Sahariana in particolare sarà tra le regioni in cui il cambiamento climatico causerà un significativo aumento del numero delle persone sotto la soglia di povertà assoluta. La sicurezza alimentare è una delle principali dimensioni attraverso cui si incarnano le sfide del nesso nell’Africa Subsahariana. Secondo le stime fornite da OCSE e Fondo Monetario Internazionale, nel corso dei prossimi anni si prevede una crescita molto limitata della produzione agricola subsahariana, con uno scenario ancor più grave in Sahel dove si prefigura una contrazione dei raccolti dell’11.3 percento entro il 2050. Le crisi climatiche si sviluppano parallelamente alle sfide alla sicurezza umana, ampliandone però i fattori critici e fungendo da moltiplicatore di crisi. A questo si aggiungono istituzioni locali deboli o assenti, incapaci di rispondere ai bisogni della popolazione e di fronteggiare le svariate emergenze, contribuendo così a deteriorare il quadro sociale ed economico e rafforzando le vulnerabilità, l’instabilità, e la mobilità delle persone.
Il continente, straordinariamente vario, ha al contempo enormi e diffuse risorse: innanzitutto, un vasto potenziale di energia eolica, solare, idroelettrica e geotermica
L’Africa ospita, ad esempio, il 60 percento delle migliori risorse solari a livello globale, ma solo l’1 percento della capacità fotovoltaica installata. Il ruolo del gas naturale, inoltre, rimane importante per espandere l’accesso all’energia. In secondo luogo, l’Africa centrale e meridionale in particolare possiedono abbondanti risorse minerarie essenziali per la produzione di batterie, turbine eoliche e ulteriori tecnologie a basse emissione di carbonio indispensabili per la transizione. La sfida per il futuro sarà dunque quella di integrare il continente nelle catene del valore globali e assecondare la volontà dei paesi africani nello scalare le catene del valore verdi, non posizionandosi soltanto come meri esportatori di materie prime.
Una barriera al raggiungimento degli SDG
Le grandi sfide della decarbonizzazione e della sicurezza energetica nell’Africa Sub-sahariana si inseriscono però in un quadro particolarmente vulnerabile. Il Sahel, ad esempio, abitato da 180 milioni di persone di cui il 70 percento allocato in aree rurali, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite potrebbe ospitare entro il 2045 tra i 370 e i 415 milioni di persone, un trend che verosimilmente aggraverà la povertà energetica nella regione. Burkina Faso, Mali, Niger, Senegal, Chad e Mauritania per esempio sono Paesi che da anni fanno registrare un incremento medio del tasso annuo di domanda di energia (circa il 4 percento) ma restano ben al di sotto di forniture energetiche adeguate a rispondere a tali fabbisogni. L’impatto socioeconomico di questa situazione è molto rilevante: la mancanza di combustibili puliti per cucinare, ad esempio, contribuisce a 3,7 milioni di morti premature all’anno in Africa, colpendo in modo sproporzionato donne e bambini. A complicare ulteriormente il quadro sono l’assenza di una governance solida che rende molto difficile progettare soluzioni durature per rispondere a queste crisi multidimensionali e intersecate. I molteplici ruoli svolti da attori violenti non statali che controllano il territorio rappresentano una minaccia per le popolazioni locali.
Povertà energetica ed effetti devastanti del cambiamento climatico rappresentano una barriera significativa al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), ben oltre quelli strettamente ambientali. Appare perciò fondamentale promuovere urgenti investimenti per un accesso (più pulito possibile) all’energia e flussi di finanza climatica dedicati all’adattamento ai cambiamenti climatici. Quest’ultimo, in particolare, è tema particolarmente importante per molti paesi della regione, toccati in modo sproporzionato dagli effetti del clima che cambia.
Nel promuovere queste azioni è fondamentale che gli attori operanti nell’area comprendano le tante, multidimensionali e interconnesse sfide, così da poter sviluppare strategie sinergiche che operino all’intersezione tra sicurezza, sviluppo, mobilità umana, adattamento e mitigazione del clima. La promozione di un dibattito tra i vari stakeholders coinvolti è necessaria per adottare meccanismi di cooperazione efficaci nei contesti più fragili come quello sub-sahariano, che consentano di risolvere adeguatamente i problemi esistenti. La trasversalità di queste sfide richiede l’individuazione di soluzioni nuove e integrate, che sappiano affrontare le crisi derivanti dalla saldatura tra cambiamenti climatici e crisi locali.